Recensioni: HOUNDOG (OMONIMO)
di Antonio Avalle

HOUNDOG (OMONIMO)

Finalmente, dopo lunghe attese, ho tra le mani questo desiderato cd... un piccolo adesivo sull'involucro recita "A bluesy, trippy amalgamation of riffs. rites and spirits...." che lascia subito presagire il tenore spiritato dell'album. 
L'attesa ha reso l'ascolto ancora più emozionante e l'acquisto più eccitante...a dover di cronaca l'album è uscito durante il 99 ma la sua scarsa reperibilità mi ha permesso soltanto oggi di entrarne in possesso.
Gli Houndog sono una piccola formazione voluta appositamente per questo progetto fatto esclusivamente di blues. Un incredibile e ingegnoso esperimento che porta la firma di David Hidalgo (Los Lobos) e Mike Halby (proveniente dai Canned Heat) due grandi personaggi illuminati anche dalle numerose collaborazioni con artisti di singolare spessore musicale , un nome per tutti , quella con
Tom Waits .
Houndog è indemoniato blues partorito direttamente dai meandri del malessere della musica del diavolo, un blues privo di eccessivi tecnicismi e di sovrastrutture musicali, inciso con pochissimi mezzi (probabile l'uso di un 16 piste), un puro schiaffo morale a quanto di tecnologico e commerciale contamina il nostro mondo discografico. Se avrete la fortuna di ascoltarlo, ma soprattutto se adorate il blues, vi trovere subito immersi nelle radici di quanto di più nero potesse essere suonato all'inizio del questo millennio. Sonorità rallentate, ipnotiche per il loro ripetersi, scheletriche per la loro essenzialità, prive di fronzoli, ma colorite appena da un sonnachioso organo e da un viiolino che spesso sembra assumere le sembianze di un ululante armonica. Sorprendente è l'effetto delle due voci quasi allentate rispetto al contesto dei suoni, l'impressione è che sembrano salire dagli inferi...è la vera anima del blues ad esprimersi e se riesci a sentirla e`capace di condurti nelle atmosfere nere di New Orleans fino quasi a farti intravedere al primo crocicchio sul Mississippi ilfantasma di Robert Johnson...un bel viaggio notturno alle origini del blues.
L'inizio dell'album è duro , intenso , un piacevole colpo allo stomaco "No Chance", a seguire altri episodi significativi la cover alcolica di "I'll change my style", primitiva e affascinante è "Lonely dying love", ipnotica e torbida "all fired up, all shook down". Tracce che arrivano direttamente a scuotere le arterie del lato blues dei nostri cuori.

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