Teatro Comunale di Caserta, Sabato 9 dicembre, 2006. Mario Buonocore, un povero
impiegato postale, in crisi depressiva e pieno di debiti, si ripresenta dopo
nove anni nella casa paterna in cui vivono le sue due sorelle, Titina e Teresa,
con figli, il genero Ugo e amici poco raccomandabili dei figli.
L’incontro di Mario con la famiglia allargata non è dei più felici: la
convivenza è difficile, le abitudini e lo stile di vita troppo diversi,
soprattutto non c’è amore e i legami tra i vari membri sembrano dettati solo da
convenienze. Così la convinzione di Mario Buonocore: “dicesi famiglia un nucleo
di persone che, accomunate dallo stesso sangue, tendono a volersi bene,
rimanendo sotto lo stesso tetto!” non si rivela veritiera. Tutti cercano di
fare le scarpe a tutti e a Mario, deluso e amareggiato, non resterà che andar
via.
Lo spettacolo scorre davvero molto piacevolmente: tante le risate, i colpi di
scena che creano perfino un po’ di suspance e catturano l’attenzione del
pubblico che però, più di tutto, ha apprezzato i continui riferimenti ai valori
importanti della vita, le accuse rivolte ad un facile e illecito guadagno, agli
affetti traditi, alla mancanza di solidarietà.
La critica all’arrivismo, alla sete di denaro, che finisce per corrodere
persino i legami familiari, ci è sembrata davvero attuale: uno spaccato della
vita napoletana osservata con occhio attento, non scevro, talora, da sottile e
amaro sarcasmo. Tuttavia lo spirito di Buccirosso è sempre animato da una
superiore saggezza e da una grande disponibilità al sorriso. Il che poi è
lezione di vita e segno di compiuta umanità.
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