Presentazione del libro "Il sole di Stagno"
Capua - 16 Novembre 2006
Articolo e foto di Marilena Lucente
|
|
|
Capua, 16 Novembre. Penisola sorrentina. Una teoria di paesaggi che alternano
agrumeti e campanili, scogliere a strapiombo sul mare e piazzette raccolte.
“Il sole di stagno” si legge con la penisola negli occhi e dopo un po’ ci si
ritrova in un altro paesaggio. Il sole c’è, sempre, ancora. I luoghi che
svela sono radicalmente diversi: lontani dalla oleografia, dalla
consolazione, dalla bellezza.
Vincenzo Aiello giornalista, grande lettore (e recensore) di libri, in
penisola ci vive da sempre. Per questo l’ha resa protagonista della sua
prova narrativa. Nelle pagine, si cammina tra Piano e Meta, al più ci si
spinge sino alla Solara, seguendo le storie di Ubaldo e Tonino, trenta anni
cadauno e una vita pericolosamente in bilico tra rassegnazione e
disperazione.
Il libro è stato presentato venerdì scorso nella libreria Guida di Capua.
Insieme a me, Angelo Petrella, autore di “Cane rabbioso”, e ovviamente,
l’Autore. Letture intrecciate e sovrapposte, le nostre, intorno ad una
storia irrimediabilmente attratta dalla realtà.
A puntellare le rovinose esistenze dei due antieroi vi è una profonda
passione per le parole. Ubaldo, giovane rampollo di una famiglia di
avvocati, vuole studiare Lettere. Ma il buon senso e la acribia paterna
provvederanno a portarlo sulla giusta via. Tonino invece è il giornalista di
provincia: una manciata di righe per raccontare la realtà su testate dai
nomi emblematici – Sosta Vietata, Area Metropolitana - una vecchia
cinquecento per inseguire la cronaca, un continuo via vai di appuntamenti
organizzati dalle associazioni – cattoliche, verdi e non solo - per cercare
di fare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Eppure entrambi dalle parole chiedono e vogliono qualcosa di più. Ubaldo
legge la Bibbia, si inerpica in complicate letture esegetiche e tutto quello
che guadagna con la redazione delle querele lo investe nell’acquisto dei
prestigiosi volumi della Fondazione Valla. Tonino si nutre di passioni più
corsare e avventurose. Onnivoro lettore di libri, dalla verità illuminata
dei meridionali (Sciascia, Bufalino, Camilleri, Ferrandino ) al realismo
strampalato di Pennac e dei fumetti di Natan Never, Tonino scava dentro i
libri, come un cane da tartufo. Vuole sapere tutto, raccogliere tutto. “La
parola bella seduce, quella saggia conduce”. Le parole dilatano i confini
del mondo, del suo mondo.
Però in penisola, le parole hanno un doppio pericoloso. Alimentano malsane
curiosità, pettegolezzi, morbosità. “L’inciucio” come lo chiama l’autore,
scava profondi solchi di solitudine. E anche l’amore, così come lo conoscono
i due personaggi, è qualcosa di molto vicino alla solitudine. Un amore
sognato e, ancora, alimentato di poesie. Parole in rima. Legge e rilegge le
cose che scrive, Tonino. Così il suo Autore. Che legge e rilegge gli autori
che sanno raccontare le città “ferite a morte”. Tra frane e abusivismi
edilizi, tra confusioni sentimentali ed politiche, nel cuore di un sud che
“ti uccide a poco a poco”, la scrittura di Aiello, interessante ed
eccentrica, rivendica la necessità della curiosità e soprattutto
l’ostinazione alla comprensione. Bisogna capirla, questa terra. Poi viene il
resto (e il bello). |
|
|
|
|