Chi si sente orfano di certe flessioni di Carlos Santana, chi ama
la fusion di matrice sterniana e, perché no?, la ballabilità groove che ha
radici nella Terra (ovviamente), ma anche nel Vento e Fuoco (come dire Earth
Wind & Fire) troverà in Up The Mood di Augusto Ausanio un piacevole approdo.
Il sound del chitarrista casertano, al suo esordio discografico, muove nel
segno del recupero di certe sonorità, ma anche di linguaggio ed espressività,
proprie degli anni ’80, anche se opportunamente rivisitate. Il viaggio
comincia col pezzo che dà il titolo all’album, il cui coinvolgimento musicale
appresso al riuscito refrain è metafora di una mobilitazione ecologista e
culturale per la riscossa di una terra martoriata (il link al video di Michele
Tarallo https://www.youtube.com/watch?v=1DXymA2KJ_A) “Alquimia” è invece una
escursione melodico-latina in cui la voce di Cristina Zeta duetta con le
strings del band leader. Con “Love for Lydia” si apre un energetico
spiraglio Motown a cui fa da contraltare con “August’s memories” una
passeggiata arpeggiata nel ventre di Napoli, dove non possiamo non ravvisare le
suggestioni del Pino Daniele a rebours. Il tempo giusto per rifiatare e
rituffarci nella ritmica incalzante e il tema ipnotico di “A frog in my
pocket”. La voce femminile ritorna al proscenio con Wena in “You got it”, la
cui cadenza da easy acid jazz ricorda il sound dei Count Basic. In “Unspoken
words” e “On the spur of the moment” Augusto si ritaglia i più ampi squarci
improvvisativi scalando con moto ondivago e vertiginoso gli hertz estremi della
soglia udibile agli umani (e ai pipistrelli in libera uscita). L’epilogo con
“Greetings from the moon” è a nostro avviso l’episodio dal mood più
scofieldiano dell’intero album, nella strofa e nell’inciso. Insomma Augusto
Ausanio ha talento, espressività e lirismo, e questo riuscito esordio ne è un
condensato. I musicisti che lo attorniano (oltre alle già citate vocalist,
Luciano Pesce alle tastiere, Enzo Faraldo al basso, Luigi Palmiero alla
batteria, Luciano de Fortuna alle percussioni, Pietro Ventrone ai sax) sono poi
all’altezza del leader e in armonia con la sua concezione musicale, di certo
vintage, ma ricca di fermenti e con le premesse di un work in progress i cui
orizzonti sono impronosticabili.
|
|