In un colloquio
amichevole avuto giovedì 11 Maggio 2000 col pianista Andrea Giuntini, il
chitarrista Felice Imparato, l’etno-musicologo Augusto Ferraiuolo e il
bassista Enzo Faraldo abbiamo parlato del gruppo Kashmire di cui
fanno parte, e dei gruppi Campania Felix e Casertavecchia di
cui facevano parte negli anni ’70.
La
contaminazione folk – jazz
Emilio:
Chi di voi proposto di formare un gruppo di contaminazione folk-jazz?
Augusto: L’ho
lanciato io coinvolgendo gli altri poco più di un anno fa. Non mi
considero proprio un musicista ma amo la musica popolare. Feci una tesi di
laurea con Diego Carpitella sui canti di lavoro e sono amico di Francesco
Giannattasio, fondatore del Canzoniere del Lazio che nei primi anni 70 gia
proponevano una contaminazione tra la musica popolare e il jazz. La
questione del riproporre la cosiddetta musica popolare era aperta e
sentita già a partire da quando mi unii al gruppo dei Campania Felix, sul
finire degli anni ’70. Negli ultimi momenti di quel gruppo proponevamo
già un’interessante contaminazione con elementi moderni e di altre
culture, e già guardavamo al folklore in termini storici. Penso ci sia più
folklore in una passeggiata in un centro sociale che alla Festa della
Madonna dell’Arco.
Enzo: Anche se non
è sempre così: per esempio a Pagani quando c’è la festa della Madonna
delle Galline c’è ancora un giro di tammurriate che è eseguito e
sentito in modo vivo. Identicamente con i bottari a Portico o durante il
carnevale di Montemarano. Penso ci siano ancora dei personaggi
autenticamente popolari, non costruiti e spontanei come Marcello Colasurdo
e altri.
Augusto: Ci sono
stato importanti personaggi come Paola Polito e De Simone che hanno
seguito da vicino i gruppi popolari, ma in Campania non c’è una vera
cultura etno-musicologica ma più squisitamente musicale.
Emilio: Il vostro
genere è assimilabile a quello di qualche altro musicista?
Augusto: Un
bellissimo mix tra musica popolare e jazz lo propone, soprattutto dal
vivo, Daniele Sepe. Ci piacciono molti aspetti degli Agricantus o del
chitarrista Francesco Bruno.
Enzo: Noi però
suoniamo strumenti reali mentre molti altri sono orientati ad una
contaminazione elettronica con campionatori, loop e basi preregistrate.
Andrea: Chi ci ha
influenzato molto sono gli Oregon, che suonano in acustico. Li abbiamo
sentiti a Napoli l’anno scorso: un concerto eccezionale,
straordinariamente evocativo.
Felice: Loro sono
molto attenti alla struttura dell’accompagnamento, sono molto barocchi,
con grande attenzione al contrappunto grazie anche ai loro studi classici.
Lo
spirito degli anni ‘70
Emilio:
Visto che suonate insieme da tanti anni vi è un filo logico che lega gli
attuali Kashmire con le vostre precedenti formazioni?
Felice:
Specialmente con il gruppo “Casertavecchia” che fondammo
intorno al ‘75 insieme a Franco Faraldo e Peppe D’Argenzio. Il nostro
era un gruppo strumentale, eseguivamo nostre composizioni ed ovviamente
provavamo a Caserta Vecchia, da cui il nostro nome. Fu in quel periodo che
uno di noi portò un disco degli Oregon il cui ascolto ci influenzò non
poco.
Emilio: Qual’era
l’atmosfera ai concerti che facevate negli anni 70?
Felice: A Caserta
c’era una identificazione totale tra cultura e Partito Comunista e come
tutti eravamo agganciati alla Festa dell’Unità. Allora i concerti non
erano molto incentrati sulla performance del gruppo.
Augusto: Sì, si
badava di più al famoso “messaggio” e all’interplay di gruppo…
Felice: …era
tollerata una certa approssimazione dei musicisti, ma non sul messaggio
che si voleva trasmettere…
Andrea: …e poi
era consentito osare.
Felice: E nello
spirito di quegli anni noi riuscivamo ad osare
Enzo: Il nostro
era un gruppo di musica “progressiva”. La musica popolare la suonavamo
parallelamente con i Campania Felix (sempre sul finire degli anni
’70. N.d.r.)
Emilio: C’è
qualche brano che avete ripreso?
Felice: è rimasto
solo qualche modulo ritmico.
Emilio: Ho visto
in concerto che molti vostri brani ripropongono testi e melodie della
cultura popolare casertana, rivisti in chiave moderna. Penso che
culturalmente è una delle operazioni più belle che ci sia a Caserta.
Siete chiamati spesso a rappresentare la cultura casertana nelle
manifestazioni ufficiali?
Augusto: No.
L’istituzione ha il “dovere” di sapere che cosa le gira intorno.
Negli anni ‘70 era assessore alla Cultura Nicola Tronco, un bancario più
che uomo di cultura, ma è stato una persona molto capace. Solo sotto di
lui sono nati i musicisti e gli attori di Caserta, da Servillo agli Avion
Travel di cui supportò finanziariamente i primi lavori. Una politica
culturale deve valorizzare le tendenze casertane. Nelle grosse
manifestazioni casertane, invece, i casertani sono totalmente tagliati
fuori e questo è anche un grosso errore politico.
Emilio: Vero. Le
realtà locali anche valide non potranno mai crescere a Caserta perché
non sono mai messe in condizione di proporre uno spettacolo importante e
di essere pagati per questo.
Augusto: Negli
anni 70 c’erano più stimoli, dovuti anche ad una sorta di autogestione.
Ammiro chi è riuscito a trasformare nel nuovo Cinema-Teatro Don Bosco
quello che era il teatro dei Salesiani, mentre la nostra amministrazione
dopo vent’anni non riesce a ridarci il teatro Comunale.
Emilio: Quali
situazioni musicali di rilievo avete notato negli ultimi anni a Caserta?
Augusto: Negli
anni ‘80 e ‘90 si
notavano gruppi con influenze rock come gli Avion, Modirudi, 100 Club,
TRB, ma da parecchi anni c’è un grosso vuoto. In questo momento vedo
attivi principalmente gruppi popolari tipo Corepolis, Kashmire, Cantica
Popularia ed Etnie.
I
Kashmire oggi
Emilio:
In cosa siete impegnati attualmente come Kashmire?
Augusto: Abbiamo
registrato un demo prodotto da Lello Nasta, siamo da qualche mese seguiti
da Maria Pezzella, la manager del gruppo, e Mario Noto come fonico. I
nostri lavori si possono ascoltare presso www.musicace.it
Emilio: Perché vi
chiamate Kashmire?
Andrea: E’ un
nome che ci ha dato un nostro amico americano che viveva con Augusto.
Probabilmente un appassionato dei Led Zeppelin.
Andrea: Nelle
prime registrazioni eravamo ancora alla ricerca della nostra identità, ma
negli ultimi mesi questa è diventata più chiara e la nostra
registrazione di “Cicerenella” rappresenta
quello che il gruppo vuole fare e dire, la nostra reale tendenza. I
brani nascono in genere da un’idea iniziale di Augusto di cui manteniamo
il tema melodico e su questo poi si va a briglie sciolte con suoni e
arrangiamenti
Enzo: E’ la
melodia stessa talvolta a portare a soluzioni obbligate.
Augusto: Talvolta
invece si parte da una “atmosfera” su cui poi si costruisce un testo e
una melodia come per esempio in “Vulesse addeventare”.
Il
testo ideale
Emilio:
Come dovrebbe essere il testo “ideale” di una canzone per un gruppo
che, ai giorni nostri , propone musica di origine popolare?
Augusto: Abbiamo
in Campania un patrimonio di testi eccezionale, devi solo prenderli e
calarli in queste atmosfere. Questo è anche filologicamente corretto, così
come comunemente accade nelle tammorriate. Nelle tammorriate i cantanti
scelgono, mentre cantano, strofe dal loro vasto repertorio di
“stroppole” (sfrofe, quartine di endecasillabi) e le cantano in un
ordine dettato dall’estro e dalla situazione contingente.
Felice: La prima
qualità che deve avere un testo è la leggerezza, non deve parlare
troppo, o essere troppo “assorbente”
Augusto: Questa è
d’altronde una caratteristica della musica popolare meridionale, il non
avere una struttura narrativa (contrariamente alle canzoni del Nord in cui
più si racconta una storia). Invece il testo della canzone del Sud lavora per flash, spunti, in definitiva è
leggero.
articolo di emilio di
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