Il viaggio: I ragazzi della Via Tribunali.
Presentazione del libro di poesie di Giacomo Migliore
Articolo di Enzo De Rosa |
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I ragazzi della Via dei Tribunali, edizioni Spring, di Giacomo Migliore è un
viaggio, un viaggio perpetuo. Odisseo raccolse i dolori e le malinconie
dell’umanità e li porto con sé sulla sua nave del ritorno.
La via della vita, la strada, il vicolo della parte greca della città di Napoli
è la via dei tribunali. Il decumano della greca urbs che Nerone amava alla
follia in cui anelava declamare le sue poesie perché sapeva, conosceva la
religiosità di questa città che entusiasmava il cuore, la luna rossa
dell’amore, “e cerase e i rose”, i simboli della grazia e della grandezza.
Seneca fu precettore di Nerone, che non è mai stato pazzo ma buggerato dalla
storia, e Giacomo Migliore, omero napoletano, lo canta con un quadro di parole,
con rime bellissime che nel viaggio del tempo legano l’era antica con la storia
attuale. Lega passato e presente con rime e fili di voci lontane. Il viaggio
come parabola di vita. Il viaggio di ragazzi della via dei tribunali di cui il
Migliore è partecipe: affreschi di episodi, pennellate di vissuti, colori di
sensazioni, un “almost blu” di partecipazioni che seppur chi è cieco delle
conoscenze narrate ne diventa partecipe. Nerone obbligò Roma a non ricevere più
tasse dalla Grecia perché tale nazione, attraverso i suoi pensatori, aveva dato
così tanto al progresso spirituale dell’umanità. Noi cosa dovremmo donare al
nostro cantore per aver ridestato, e così universalizzato, i fiori di un tempo,
l’aria di Napoli che mai dovrà scomparire. Napoli, una città senza la quale,
come diceva uno scienziato, la Terra sembrerebbe un campo di concentramento a
cielo aperto. I nostri occhi piangono di nostalgia, di verità, di bellezza,
leggendo le parole della narrazione che si rincorrono l’un dietro l’altra, poi
ridono di sapore agro dolce della vita. Il cuore declina verso quelle rime di
flutti marosi che si intrecciano in didascaliche grecità come vortici leggeri
che legano i nostri sensi. Viaggio, continuo viaggio come parabola di vita,
quante cose ci fa ricordare Giacomo Migliore, e come se aspettassimo ogni sera
la nostra amata, come se piangessimo con i suoi versi senza lacrime in una
stanza deserta, come se aspettassimo lungo l‘ansa di un fiume, o su un ciglio
di una strada larga e alberata, una persona cara, che tanto ridesta i nostri
ricordi. Come se aspettassimo che arrivi l’amore per prendere con lei un caffè.
Dividiamo con il nostro poeta le sue bellezze, i ricordi di una vita e della
nostra vita, i viaggi e i voli del nostro essere. Il cuore sente, nella
scrittura di Migliore, le parole dei vicoli durante la seconda guerra mondiale
e dopo la guerra, si sente il verso narrato come un cuore che melodiosamente
suona il suo acuto di tromba jazz struggente, fiato anelante di americani che
trovarono Napoli già libera dai tedeschi. I ricordi del nostro io già li
conoscevo non perché visti dalla mia età giovane nei confronti di quei fatti,
ma perché avendo vissuto tanti anni nell’oro di Napoli, nel suo spirito, nel
suo ventre, nei suoi vicoli già mi erano stati fatti vivere e solamente uno
scrittore vero poteva ridestare e far rivedere. Fatti narrati sotto un’altra
millesima sfaccettatura, limite matematico di un’equazione di vita, che
aggiunge ancora un punto all’insieme della verità, senza sovrapporsi ma come
integrale della verità del logos. |
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