Ricordi di vita intorno al Cenobio di sant’Agostino
Caserta
Articolo e foto di Lorenzo Di Donato
Si è chiusa il 14 giugno scorso La Mostra Rassegna fotografica dei lavori di
restauro conservativo del Cenobio di Sant’Agostino. La Mostra ha raccontato la
storia della trasformazione dell’ala posteriore del complesso conventuale e del
suo giardino interno ed ha sollecitato l’attenzione dei cittadini casertani sul
riuscito riuso di tutti gli spazi riaperti al pubblico in un nuovo spazio della
Civitas casertana, denominato significativamente Villaggio Torre, contenente
attività culturali, aggregative e commerciali.
Sembra inutile aggiungere che attendiamo con impazienza la fine del restauro
dell’intero Cenobio di sant’Agostino, e che non riusciamo a comprendere come
ancora oggi la Piazzetta Commestibili in via Turati debba essere in uno stato di
degrado così totale, mentre potrebbe essere il cuore elegante di Caserta.
La Mostra Rassegna è stata denominata COM’ERA COM’E’, che in noi, vecchi
casertani, ha ridestato ricordi mai sopiti della Caserta della nostra gioventù.
Le suore del Patrocinino S.Giuseppe, ma da noi casertani denominate più
semplicemente “le suore di sant’Agostino” in quanto occupavano l’antico convento
agostiniano, avevano, tra l’altro, l’unico Istituto Magistrale di Caserta, anche
se parificato. Di qui le numerosissime iscrizioni di ragazze e signorine
all’Istituto Magistrale. Le famiglie che non risiedevano a Caserta e
nell’immediato circondario affidavano le loro figliuole alle suore, facendole
vivere nel Collegio annesso all’Istituto o nel Convitto delle Suore Riparatrici
del sacro Cuore in via Tanucci.
Ogni mattina piazza san Sebastiano, per noi tutti piazza s..Agostino, e le
strade adiacenti pullulavano di ragazze che si recavano al “sant’Agostino “
(ulteriore nostra semplificazione dell’Istituto), molte volte accompagnate da
mamme, sorelle più adulte, zie o papà, suore, incrociando continuamente frotte
di ragazzi e giovanottelli che speravano si poter scambiare furtive occhiate con
la fiamma di turno. E lo stesso sciamare di ragazzi e ragazze e loro
accompagnatori si ripeteva al termine delle lezioni della giornata. Alle volte
da qualche libro o cartella di una ragazza cadeva un bigliettino che il
destinatario si affrettava a recuperare velocemente. Altri tempi. Si, proprio
altri tempi!
E al COM’ERA ci riporta il ricordo degli anni intorno al 1950, di quando noi
studenti, ogni anno, intorno al 4 Novembre, festa della Vittoria, entravamo in
sciopero per rivendicare il ritorno all’Italia di Trieste, amministrata allora
dagli Anglo-americani, e della cosiddetta Zona B, territorio italiano assegnato
all’amministrazione della Jugoslavia.
I due-tre giorni di sciopero erano capitanati da studenti dell’MSI-Fiamma
tricolore, di indirizzo fascista, ma l’adesione allo sciopero era totale al
grido “Trieste all’Italia!”.
Ma forse non era questo il solo motivo dello sciopero. Infatti questo era ben
riuscito se terminava con la resa della Preside del sant’Agostino alla
richiesta, formulata da rappresentanti degli studenti che tumultuavano nella
piazza dell’Istituto ed in via Mazzini, di far partecipare le ragazze al corteo
organizzato per depositare una corona di fiori al Monumento ai Caduti. Le
ragazze formavano un corteo ordinato percorrendo il Corso tra due ali di
studenti plaudenti. Poi l’ordine diventava più approssimativo e le ragazze meno
numerose in quanto molte di loro si allontanavano dal corteo con il fidanzatino
svicolando per le traverse del Corso. Il corteo che arrivava al Monumento ai
Caduti era ben misera cosa rispetto a quello che era partito dalla piazza sant’Agostino.
Altra scena d’altri tempi era la passeggiata primaverile delle ragazze che
vivevano nel Convitto annesso all’Istituto sant’Agostino.
Nel pomeriggio di una bella domenica di primavera, le convittrici erano condotte
a fare una passeggiata nel Parco della Reggia. Inquadrate ed allineate per
classi, le convittrici percorrevano il viale centrale del Parco nelle loro
divise impeccabili, sorvegliate attentamente dalle suore che le richiamavano in
ogni momento se non tenevano gli occhi bassi o se facevano qualche sorriso di
troppo. Le brave monacelle avevano il loro da fare a salvare “l’onore” delle
fanciulle loro affidate con un susseguirsi di occhiatacce, seguite poi da accuse
di sfrontatezza e, infine, da promesse di punizioni, sempre più insistenti e
frequenti, in quanto la presenza di tante ragazze era un richiamo irresistibile
per i giovani che erano nel parco e per i tanti militari in libera uscita dalle
allora numerosissime caserme di Caserta.
L’ora dei carcerati era certamente più libera e tranquilla di quella passeggiata
primaverile delle convittrici!
Ma quanta vita era dentro e fuori sant’Agostino, allora.