La Governante di Vitaliano Brancati al Comunale

Caserta, 1 febbraio 2003      

di Salvatore Esposito


Caserta, 1 febbraio 2003. La Governante è una di quelle commedie fortunate sempre baciate dal successo che le arrise nella sua prima edizione con Proclemer, Tedeschi, Albertazzi e confermò il grande successo nella seconda edizione con Turi Ferro. Nei primi anni Cinquanta la commedia fece scandalo e la censura ne impedì la messa in scena, nonostante l'appassionata autodifesa dell'autore che protestando contro la censura teatrale che il 18 gennaio 1952 non aveva approvato il copione, Brancati avvertiva "La sostanza della vicenda è più la calunnia che l'amore fra le due donne". All'Italia moralistica e clericale di allora diedero fastidio sia le accuse dirette che uno dei personaggi, attraverso un artificio metateatrale, rivolge ai benpensanti ("Non solo non vogliono leggere o andare a teatro, ma vogliono essere sicuri che nelle commedie che non vedono e nei libri che non leggono non ci sia nessuna delle cose che essi fanno tutto il giorno, e non dicono"), sia, soprattutto, l'esplicito accostamento finale del crocefisso al calvario di una donna omosessuale e suicida. Risultato: La governante poté essere rappresentata solo undici anni dopo la morte di Brancati, nel 1965, con Anna Proclemer nel ruolo che ora è fatto autorevolmente proprio da Andrea Jonasson. Il vero tema dominante è quello della responsabilità della persona ed è facile notare come nello scandaloso testo di Brancati la condizione omosessuale sia rappresentata in maniera allusiva e molto contenuta. Il motivo di tale durezza è da individuare nel tema scabroso dell'opera - il dramma dell'omosessualità femminile - ma la scrittura brancatiana appariva insidiosa anche per altre ragioni. Ad esempio per il sarcasmo con cui l'autore colpisce l'immagine conformista di famiglia e società, dell'uomo stesso, che sempre più si esenta dalla presa di responsabilità individuale oppure per le frecciate alla stessa censura. Ne risulta un testo che oscilla fra ironia e tragedia, in cui oggi il regista Pagliaro scopre lati nascosti e interessanti: il suo spettacolo indaga nel mondo dei conflitti interiori dei personaggi (una visione molto più completa delle letture precedenti, troppo concentrate sul tema della sessualità). La protagonista de "La Governante" è Caterina Leher giovane calvinista nata in Francia; ma teatralmente Caterina non sarebbe nemmeno concepibile se Brancati non le avesse contrapposto il cattolico e siciliano Leopoldo Platania. A meglio definire quel contrasto si sarebbe tentati di dire che in Caterina il calvinismo è operante (una donna che non perdona a se stessa), mentre il cattolicesimo di Leopoldo, come in gran parte degli italiani, è un'abitudine che come tale fa a meno anche dell'osservanza. Comunque il sessantenne Leopoldo, che da molto tempo vive a Roma con il figlio, con la nuora e con i nipotini (e forse è convinto di essersi sradicato dall'isola nativa ma nessuno è rimasto siciliano più di lui) di questa diversità delle coscienze sul principio non si avvede. Caso mai lo infastidisce l'idea che esistano persone che non la pensano come lui e la cui fede religiosa non è uguale alla sua. Tuttavia Caterina ben presto gli si rivela indispensabile. Seria, intelligente e sempre sorretta da un chiaro principio morale, la governante rapidamente si rivela utile non soltanto ai bambini e all'andamento della casa. Il suo modo di agire, talvolta la sua sola presenza, concorrono, sia pure indirettamente, a definire la vera essenza degli altri personaggi: Enrico, figlio di Leopoldo, giovane né siciliano né continentale, nel quale sopravvive un atavico gallismo che ne fa soprattutto un uomo malinconico; la bella moglie di lui, Elena, fragile e disancorata, spesso colpita da visioni brevi e fimeste, incapace di raziocinio, il cui sforzo mentale sta tutto nel "capire di non capire"; e infine Alessandro Bonivaglia, scrittore famoso, amico senza amicizia, i cui rapporti nascono unicamente dal bisogno di documentarsi. C'è poi Jana, servetta rudimentale che Leopoldo ha fatto arrivare dalla Sicilia e che a lui, così rozzamente schietta, sembra un pezzo di terra nativa. Ora accade che la inquietante Caterina, sotto i cui gesti e parole sempre si avverte un incofessabile segrcto, parlando con Elena a un certo momento accusi Jana (li tendenze illecite. La devozione che anima la servetta nei confronti della governante nasconderebbe di fatto un vero trasporto amoroso. Ed ecco, in seguito a quella denuncia sporta con tutte le cautele, formulata con sentimento quasi affettuoso, Leopoldo inveire in nome dei principi morali e religiosi e immediatamente pretendere che dana ritorni alla propria casa. Ecco una nuova cameriera, scelta da Caterina, sostituire la ragazza che inconsapevolmente sta viaggiando verso la propria morte (ferita in uno scontro ferroviario, Jana si spegnerà infatti in una stanza d'ospedale). Ed ecco finalmente, al termine della vicenda, Leopoldo, aprire una porta che avrebbe dovuto restare chiusa e avvedersi suo malgrado da qual parte stesse la morbosa anomalia attribuita alla servetta defunta. A Leopoldo che sgomento la interroga, e vorrebbe conoscere la ragione della denunzia che è costata la vita di una innocente Caterina risponde: "Perchè il ladro non vede che furti...". Questo è il principio di una desolata confessione.
Ma di li a poco si saprà che la governante si è uccisa". La drammatica storia della governante Cristina, la cui morale calvinista deve venire a patti con la sua omosessualità, la figura di Leopoldo Platanìa - che le fa da contraltare - così saldo nei suoi principi tradizionali, pur custodendo nel cuore il ricordo d'una figlia suicida, e poi la frivolezza che sembra la dimensione (o la difesa?) del resto della famiglia, ci inducono a riflettere sul tormentoso contrasto fra ragione e istinto, e sul "pendolarismo" - a cui tuttora ci pieghiamo - fra la nostra "ufficialità" e l'abisso delle nostre coscienze, piene d'incertezze, rimorsi, rimpianti.
Tutto questo materiale incandescente è stato raccontato da Pagliaro con un forte intervento espositivo", traducendo in "spazio visibile la bipartizione freudiana tra conscio e inconscio" e puntando verso un dramma di stampo strindberghiano, ben servito dalla "voce profonda e accentuata, dalla composta eleganza della splendida Andrea Jonasson" , la quale "interpreta con sofferta e meticolosa ricerca di verità una delle sue maggiori riuscite italiane". Andrea Jonasson ha regalato indelebili emozioni al pubblico del Teatro Comunale di Caserta, L'attrice tedesca - che Giorgio Strehler scelse come compagna d'arte e di vita, carpendo il suo talento ai maggiori teatri della Germania e di Vienna (dove la Jonasson si è formata e recita spesso) - ha interpretato con grande suggestione sul nostro palcoscenico in un ruolo di sofferta ambiguità, facendo emergere da questo testo teatrale tutti i risvolti drammatici. Ottimi anche gl'altri interpreti.

 

 

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