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(pubblicato il 1° Giu. 2006).... ci eravamo sorteggiate le squadre del girone a cui apparteneva l’Italia e
la squadra di calcio della nostra nazionale fu assegnata a me, la squadra della
Svezia all’amico Gigino Morrone e quella del Paraguay a Mimmo Torella. Gli
arbitri degli incontri furono mio fratello Umberto e Geppino “Parola”, dolce
amico a cui avevamo affibbiato il cognome del centromediano della Juventus e
della Nazionale italiana, Giuseppe Parola, giustamente famoso per le sue
eleganti e precise rovesciate a cui Geppino si piccava di identificarsi nelle
sue quasi sempre maldestre rovesciate. Geppino accettava così di buon grado
quella identificazione che oggi non ricordiamo più il suo cognome. A completare
il quadro va detto che Umberto e Geppino si alternavano nei ruoli di arbitro e
di radiocronista, imitando, in questa mansione, toni e voce del popolare Nicolò
Carosio, che riusciva a farci “vedere” le partite pur non essendoci, allora, la
televisione in Italia.
E in un assolato pomeriggio di fine di giugno, le “nostre” squadre di calcio
dell’Italia, della Svezia e del Paraguay scesero in campo per disputarsi gli
incontri di qualificazione al girone finale…..Non vorrei che il mio unico
lettore mi abbandonasse qui, ormai disperando di comprendere di cosa sto
scrivendo, per cui torno un poco indietro. Parecchio indietro, in verità..
Nel 1938 il torneo finale della Coppa Rimet, oggi Campionato del Mondo di
calcio, fu ospitato dalla Francia e vinto dall’Italia, che bissò il risultato
del 1934,. Esso si svolse in un’atmosfera internazionale già gravida di
minacce, che poi, purtroppo, si concretizzarono in guerre ed eccidi in più
continenti, provocando anche la sospensione della Coppa Rimet come tutte le
altre attività sportive internazionali.
Nel 1950 le cose erano cambiate in meglio e molte ferite della guerra erano
state sanate. Così fu possibile ripristinare anche il torneo per l’assegnazione
della Coppa Rimet. La fase finale della Coppa fu ospitata dal Brasile, la cui
squadra di calcio fu subito pronosticata vincente anche per la sua indubbia
bravura.
Noi ragazzi e giovani seguivamo molto il calcio ed era l’unico sport, che io
ricordi, ad essere trasmesso dalla Radio. Allora la TV non c’era in Italia.
Nicolò Carosio era il radiocronista principe e la sua voce era familiare a noi
tifosi.
Le partite della Nazionale Italiana erano trasmesse per intero, non così quelle
del campionato italiano di calcio, delle quali solo successivamente si iniziò a
trasmettere solo il secondo tempo con i risultati parziali delle altre partite.
Nelle ultime giornate del campionato però non veniva trasmesso il secondo tempo
né di una partita che riguardava squadre coinvolte nella retrocessione né
quelle in lizza per la conquista del titolo di Campione d’Italia, né venivano
trasmessi i risultati parziali delle altre partite e i risultati della giornata
di calcio venivano trasmessi solo al termine di tutte le partite.
Altri tempi, allora. Come si campava senza il telefonino, la TV, la play
station e le tante diavolerie odierne?
Io, mio fratello Umberto, Mimmo Torella, Gigino Morrone, Geppino “Parola” ci
costruimmo la nostra personalissima ed economica “play station” per giocarci la
Coppa Rimet. In verità volevamo giocare le partite del girone a cui apparteneva
l’Italia e, novelli stregoni, influenzare così i risultati che poi si sarebbero
verificati sul campo, lì in Brasile, o conoscerli prima del tempo! E così
avremmo fatto anche per le partite del girone finale, per vedere se ci
azzeccavamo!
Nel “campo di calcio” disegnato sommariamente sul ripiano di marmo del tavolo
da cucina schieravamo le squadre di calcio i cui giocatori erano tappi della
birra o di gassosa, con la concavità verso l’alto e in cui era incollata un
piccolo cartoncino con i colori della squadra schierata e i nomi dei giocatori
della formazione base. Allora non s’usavano le sostituzioni nel corso della
partita e quindi la rosa dei titolari delle squadre era molto limitata. Il
pallone era formato da un pezzo di gesso, preso a scuola, e debitamente
arrotondato durante il disegno delle linee del campo. Da un cartoncino erano
ricavati i pali delle porte e fissati al loro posto con carta gommata. Il
tappo-giocatore era lanciato sul pallone con uno scatto del pollice sull’indice
o del medio sul pollice della mano. Il pallone colpito dal tappo veniva
indirizzato verso la porta avversaria o verso un tappo-giocatore amico in
posizione più favorevole, se ci si riusciva. Il tappo-giocatore poteva essere
anche solo spostato per ostacolare il tiro di un tappo-giocatore avversario
Se il “giocatore” di una squadra urtava un “giocatore” dell’altra squadra
spostandolo al di fuori di un cerchio con raggio il doppio del tappo, era
punizione. Se questo avveniva nell’area di rigore, il calcio di rigore ne era
una conseguenza. In modo analogo anche le altre regole erano adattate alla
nuova situazione.
E così,….in un assolato pomeriggio di fine giugno, le “nostre” squadre di
calcio dell’Italia, della Svezia e del Paraguay scesero in campo per disputarsi
le partite degli incontri di qualificazione al girone finale. Sentivo la
responsabilità di essere l’Italia, che proprio il 4 maggio dell’anno precedente
aveva perso nell’incidente aereo di Superga quasi l’intera squadra del Torino e
quindi molti e validi nazionali. Giocai battendomi come un leone e liquidai
facilmente, ahimé, la Svezia di Gigino Morrone e con grandissima difficoltà il
Paraguay di Mimmo Torella, sempre bravo in tutti i giuochi che facevamo coi
tappi. Così la mia Italia risultò prima del girone a cui apparteneva ed ammessa
quindi alla fase finale. Grandi furono i nostri salti di gioia per il bene
augurante risultato e calde manate sulle spalle ci scambiammo congratulandoci a
vicenda, con la giovanile certezza che il campo, poi, in Brasile, avrebbe
confermato il risultato del nostro piccolo torneo. E quanto fu cocente la
delusione provocata dall’eliminazione dell’Italia dalla fase finale quando le
partite vere si giocarono! Non continuammo più la nostra Coppa Rimet non solo
per il rammarico di essere stati privati di un possibile titolo e
dell’assegnazione definitiva della Coppa perché vincitori di tre edizioni del
torneo, ma anche, se non soprattutto, perché nessuno di noi volle fare la
Svezia, quella Svezia che in Brasile ci aveva battuto e si era qualificata al
girone finale. Al nostro posto. |
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Le squadre schierate...
Una fase del gioco
Rigore!
foto © Casertamusica
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