Teatro Don Bosco: La Morte di Carnevale

Caserta – 17 gennaio 2007

Articolo e foto di Rossella Barsali


Caserta, 17 Gennaio. Degno della più tradizionale ed esilarante commedia napoletana, ricca di ingegni locali che mettono in scena un prodotto molto ben confezionato e di qualità senza essere pretenzioso, la "Morte di Carnevale", commedia comica di Raffaele Viviani, diverte ed affascina per il copione, le battute, le sit-com che si intrecciano, il tratto deciso di ogni personaggio che ha proprio carattere, come se non esistessero protagonisti assoluti. Merito sicuramente di una sapiente regia, ma anche di un’affiatata compagnia di navigati attori. Enzo Romano interpreta uno scorbutico e moribondo usuraio, che, avvertendo la colpa delle iniquità commesse nel corso di una vita che volge al termine, decide di riscattarsi favorendo, nell’atto testamentale, le Opere Pie. Scontenterà quindi tanto l’unico nipote, lo sfaccendato Rafele, un vitale ed esuberante Patrizio Rispo, quanto la propria serva-padrona ed amante ‘Ntunetta, una bella e brava Dalia Frediani che mostra notevoli doti di comicità e di mestiere: entrambi, infatti, pur intrallazzando tra di loro, non riusciranno ad impadronirsi dei soldi del vecchio. Piacevole contorno è rappresentato da tutte quelle figure caratteristiche (le vicine di casa, l’oste, il portiere, il cantante, il becchino ed il rappresentante di pompe funebri) che finalmente diventato protagonisti perché portavoce di inciucio, quel pettegolezzo continuamente in evoluzione che a Napoli ci si scambia davanti alle porte dei “vasci” o durante le quotidiane mansioni domestiche; e che, diciamolo, mette a nudo la miseria o nobiltà di chiunque vi si assoggetta. Interpretazioni colorite, dunque, per Laura Mammone (una spassosa donna Peppina) e Rosaria D’Urso (donna Filumena), nonché per la Ciardiello che ci offre una adolescente curiosa e smorfiosa (Sisinella ) molto ben caratterizzata. Non si può dimenticare il poliedrico Roberto Capasso che ricopre 3 personaggi, il migliore dei quali ci è sembrato il rappresentante di pompe funebri; e parimenti Andrea Soldano, il becchino, mimo ancor prima che attore. E, a completare l’atmosfera di napoletaneità, intervengono Gino Curcione e Gino Cogliandro, entrambi non solo interpreti di una certa tipologia di personaggio, ma fini distillatori di tutta una tipologia di caratteristiche che si coagulano nella propria espressione artistica, e che rafforza oggi come mai tutto il teatro napoletano che, ci auguriamo, sia sempre a questo livello.

 

Consulta: Teatro Don Bosco: stagione teatrale 2006/2007

 

 

 

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