La mostra fotografica “Celestino V- il gran segreto del cielo”
Un casertano di montagna in Abruzzo
Articolo di Lorenzo Di Donato
Il Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica “Parco Majella” è giunto
alla 13.ma edizione e coinvolge le cittadine di Abbateggio, Bolognano e
Roccacaramanico (provincia di Pescara) nonché santo Stefano di Sessanio
(L’Aquila) con varie manifestazioni legate alle tradizioni abruzzese.
A Roccacaramanico, in particolare, dal 6 al 27 agosto, dalle 16 alle 20, si può
visitare una interessante mostra fotografica dal titolo “Celestino V- il gran
segreto del cielo”, curata da Jean Paul Di Gaetano, Vincenzo Del Giudice e Ardea
Montebelli, che ha anche fornito il materiale fotografico.
La mostra fotografica “Celestino V- il gran segreto del cielo” è connessa anche
alla revisione storica della figura di Celestino V, nato Pietro Angeleri e detto
Pietro da Morrone, papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre
1294, giorno delle sue rinunzia al soglio pontificio come atto di umiltà e fede
nonché testimonianza del suo rifiuto di una "chiesa politica" a favore di una
più alta spiritualità. La limpida condotta morale è anche la ragione per la
quale questo papa viene ancora oggi ricordato con ammirazione e additata ad
esempio.
E la figura del santo papa é raffrontata, da Vincenzo del Giudice, a quella di
Ponzio Pilato nel libro di presentazione della mostra fotografica: esempio, il
primo, del rifiuto del potere per umiltà e fedeltà al messaggio di Cristo; il
secondo, del non esercizio del potere per viltà nel giudicare il Cristo.
Bello il raffronto delle due personalità e la passione che vi rivela Vincenzo
del Giudice, casertano legato alla Majella da profondi ricordi che gli fanno
scrivere tra sogno e realtà, a me casertano allevato nel Parco della Reggia: “….
Percorro il regno della quiete. Sola, una mosca mi fa compagnia. E’ il suo
regno. D’un tratto, mi sposto sulla mia destra. Mi inoltro per il campo
abbandonato. L’erba è alta. Giungo al confine del campo. Di fronte, il Monte
Morrone con la sua grande frana. Sudato e stanco, mi seggo su di un sasso, al
termine. Dinanzi madre Majella con i suoi anfratti ed i suoi verdi boschi….
L’erba, lentamente, si muove come l’onda del mare. Le mie narici sono umide e
piene del buon profumo di mentuccia. Giro lo sguardo come se volessi prendere il
tutto. Mi rivedo giovinetto. Un uomo è seduto al mio fianco, un fazzolettone a
quadri rossi fuoriesce dalla tasca di dietro. Egli lo prende e con mano ferma lo
pone sull’occhio. Una lacrima scende sul viso ormai cotto dal sole. Mi volge lo
sguardo. La fronte, madida di sudore. Di nuovo, lo sguardo si rivolge lontano ed
anch’egli, come me, percorre il vasto orizzonte. “Anche tu “ mi dice “un giorno
verrai quassù. Ti asciugherai la fronte e spingerai il tuo sguardo in fondo. Là
dove il mare si unisce con il cielo”. E’ Tatone. Lu Taton me. “
E ora, infine, capisco. Vedo Tatone! Ha le sembianze di Pietro da Morrone.
Ma non so se sogno o sono desto.