Pasqua 2004: cosa rimane?

Caserta – Pasqua 2004 

Articolo e foto di Lorenzo Di Donato


Questa Settimana Santa -che si concluderà con la Resurrezione del Cristo, il pranzo pasquale e la gita di pasquetta, ormai da anni “fuori porta” per la felice scelta di chiudere il parco della Reggia alle orde dei gitanti, anche se così sparisce una delle poche tradizioni di Caserta- è stata ed è piena di manifestazioni e di eventi eccezionali. Infatti, oltre ai riti religiosi ed alle rappresentazioni sacre, questa settimana è caratterizzata dalla sempre più infuocata ed esplosiva situazione in Iraq, che fa incrinare qualsiasi solida convinzione, e dalle non casuali presenze artistico-culturali del discusso film di Mel Gibson, La Passione di Cristo, e del libro di Oriana Fallaci, La forza della ragione.

Il libro della Fallaci ha scatenato ancora una volta dibattiti accesissimi tra chi lo difende come lettura realistica, anche se cruda, degli eventi scatenatisi dall’11 settembre e chi ne contesta l’estremismo espressivo e la visione apocalittica di scontro tra civiltà e religioni.

“La Passione di Cristo”, di Mel Gibson, è uscito in Italia mercoledì 7 aprile, mercoledì santo, data scelta non a caso ma in funzione di una precisa strategia di mercato a cui l’industria americana non fa mai a meno. Giustamente, visto che il film non è e non vuole essere un Quinto Vangelo. Né possiamo scandalizzarci proprio noi se non dimentichiamo che il “Gesù” di Zeffirelli -in diapositive con relativo proiettore, accompagnate da audiocassette e relativo lettore sincronizzato al proiettore- fu venduto a numerosissimi parroci per la proiezione del film anche nelle chiese.

La Settimana Santa è iniziata nel segno che evoca l’ingresso di Gesù in Gerusalemme: il ramo d’ulivo o palma. Laddove si è conservata la tradizione, dopo la Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme con la benedizione delle palme, le Comunità parrocchiali, come la folla degli Ebrei, si è portata in processione intorno al Tempio, la propria chiesa parrocchiale. Il gioioso scambio della palma in segno di pace e fratellanza tra i fedeli ha chiuso il rito religioso, ma il segno della pace è stato da molti portato a casa per la benedizione da impartire alla famiglia nel giorno di Pasqua. E’ un’antica tradizione che non è sufficientemente stimolata e valorizzata dai nostri parroci, ma ancora viva negli antichi casali di Caserta. Molti ancora hanno conservato l’usanza di portare la palma ai propri defunti, deponendola sulle loro tombe o davanti elle foto esposte in casa: augurio che essi possano oggi essere in pace e dare pace e desiderio di farli compartecipi delle proprie gioie e delle proprie pene, oggi che possono comprenderle pienamente.

Il mercoledì, dopo il tramonto, come vuole la tradizione, nel refettorio dei Padri salesiani di Caserta, il gruppo di frequentanti il “Corso di ebraismo biblico” ha dedicato un incontro alla celebrazione della Pasqua ebraica, l’importante festa che commemora l’esodo del popolo d’Israele dall’Egitto. La festa è celebrata con un pasto cerimoniale - il sèder - che consiste di cibi prescritti, ciascuno dei quali simboleggia alcuni aspetti delle sofferenze patite dagli israeliti durante la loro schiavitù in Egitto: l’erba amara (la schiavitù in Egitto) intinta nell’aceto (le lacrime delle donne ebree in schiavitù) o nel Karoset (miscuglio di mele, noci, vino dolce, spezie in ricordo del miscuglio di argilla e paglia con cui facevano i mattoni in Egitto); il pane azzimo, come quello che portarono via dall’Egitto perché non aveva avuto il tempo di lievitare; l’uovo, simbolo di fertilità ma anche della fragilità dell’uomo, etc.. Durante il sèder, aperto con il canto di benvenuto "Hinne mah tov" e l’accensione delle sette luci della Memoràh, é stato narrato il racconto dell’esodo, intercalato dalle preghiere al Signore per ringraziarlo della sua protezione e da canti in ebraico fino al popolare “Alla fiera dell’Est” , metafora della sempre presente Giustizia divina.

Ma la Settimana santa, per noi cristiani, è tutta racchiusa nei riti e nelle tradizioni del Triduo pasquale, triduo della morte, sepoltura e risurrezione di nostro Signore Gesù. Di questi tre momenti, quello della sepoltura, con la visita dei fedeli al cosiddetto “Sepolcro” e la celebrazione comunitaria della Via Crucis, è quello più sofferto e più carico di storia umana. Il tramonto della civiltà contadina è leggibile anche nella sempre carente presenza nei “sepolcri” dei semplici addobbi floreali ottenuti dalla germinazione del grano: quanto tempo ancora resisterà questa tradizione? Invece il tradizionale “struscio” -nome onomatopeico derivante dallo “strusciare “ delle scarpe dei fedeli recantisi in folla, e perciò lentamente, da un “sepolcro” all’altro e il “frusciare” dei vestiti nuovi indossati per l’occasione, eccezionale, di mostrarli a tanti altri- è in pratica sparito, forse per lo spostamento delle funzioni nelle tarde ore serali e per gli orari di lavoro sempre più totalizzanti.

Resiste la Via Crucis, anzi ha nuovo vigore, per l’impulso dovuto alla ripresa televisiva di quella che si svolge al Colosseo nonché per alcune efficaci spettacolarizzazioni che richiamano folle di fedeli e di curiosi. L’antica processione del Calvario, con il Crocifisso e l’Addolorata della chiesetta di s. Giovanni Battista, ormai non si svolge più. Ma il grande Crocifisso -esposto nella chiesetta, il Venerdì Santo, come pietoso corpo deposto- suscita ancora pietà e devozione negli antichi fedeli, che non tralasciano di visitarlo, confidargli pene ed afflizioni, rivolgergli preghiere e ringraziamenti.

La processione della Domenica delle Palme

 

 

Due momenti del "sèder"

 

Il "sepolcro" preparato nella chiesa di S. Simeone profeta a Sala

 

Processione della Via Crucis

 

 

 

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