Un
improvvido malessere mi ha impedito di assistere allo spettacolo, ma ho
provveduto a che due inviati
proprio "speciali" mi fornissero, e così a voi, la necessaria informazione e
critica dello spettacolo: mia figlia Pia e il prof. Pasquale Corrado.
L’hanno fatto con attenzione allo spettacolo e a quanto li circondava ed
hanno relazionato con un pizzico di divertimento per la nuova veste di
inviati speciali. Come si conviene, poi, a tutti i principianti, sono stati
anche fortunati perché possono riferire anche sull’incontro avuto con
Bonacelli dopo lo spettacolo domenicale. (lorenzo di donato)
Sabato
17 e domenica 18 febbraio il Teatro di Sardegna ha presentato Paolo
Bonacelli e Ivana Monti (nella foto) in
Il ritorno a casa di Harold Pinter per il Teatro a Caserta
2001.
<<“Scritta
nel ‘65, tre anni prima della contestazione studentesca del ‘68,
l’opera, come altre di Pinter, focalizza l’ attenzione
sull’incomunicabilità e, in particolare, sulla dissacrazione della
famiglia. I personaggi cercano invano di comunicare mentre reagiscono ad
un’invasione o ad una minaccia di invasione del loro spazio. I dialoghi
sono chiacchiere di tutti i giorni ma incoerenti e ripetitive, infarcite di
turpiloquio proprio perché vuote di altri significati (come dicono i nostri
‘vecchi’: le parolacce si usano perché non hai niente da dire – ci
costa ammetterlo ma in questo caso è particolarmente vero)
Importanti
i silenzi o pause perché fanno cadere ancora più nel vuoto le parole appena
dette o quelle che si diranno dopo.”
Questa
più o meno è stata la prefazione che la Monti, prima dell’alzarsi del
sipario, ha fatto al pubblico augurandosi di rendere più comprensibile la
rappresentazione.
“In
effetti la storia è molto semplice: in una famiglia tutta al maschile
(padre vedovo (?), tre figli, un fratello innamorato della cognata, amici
invisibili ma che influenzano la vicenda) irrompe una donna (la moglie
dell’unico sposato) la quale porta molta, molta, molta (testuale) ambiguità”
Personalmente
l’abbiamo apprezzata moltissimo in quanto ci ha dato modo di capire il
messaggio e non i singoli personaggi, a differenza di quanto avviene nelle
commedie più leggere.
Infatti
i personaggi in se stessi dicono o fanno cose scandalose, fino a sputarsi tra
loro (‘che schifo!, abbiamo sentito mormorare tra gli spettatori), a
chiedere di prostituirsi, ad accettare di prostituirsi o quant’altro possa
sovvertire il nostro concetto di “famiglia”: il tutto nell’arco di una
giornata alla fine della quale tutto è cambiato ovvero niente è cambiato
perché prima c’era il nulla e dopo …c’è il nulla
Ovviamente
per chi cercava lo spettacolo di svago e di intrattenimento la delusione c’è
stata, anche se, senza volere, i loro commenti (‘Ed ero venuto per
svagarmi!”, “Il nulla del nulla, ma questi che dicono?”)
hanno fatto capire che il messaggio era stato compreso.
Una
menzione va fatta anche per la scenografia: un’unica stanza (tipico di
Pinter) leggermente in discesa verso il pubblico (ad aumentare il senso di
angoscia ove ce ne fosse stato bisogno), colori cupi con i personaggi
illuminati da fasci di luce cruda e fredda, poche suppellettili fra cui
armadi con dentro cianfrusaglie senza senso -biciclette e scarpe e vestiti e
… scheletri- o, meglio, il cui senso era il sottolineare la disgregazione.
Pochi
applausi alla fine, probabilmente molti volevano correre a casa ad
abbracciare i propri figli (non crediamo) o a ‘spararsi’ una scarpettiana
o una commedia di De Filippo (siamo dissacranti noi adesso anche se le
commedie del Maestro ci piacciono) mentre avrebbero meritato un
ringraziamento diverso i sorrisi stereotipati della Monti (la moglie),
sorrisi al nulla o sorrisi-smorfia specie nei momenti in cui il silenzio era
più pesante o gli sproloqui di Paolo Bonacelli (il padre) erano
parole dette più per farsi compagnia o con la speranza di rompere il
silenzio che colloquiare con gli altri.
Per
gli scriventi, infine, un piacevole fuori-programma.
Attardatisi
per una sigaretta fuori del teatro, hanno avuto il piacere di scambiare due
parole e accompagnare al centro di Caserta
Paolo Bonacelli.
Affabile
e cortese ci ha spiegato che commedie come queste provocano ancora –
“fortunatamente”, dice lui- sconcerto
in Italia, mentre sono accolte quasi con indifferenza dei paesi anglosassoni
e ci ha chiesto le nostre impressioni e quello che avevamo potuto sentire dal
pubblico.
Considerazione
finale: gli scriventi sono professori e quindi abituati a tastare in
continuazione l’uditorio. Anche un attore ha la stessa esigenza!>>
Sabato
24 e domenica 25 febbraio tutt’altra musica con
Peppe Barra in Il borghese gentiluomo, di
Moliére,
con regia di Lorenzo Salveti, per l’Ente Teatro Cronaca. Il regista ha
ambientato a Napoli la gustosa commedia, e Barra nei panni costantemente
ricchi e stravaganti ha riproposto una convincente versione di un ricchissimo
cafone che, accecato dal tentativo di acquistare titoli nobiliari, si fa
prendere per il sedere da tutti. ll tutto è stato condito da alcuni momenti
cantati, e accenni di coreografie da musical, in cui sono risaltate le belle
musiche del violinista Lino Cannavacciuolo. |