Differenziamo i rifiuti o i cittadini?
Lettera aperta all’assessore all’ambiente ed ecologia al Comune di Caserta
Articolo di Gero Mannella
La lettura del depliant di “Separiamoli in casa” desta non poche
perplessità e induce a qualche riflessione.
Ancora una volta, pure nel sacrosanto intento di salvaguardare l'ambiente,
sembra che l'amministratore non si faccia carico dei disagi che la
cittadinanza subisce, ma che viva in un mondo a parte.
Cominciamo dalla semantica: Orario Di Conferimento.
Mi verrebbe da chiedere all'assessore all'ecologia se quando si reca al
cassonetto con le buste dice alla moglie “Cara, vado a conferire i rifiuti”
oppure “Vado a buttare la monnezza”.
Questa che sembra un'inezia è un aspetto importante.
Il burocratese autocompiaciuto prevale sull'esigenza di una comunicazione
chiara, sulla trasparenza, e in ultima analisi sul rendere facile la vita al
cittadino.
E la conseguenza di questa indifferenza, di questa distanza sono le modalità
di “conferimento”.
Sono previsti 8 tipi di differenziazioni, di cui almeno 4 con stoccaggio
domestico, in quanto non è previsto il “conferimento” giornaliero. Si
richiede dunque al cittadino di allocare nel proprio alloggio un minimo di 4
bidoni, di cui almeno 3 (umido, indifferenziato, multimateriale) destinati a
residui organico/chimici maleodoranti nel breve tempo.
Se il cittadino ha la fortuna di avere un balcone ampio ne sacrificherà una
parte per la nobile causa ecologica. Ma si direbbe che l'assessore dimentica
che esiste un'ampia fascia di alloggi sprovvisti di balcone o, specie nei
quartieri popolari, dai balconi di dimensioni minime che a malapena
contengono lo stendino dei panni. Cosa faranno i cittadini che, rispettosi
delle leggi, ma sforniti di spazi esterni, avranno i loro bidoni
all'interno?
Se la famiglia mangia il merluzzo il sabato a pranzo sappia che dovrà
sorbire i miasmi della decomposizione per tre giorni, fino al successivo
lunedì notte.
E se la famiglia ha un neonato? Cosa ne facciamo di 3 o 4 pannolini al
giorno di cacca (l’assessore direbbe “deiezioni”) da conservarsi per 3
giorni?
Oltre che per l’umido, è ugualmente intollerabile lo stoccaggio entro le
mura (“intra moenia” per l’assessore) dei rifiuti di indifferenziata e
multimateriale, destinata ai contenitori. A chi voglia obiettare che tali
contenitori andrebbero ripuliti delle scorie (e dunque dal cattivo odore)
prima di depositarli rispondo che tra lo sciacquare un singolo contenitore
di yogurt o maionese per depositarlo all’esterno e il lavarlo accuratamente
per tenerlo dentro casa per tre giorni passano svariati litri d’acqua,
elemento che di questi tempi diventa sempre più prezioso nonché costoso. Il
cittadino ligio sprovvisto di balcone vedrebbe decuplicare la sua bolletta.
Si parlava di alleviare i disagi del cittadino, ed il principale resta
quello economico.
Affinché l’esercizio della differenziata non abbia risvolti vessatori e
discriminatori tra cittadini di serie A (muniti di spazi esterni adeguati) e
cittadini di serie B (sprovvisti) ritengo dunque in prima istanza che il
“conferimento” di rifiuti con scorie organiche/chimiche debba essere
giornaliero.
Aggiungo a quanto detto una considerazione banale, dettata dal buon senso
che spesso latita tra gli amministratori. E’ ragionevole pensare che un buon
80% dei nostri rifiuti (in massimo grado contenitori e imballi) provengano
da supermercati e centri commerciali. In molti Paesi e in taluni comuni
illuminati del nostro i luoghi di “conferimento” sono annessi ai centri
commerciali.
Ovvero il cittadino riporta la parte più voluminosa delle nostre discariche
(contenitori e imballi d’ogni tipo) nello stesso luogo da dove li ha presi.
Nessuno sforzo supplementare: tanto in quel luogo ci va comunque per
approvvigionarsi.
Se si adottasse un sistema del genere credo che il numero di quei bidoncini
variopinti fuori dai nostri condomini, così vulnerabili (asportabili,
rovesciabili da animali, incendiabili da teppisti) potrebbe essere molto
contenuto, così come i costi del porta a porta.
E sin qui parliamo di un processo finalizzato al riciclaggio (ovvero
distruzione, rilavorazione, con relativo dispendio energetico). Ma chiunque
sia dotato di una minima coscienza ecologica sa che i volumi delle
discariche sarebbero quasi azzerati se in luogo del riciclaggio si
praticasse il riutilizzo, il consumo alla spina, il cosiddetto Waste Zero.
Leggo dal depliant a proposito del vetro la didascalia “Utilizzando le
bottiglie di vetro usate si risparmia il 95% di energia che servirebbe per
produrne di nuove”, e mi viene da ridere perché al suo fianco c’è l’immagine
della campana dove le bottiglie integre vengono “conferite” per farle a
pezzi e rilavorarle, piuttosto che un sistema di raccolta del vuoto a
rendere.
Ho un bimbo di 2 anni e in un anno acquisto 365 bottiglie di latte. Non
trovando il vuoto a rendere produco una montagna di plastica. Sarebbe bello,
come al tempo dei nostri padri, poter recarmi al dispenser del latte con la
bottiglia in vetro sterile e riutilizzarla per tutto l’anno.
E’ un’utopia? Direi di no. Nel Bel Paese esistono i Supermercati Ecologici e
gli Eco Point dove si pratica il consumo alla spina, che è l’unico modo per
non trasformare il nostro pianeta in una pattumiera, e per far si che la
nostra provincia non sia più la terra dei fuochi.
Basta informarsi su Google e innescare un meccanismo virtuoso in quella
direzione. Perché l’ecologia in massima parte non è una questione di fondi
ma di etica, informazione e buon senso.
E di buon senso in questo “Separiamoli in casa” ce n’è davvero poco.
Gentile assessore, sarebbe dunque il caso di avvicinarsi alla gente e ai
suoi bisogni, parlare di “buttare la monnezza” e non di “conferire i
rifiuti”, e soprattutto evitare meccanismi vessatori, affinché la causa
ecologica sia la tensione verso il bene comune, e non una gogna calata
dall’alto da vivere con fastidio e da aggirare con sotterfugi. Altrimenti è
una battaglia persa.
Gero Mannella (yerman@tin.it)