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Resti del monastero

L'affresco del Santuario


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San Martino e san Benedetto disputavano dalla cima di due monti....

Ricordi e leggende da Casanova di Carinola

Articolo e foto di Lorenzo Di Donato

Sono stato a Casanova di Carinola, paese natale dei miei genitori ed a me caro per tante estati colà trascorse nella mia fanciullezza con cuginetti ed amici, quasi sempre costituiti in una brigata terribile e temuta di monelli.
Nella terza domenica di maggio si festeggia Maria Santissima Grande ed Eccelsa, colà venerata, con una bellissima infiorata ed una solenne processione al piccolo e ben tenuto Santuario (lassù, su un contrafforte del Massico) con un altare impreziosito da un bello ed antico affresco ritrovato da poco sotto una più recente pala d’altare. Nell’affresco la Vergine con Bambino é affiancata da san Giovanni Battista e da san Pietro o san Benedetto ed é sormontata da Angeli, Spirito Santo e Padre celeste

L'infiorata

Parenti ed antichi amici ritrovati hanno fatto a gara per espormi o ricordarmi le notizie sul santuario, peraltro risalenti a tradizioni locali, e le leggende, fiorite ed arricchitesi nel tempo, di numerosi portentosi miracoli operati dalla Vergine, che ancora si tramandano nel paese e riescono anche oggi ad interessare ed ad incuriosire per la loro fresca ingenuità.
Un mio nipote, conoscitore delle colline dell'Oasi WWF di Monte Massico perché cultore di trekking e caccia, si è dilungato nel descrivermi le bellezze dei boschi, le vedute panoramiche mozzafiato e la particolarità di due siti, la grotta dell’Angelo e il monastero e la chiesa rupestre di san Martino, a suo dire fascinosi. Naturalmente il tutto condito da notizie ricavate dalla tradizione ed alcune corroborate da qualche elemento storico non trascurabile. Questo ha stuzzicato il mio interesse e, pungolando il suo orgoglio di fedele testimone di quanto la natura e l’arte offrono al suo paese, l’ho convinto a portarmi ai due siti con il suo fuoristrada, visto che andarvi a piedi implica percorrere faticose ore di strade, sentieri e mulattiere di montagna.
L’Oasi WWF Monte Massico é caratterizzata da una macchia mediterranea con alto valore naturalistico e paesaggistico e sovrasta due pianure, quella del Volturno e del Garigliano, per cui è ricco di punti panoramici.
Nel salire sulla collina delle Vaglie e poi su quella di sant’Angelo e quindi, dopo aver attraversato la piana di san Martino, inerpicarsi sulla montagna di san Martino lungo crinali boschivi, il ho la sensazione netta di trovarmi di fronte alla storia ed al mistico.
Infatti sul fianco della collina di sant’Angelo si apre la grande ferita di una grotta, misteriosa ed affascinante per i resti di un piccolo edificio all’esterno (un antico eremitaggio?) e di una bassa costruzione (tombe?) nella parte più interna che sprofonda per circa trenta metri e dove la luce del sole non giunge mai.
Il crinale boschivo della collina di san Martino, invece, si apre d’improvviso sulla vetta in un piccolo pianoro delimitato dai resti delle poderose mura del monastero, che appaiono dorate al sole basso sull’orizzonte. Nel cortile, una nera apertura fa intravedere la cisterna la cui copertura è raso terra ed ha due aperture che servivano sia per l’aerazione sia per attingere l’acqua dalla cisterna.
Quando distolgo lo sguardo dalle rovine, é subito vista mozzafiato: ho addirittura il timore di calpestare i paesi intorno a Sessa Aurunca, che appaiono come piccoli grumi di rosso mattone sotto ai miei piedi. Poi, a mano a mano che alzo lo sguardo verso l’orizzonte, il Garigliano e tutto il golfo di Gaeta mi appaiono sfavillanti sotto i raggi del sole.
Ora comprendo perché la tradizione vuole che da lì san Martino continuasse a disputare, alla voce, con san Benedetto, su Montecassino, sul sistema di vita monastica da condurre e che li aveva già separati quando si incontrarono nell’anfratto di roccia sovrastante Cassino che il giovane Marzio, poi Martino, aveva scelto come luogo di preghiera e di penitenza: san Benedetto voleva unire alla preghiera e alla penitenza anche l’apostolato a favore di quanti abitavano le misere case intorno all’eremo; san Martino preferiva la vita di eremita, dedito solo a lodare il Signore. Si separarono e san Benedetto rimase a Montecassino, mentre san. Martino scelse. un anfratto di roccia su Monte Massico per trascorrere la sua vita tra preghiere, penitenze e contemplazione, pur rimanendo in contatto con san Benedetto.
Il santo eremita fu subito circondato dalla fama di santità e altri giovani si unirono a lui formando così una comunità, per la quale Martino costruì le celle ed una chiesa. E’ Abate di questa comunità fino alla morte avvenuta il 3 agosto del 580. Il suo corpo fu seppellito nella chiesa del monastero per poi, nel 1094, essere portato da san Bernardo nel Duomo di Carinola.
Queste date fanno desumere che il monastero ha avuto vita almeno dal VI al X secolo.

L'affresco rupestre

La sorpresa maggiore però è la chiesa rupestre che si apre al di sotto del piano del monastero: ha l’altare sormontato da un affresco, ancora in parte leggibile, del Cristo in croce con Maria e le donne piangenti ai suoi piedi. Le pareti e la volta della grotta dovevano essere tutte affrescate giacché si notano su di esse ancora pochi e sparsi resti di affreschi, non sempre leggibili. La chiesa era chiusa da un muro con una porta. L’affresco che sormonta l’altare è rovinato da un foro che rivela una cavità dietro l’affresco: la chiesa è quanto resta della chiesa del monastero costruita da san Martino? Attraverso quel foro furono recuperati i resti di san Martino per essere portati a Carinola? Ma questa chiesa…. Le storie e le leggende che circondano san Martino ed il suo monastero incominciano a turbinare nella mia mente nella speranza di trovare qualche riscontro. Ma è già tempo del rientro per non trovarci al buio nel bosco.
Ci vuole un intervento miracoloso di san Martino -come quello che operò quando il monastero, nell'883, subì un assalto da parte dei Saraceni che volevano saccheggiarlo "ma san Martino. apparve ai suoi monaci che erano circa 300, e si unisce a loro per sconfiggere i Saraceni, che nel trambusto della battaglia lasciarono circa 2.000 morti", come scrivono le cronache del tempo riportate da Giovanni Iannettone- perché il sito sia studiato e protetto?

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