Cristianesimo in Asia
Febbraio 2015
Articolo di Lorenzo Di Donato
Una mia amica, ritornata
da qualche giorno dal suo quinto viaggio in India, mi ha riferito della sua
grande meraviglia nell’aver visto che il cattolicesimo è molto diffuso nella
parte di India meridionale in cui è stata. Ogni paese o paesetto ha più di una
chiesa cattolica e sono affollatissime nonostante che in questi ultimi tempi si
stanno ripetendo disturbi all’armonia sociale e religiosa dell’India con
aggressioni ai cattolici e profanazioni di chiese, fino ad oggi rari. La Chiesa
indiana ha chiesto provvedimenti, ma fino ad ora non ci sono risposte. Il
cattivo vento per i cristiani comincia a spirare anche in India?
L’amica, inoltre, mi ha inviato la foto di una statua di Gesù da lei scattata
nel 1999 nel cortile di un istituto religioso ad Aurangâbâd, città dello stato
indiano di Maharashtra, statua che le era sembrata, e sembra, bellissima e
significativa. Il Cristo è raffigurato seduto con le gambe incrociate (postura
joga del saggio), in una posa in cui viene di solito raffigurato Budda. Da
notare: la corona di fiori posta dai fedeli al collo di Gesù, come noi mettiamo
generalmente la corona del Rosario al collo delle statue della Madonna; il cuore
di Gesù in rilievo sul petto della statua; l’aura, segno di grande purezza e
verità nella civiltà indiana, e non la occidentale aureola che indica la santità
del raffigurato. E la croce del martirio di Cristo fa da sfondo al tutto.
A mio parere questa raffigurazione di Gesù è significativa di quanto e come
il cristianesimo sia stato assorbito dalla cultura indiana, e rende conto del
perché in passato siano state proposte alcune suggestioni su possibili viaggi di
Gesù in India nei circa 18 anni intercorrenti tra la disputa con i dottori nel
tempio di Gerusalemme e l’inizio della sua vita pubblica e predicazione, o
legate all'ipotesi di legami tra il primo cristianesimo e la religiosità
indiana, o basate sul finto ritrovamento di manoscritti perduti, rivelatisi poi
clamorosi falsi.
La conversazione e la corrispondenza con i miei cari amici romani mi ha fatto
ritornare alla mente quanto avevo considerato durante e dopo il recente viaggio
di Papa Francesco in Indocina e Filippine.
Ero rimasto molto colpito dalle immagini trasmesse dalla televisione la domenica
del Santo Niño, a Manila: erano presenti milioni di persone festanti e commosse,
pur da ore sotto la pioggia battente, per assistere alla messa finale del Papa e
poter dire un domani “Io, quel giorno, c’ero”. Le autorità hanno parlato di
sette milioni di persone. Ma anche se la cifra può essere stata ritoccata per
eccesso, questa messa del Papa è stata senz’altro la più seguita nella storia
ella Chiesa, superando i quattro- cinque milioni di persone che assistettero,
sempre a Manila, a quella celebrata da Giovanni Paolo II il 15 gennaio 1995.
Questa constatazione, e quanto riferitomi dagli amici, mi hanno fatto ricredere,
e pentire di averlo coltivato, dello scetticismo con cui ho guardato non poche
volte a sacerdoti e suore di origine asiatica od africana operanti in Italia:
pensavo che l’accettazione della chiamata del Signore a loro rivolta fosse stata
molto aiutata dallo stato di indigenza del chiamato e dall’attesa di potere così
andare incontro ad un tenore di vita nettamente migliore.
Quanto visto durante il recente viaggio del Papa, ascoltato da Rita ed Eugenio
ed evidenziato dai programmi sulle missioni in Asia ed Africa- trasmessi dalle
TV nazionali e non che mostrano la gioiosa e folta partecipazione agli incontri
liturgici delle loro popolazioni - mi hanno fatto ricredere sulle mie idee,
tanto preconcette, e convinto che Papa Francesco é nel giusto nell’affermare che
l’Asia è il futuro della Chiesa così come Benedetto XVI era nel giusto quando
affermò che lo fosse l’Africa.
Non si può che essere pienamente d’accordo con loro.
E’ amaro constatare che noi, europei e americani del nord, abbiamo il culo
troppo grasso per poter seguire l’insegnamento di Gesù.
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