Teano, 25 novembre. La stagione teatrale all’Auditorium di Teano non
poteva cominciare meglio. Tutto esaurito per Angelo Branduardi e La Lauda di
San Francesco. E a buon ragione!
La vita di Francesco, narrata, cantata e ballata sulle note da un ritmo
incalzante con sfumature arabiche ha affascinato il pubblico.
Branduardi si è ispirato proprio alla Lauda medioevale, genere letterario nato
intorno al XII secolo, originariamente come inno alla Vergine, cantato con
accompagnamento musicale e accompagnato spesso da versetti biblici, a
imitazione dei salmi, prima in latino poi in volgare. Proprio con le Laudes
creaturarum (o Cantico delle Creature) ha inizio la nostra letteratura in
volgare.
Il palco si presenta povero di orpelli: una grande impalcatura in legno occupa
una parte dello spazio scenico; di lato una piccola orchestra di quattro
musicisti accompagna Branduardi che ha il ruolo di menestrello, a piedi nudi
sul palco.
Sulla scena, semi nudi, danzano i ballerini: sono l’immagine allegorica di
un’umanità imbestialita, priva di pudore, desiderosa di eccessi, gaudente del
peccato. Un Francesco giovanissimo, anche lui “nudo” di tutti i beni familiari,
avanza per compiere il primo miracolo: armato solo della parola di Dio rende
mansueto il lupo che ringhioso e famelico gli si presenta davanti.
Da qui Branduardi fa iniziare il percorso di fede di Francesco che lo vedrà
impegnato prima nella costruzione della Porziuncola, poi in giro per il mondo
con i suoi seguaci, tra cui Bernardo da Quintavalle, a predicare umiltà e
povertà, quella povertà che Dante tanto elogia nell’XI canto del Paradiso,
quello degli spiriti sapienti, in cui immagina si trovi il Santo.
Branduardi rievoca in particolare il soggiorno di Francesco in Oriente, durante
la V crociata, presso il sultano Malek al-.Kamil: l’invito alla non violenza,
al perdono, all’integrazione, al donarsi, rende particolarmente attuale la
parola di Francesco che si fa invito alla speranza, all’amore fra i popoli di
razza e cultura diversa.
Poi la “malattia”, le stimmati, “ultimo sigillo che le sue membra due anni
portarno” - scrive Dante- , e infine la morte corporale. La vita infatti,
quella vera, quella dello spirito, ritorna a pulsare con intensità proprio con
la sua morte attraverso le parole del Cantico delle Creature, una vera Lauda
alla vita, a Dio, all’Amore, cantata e ballata dai “discepoli-ballerini” in un
ultimo omaggio a Francesco, uomo prima ancora che Santo.
Francesco chiamava sé e i suoi frati “iaculatores Domini”, giullari di Dio,
proprio perché avevano il compito di sollevare i cuori alla gioia dello
spirito: il Cantico è il suo testamento spirituale e ci offre la sintesi
poetica della sua concezione del mondo e dell’uomo, creatura di Dio che insieme
alla natura tutta, si riconcilia alla volontà di Dio.
Lunghi e sentiti gli applausi di una platea che ha avuto poi modo di intonare
con Branduardi —richiesto a gran voce dal pubblico, e rientrato sul palco da
solo con il suo violino— le famose note di “Alla fiera dell’est” e di “Cogli la
prima mela”, che ancora oggi coinvolgono, in un unico coro, il pubblico di ogni
età
Consulta: Auditorium Diocesano:
stagione 2006/07 |
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