Te li do io i rifiuti!

Ovvero come un tempo si riciclavano i rifiuti 

Articolo e foto di Lorenzo Di Donato


1 Aprile 2006. Con le strade di Caserta piena di rifiuti, la triade commissariale del Comune di Caserta, senza una parola sui disagi dei casertani e su come e quando alleviarli, riesce solo ad aumentare del 30% la tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) ed ad elevare ancora di più le aliquote dell’ICI, già tra le più alte d’Italia. Per quest’ultima tassa, nessun accenno alla guerra agli evasori totali o parziali dell’ICI... E ce ne sono tanti.
Per i rifiuti solidi urbani neanche un invito e/o una proposta di educare il cittadino a contenerli ed a curarne la differenziazione.


Queste necessità scaturiscono sia dallo stato di disservizio dei contenitori dei rifiuti differenziati, (siamo poi certi che quanto viene differenziato dalla buona volontà dei cittadini più sensibili al discorso ecologico sia poi veramente …differenziata?) sia dallo sperpero di contenitori vari e a volte plurimi che avvolge qualsiasi alimento e che poi si ritrovano nei contenitori dei rifiuti umidi. Siamo così poco educati al risparmio e alla limitazione dei rifiuti che l’affermazione rivolta alla cassiera di un supermercato:”Ho già la busta. Grazie”, è quasi sempre accompagnata da un sorrisetto della stessa, e passi!, e degli altri acquirenti. 

 

Suscita il sorriso chi cerca di evitare lo spreco delle buste di plastica e, con esso, il risparmio che va dai 5 agli 8 centesimi di euro per ognuno di esse!. E’ strano che questo risparmio faccia ridere mentre ci si lamenta del caro vita. Ognuno faccia il conto del costo delle buste di plastica che paghiamo ed usiamo per 365 giorni per una media di tre al giorno. Ci si paga l’aumento dell’energia elettrica di un anno, grosso modo.


La mente mi ritorna spesso a quando (cinquant'anni fa!) il risparmio era prassi naturale, e la riutilizzazione dei rifiuti era così massiccia che a casa mia, sei figli e i due genitori, non si consegnava più di mezzo secchio giornaliero di rifiuti allo “spazzino” (operatore ecologico) che, allora, con un sacco cerato in spalla andava di porta in porta a raccoglierli.
Allora si usava restituire il vuoto di vetro al lattaio e ricevere una bottiglia piena del bianco liquido; acquistare il litro di olio, di vino o di aceto facendoselo versare nella propria bottiglia; la posa del caffè o dell’orzo veniva interrata nei vasi da fiore o di basilico; lo zucchero, il sale, i legumi e la pasta a tubetti, dopo essere stati pesati, venivano versati in un candido tovagliolo; le scatole di latta diventavano, in mano a bravi “stagnini”, innaffiatoi, secchi e secchielli, secondo la loro grandezza, vasi da fiore o per le piante aromatiche, grattugie, fornacelle, bracieri, pezzi di grondaie, tamburelli, etc. 


I pezzi di ferro venivano messi da parte, così come gli stracci ed i vestiti diventati quasi stracci, e consegnati, in cambio di pochi spiccioli o di piccoli oggetti di consumo, ai ferrivecchi e straccivendoli che periodicamente passavano per vie, vicoli e palazzi dando la voce. Ferrivecchi e straccivendoli, che il più delle volte socializzavano con i loro “clienti”, erano per lo più in bicicletta e provenivano da Caivano, Frattamaggiore, Frattaminore, Grumo. Venivano in bicicletta e, a fine giornata, se ne tornavano alla loro casa stancamente pedalando sulla bicicletta gravata ora di un sacco pieno di pezzi di ferro e/o stracci.


Carta, cartone e pezzi di legno venivano conservati per poi essere usati per accendere il braciere durante il periodo invernale. C’era chi usava come combustibile i giornali. Carta e giornali venivano tenuti nell’acqua qualche giorno. Poi si raccoglievano formando delle palle di carta ben strizzata della grandezza di una pallina da tennis. Venivano quindi messe al sole ad essiccare per poi essere usate come combustibile nelle”fornacelle” o nelle semplici stufe costituite da una grossa latta alla cui base veniva fatto un foro per il tiraggio.


Anche le camere d’aria delle ruote delle biciclette, costellate da “pezze” innumerevoli e non più riparabili, non venivano buttate via. Da esse noi ragazzi ricavavamo gli elastici necessari a tenere compatte le palle di carta o di pezza che ci contendevamo in innumerevoli partite a “pallone” nei cortili e piazzette, o per costruirci le rudimentali fionde con cui ci sfidavamo a colpire “buoattelle” poste su rialzi accanto ad un muro


Ma erano altri tempi...

 

Foto scattata stamattina, davanti casa mia...

 

foto © Casertamusica

 

 

 

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