(pubblicato il 5 Nov. 2006).
Tashome è un etiope di un paese vicino ad Addis Abeba. Oggi è autista del
pulmino che ci porta a visitare il nord dell’Etiopia con un gruppo di amici con
cui abbiamo un grosso affiatamento conseguito viaggiando assieme in parecchi
paesi del nostro meraviglioso pianeta.
“Ho la patente di quinto grado!”, quasi ci grida Tashome e sorride gioioso
mostrandoci i suoi denti bianchissimi.
Tashome è contento perché ora riesce a guadagnare benino col suo lavoro, che
gli procura anche qualche arrotondamento con le mance che riceve dai turisti.
Ma non è gentile e disponibile con tutti per questo. Tashome è un uomo
simpatico, di grande disponibilità, di grande comunicativa, capace di
trascorrere ore ed ore al volante del suo pulmino per strade che, a volte,
chiamarle mulattiere è un complimento.
Ashu, la nostra guida, prende un poco in giro Tashome, che é un ex contadino e
ha passato tutta la trafila dei lavori di campagna. E’ nato con una gambetta
non proprio a misura e perciò il papà gli assegnò i lavori più semplici e meno
faticosi come quello dello “spaventapasseri”.
Si, lo spaventapasseri.!
In Etiopia si usa costruire un piccolo ripiano ad altezza d’uomo al centro
delle colture che si vogliono salvaguardare dalle incursioni degli uccelli. Su
quel ripiano si sistema la bimba o il bimbo destinato a spaventare gli uccelli
facendo ruotare intorno alla propria testa una corda avente un sasso legato ad
un estremo. Il sasso tiene tesa la corda, mentre la rotazione della corda
produce un suono di frequenza variabile che spaventa gli uccelli e li dissuade
dal beccare i prodotti di quel campicello.
Evidentemente gli uccelli non si spaventano, lì, di un comune spaventapasseri
fatto con gli stracci perché i contadini etiopi hanno abitualmente il corpo
coperto di abiti consunti.
Ma intanto Tashome cresceva forte e robusto ed anche la sua gamba più debole
metteva abbastanza giudizio. E così il suo papà se lo portò appresso per i
campi, i cui lavori, un poco alla volta, non avevano più segreti per Tashome,
che era felice ed orgoglioso di lavorare a fianco del suo papà. Il suo
carattere allegro era contagioso per quanti lo avvicinassero e perciò era
ricercato non solo da parenti ed amici, ma anche da padroncini che ricercavano
la sua competenza e apprezzavano la sua capacità di lavorare e trascinare i
suoi compagni di lavoro.
E Tashome incominciò ad osservare il suo mondo del lavoro, a considerare i
problemi dei suoi compagni, a portare conforto a quanti ne avevano bisogno,
convincendosi sempre più che il suo paese, l’Etiopia, avesse bisogno di meno
contadini e di più persone capaci di poter un giorno affrontare e risolvere i
problemi del suo paese.
Ma Tashome non aveva studiato perché il papà l’aveva portato nei campi sin da
bambino. Come poteva migliorarsi? Aveva un piccolo risparmio e la capacità di
guidare e fare piccole riparazioni ad una vecchia auto del suo ultimo
padroncino.
Investì così le conoscenze che aveva per conseguire la patente di guida, che,
con l’indispensabile aiuto di una “bustarella”, divenne di quinto grado.
E ora Tashome è alla guida del nostro pulmino, il cui pavimento ci è stato
fatto da lui trovare cosparso di erbe e fiori all’aeroporto di Addis Abeba: un
benvenuto locale molto gradito da tutti noi.
Veste solo colori della sua Etiopia (giallo, rosso e verde), ha la barba alla
Menelik; balla, canta e ascolta le canzoni della sua terra; preferisce mangiare
comunque e dovunque il piatto tipico costituito da una sfoglia di ingera,
consumata come pane e ricavata dalla cottura di una pastella ottenuta facendo
fermentare i piccoli semi del tef, un’erba coltivata sugli altipiani. Nel
centro dell’ingera vengono versati pezzetti cotti di manzo, pollo o pecora e
salse forti. Si strappa con le mani un pezzo di ingera e con esso si prende un
pezzo di carne che si intinge nella salsa. Poi si porta tutto alla bocca.
Ma Tashome è enormemente felice se riesce ad avere la carne cruda da intingere
nel berberè, peperoncino triturato, considerato medicamentoso.
Quindi anche nella sua nuova condizione Tashome ha conservato tutte le usanze e
gusti della sua infanzia, nulla rinnegando, anzi tutto ricordando quasi con
nostalgia, tanto da darci dimostrazione dell’uso del falcetto e tagliare il
grano in un momento di sosta.
Tashome, stuzzicato dalla nostra guida Ashu, ci ha mostrato la foto della sua
futura sposa. Ha detto che è già d’accordo con lei, ma, fedele alle tradizioni,
manderà i tre più anziani della sua famiglia a chiederla in sposa e a
concordare le condizioni del matrimonio.
A metà novembre dovrebbe sposarsi.
Auguri, mio buon Tashome.
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