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Perrin C. - Battaglia di Caltafimi - litografia - 1861


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Il generale Salvatore Landi: venduto o avveduto?

A margine al 150° Anniversario dell’Unità d’Italia:

Articolo di Lorenzo Di Donato

Le tante cose scritte per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia sono riuscite, finalmente, a mettere in risalto sia la poco credibile apologetica risorgimentale -che spiegò tutto con il fascino e l’eroismo di Garibaldi, “il biondo eroe dei due mondi” come recitavano i sillabari della mia infanzia, e delle sue irruenti “camicie rosse” capaci di surclassare le truppe borboniche prive di ideali e di capacità militari- sia la dannosa storiografia borbonica, che volle attribuire i successi di Garibaldi ad una pura e semplice serie di tradimenti delle gerarchie militari borboniche per viltà, per ottenere carriere speciali nell’esercito sabaudo o per soldi.
A me, abitante di Sala per elezione, non può non colpire quanto si scrisse e si scrive ancora sul Maresciallo di campo Salvatore Landi “al Monarca caro ed all’esercito”, come si legge nella lapide apposta da suo figlio Achille nel dicembre del 1859 sul loculo della signora Giulia delle Piane -sua madre e consorte del Generale- posto alla destra dell’ingresso dell’Oratorio dell’Arciconfraternita del SS.mo Rosario di Sala, popolarmente detto chiesa di san Donato. Il loculo fu eretto su concessione di Sua Maestà Francesco II. E benefici i Landi avevano ricevuto anche da S.M. Ferdinando II “fratello benefattore e priore perpetuo alla sacra Congrega” nonché intercessore presso il Santo Padre della supplica di Domenico Landi, priore, rivolta al Santo padre per ottenere le reliquie di un santo capaci di dare lustro alla Confraternita, nel cui Casale i Landi possedevano ed abitavano la Villa Santoro.
Il generale Landi fu l’eroe in negativo della battaglia di Calatafimi, in cui era al comando delle forze borboniche. Nonostante che la resistenza dei garibaldini si fosse dimostrata tenace, le sorti della battaglia erano saldamente in mano ai napoletani quando, con una decisione inaspettata, Landi decise di far ritirare le sue truppe, lasciando così libera la strada per Palermo alle camicie rosse.
Dubbi sulla condotta di Landi vennero avanzati sin da subito tanto che inchieste interne all’esercito portarono Francesco II a condannare all’isola d’Ischia per tradimento, in esilio, colui che un solo anno prima era “al Monarca caro ed all’esercito” . Sottoposto poi al giudizio di una Commissione militare d'inchiesta borbonica, il Landi fu riconosciuto fedele al dovere e incolpevole dei fatti di Sicilia, "imputabili ad un complesso di circostanze eccezionali", come il timore di essere circondato da squadre di siciliani che avevano aderito alla chiamata alle armi di Garibaldi e già avevano condotto consistenti azioni contro i borbonici nei mesi precedenti.
Sembra così tutto chiaro, ma invece i dubbi non furono fugati e non lo sono ancora, a mio parere.
Il gen. Landi è stato vittima di quei borbonici che volevano dimostrare che il Regno di Napoli era caduto per i fiumi d'oro che sarebbero corsi dalle mani di Garibaldi a quelle dei comandanti nemici?
Certo è che nel 1861 il Landi ottenne una pensione come generale di corpo d’armata dell’esercito sabaudo, nel quale vennero assunti anche i cinque figli, tutti ex-ufficiali borbonici. Inoltre, nello stesso anno, un caso di cronaca interessò il Landi: recatosi al Banco di Napoli per riscuotere una polizza di 14.000 ducati d’oro, ne ebbe un rifiuto perché la polizza risultò falsificata e ammontante a soli 14 ducati. La cosa destò notevole scalpore e fu pubblicata a Napoli dai giornali definiti austro-clericali-borbonici che asserivano che la polizza era stata data al Landi da Garibaldi perché non facesse combattere le truppe borboniche a Calatafimi.
La calunnia – raccolta dai filo borbonici - fu riferita a Garibaldi dal figlio del gen. Landi, Michele (che aveva fatto la campagna di Sicilia nell'esercito borbonico ed ora era Luogotenente del 9° Reggimento di Fanteria dell’esercito sabaudo!), in una lettera da Bologna, datata 1° ottobre 1861, in cui chiedeva a Garibaldi di restituire l’onore a suo padre che per quella obbrobriosa calunnia era morto di crepacuore il 2 febbraio di quell’anno. Cosa che Garibaldi fece nella breve lettera di risposta.”vostro padre a Calatafimi e nella entrata su Palermo fece il suo dovere di soldato”. E come poteva rispondere altrimenti Garibaldi senza che gli fosse poi addebitato di essersi avvalso di vili mezzi per conquistare la Sicilia?
Secondo me i Landi, vero o falso il tradimento a Calatafimi, non sono certamente campioni di fedeltà ai Borbone che per anni hanno servito ricevendone gratificazioni e prebende. E certamente non hanno contribuito a fugare le dicerie sul comportamento del padre Salvatore il passaggio, da subito, armi e bagagli, nell’esercito sabaudo, come testimonia anche un rapporto scritto il 16 novembre 1860(!) dal Capitano della Guardia Nazionale di Sala Achille Landi, riportato da Olindo Isernia nell’Osservatorio ott/nov 2010. Anche la lettera di Michele Landi a Garibaldi è un tentativo, furbo o ingenuo?, di far restituire da altri (nel caso: da Garibaldi) l’onore al loro padre che i cinque figli e lo stesso generale Landi non erano stati capaci di difendere.
E ciò mi addolora.

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