Era ora che qualcuno dicesse basta all’ossessionante lotta che la
nostra società porta alla bilancia, imponendoci disumani sacrifici
della tavola, nel tentativo di prolungarci smodatamente la
giovinezza inseguendo l’innaturale moda-spettacolo che ci vuole
vestiti da ragazzini o ragazzine anche oltre i cinquanta.
E così non è raro vedere: mamma palestrata, insaccata in
attillatissimi jeans e in T-shirt generosamente scollati, senza un
capello fuori posto e men che mai bianco, abbastanza nervosetta per
aver saltato il pasto per rientrare nei limiti di peso programmato o
per aver tradito la dieta con qualche cioccolatino di troppo; padre
stressato dal lavoro e dalle fatiche impostegli nella costosa
palestra in cui si illude di disintossicarsi dallo stress; entrambi
con sempre meno tempo da dedicare al figlio e/o alla figlia che,
diamine!, sono solo capaci di rompere.
Ma, finalmente, Catherine Deneuve ha detto basta alla lotta
quotidiana con cerniere e bottoni che non si chiudono; ha invitato
le ultraventenni a buttare alle ortiche il modello “veline”, o
le loro tristi caricature che la TV ci ammannisce senza pudore, col
rischio di essere comunque fuori posto; ha dettato le nuove regole
del look femminile over ..anta: profilo tondo e morbido, abiti
sciolti e drappeggiati, sorriso rilassato di chi ha smesso di
spiarsi malevolmente allo specchio e ha mandato al diavolo la linea
del grissino. Per vivere bene gli “anta”, ha affermato, bisogna
fare la pace, finalmente, con le curve, e trovare l’elisir dell’eterna
giovinezza nell’entusiasmo per un presente ancora pieno di
interessi e di impegni, di un futuro da progettare per essere
vissuto in pienezza ed armonia con se stessi e con quanti ci sono
vicini per vincoli di sangue, di amicizia e di lavoro.
Ed io sono con Catherine! Non solo perché è una bella donna ,
dal “profilo tondo e morbido” carezzato da “abiti sciolti e
drappeggiati”, ma anche perché la dieta l’ho fatta già, per
anni e per forza, durante la mia infanzia, durante i terribili anni
della seconda guerra mondiale che aveva comportato restrizioni
feroci nell’approvvigionamento
e nella distribuzione delle vettovaglie.
Quante volte sono andato a dormire dopo aver ingollato solo il
“brodo” ottenuto dalla prolungata bollitura dei finocchi, per
rendere tenere anche le parti verdi. E ancora oggi mi viene qualcosa
alla gola quando qualcuno parla della polvere di piselli,
distribuiti dagli U.S.A. nell’immediato dopoguerra. Si faceva
tutto con quella farina di piselli, da sola o mescolandola con tutto
quanto era disponibile, ed era poco, e potesse servire per farle
perdere quell’odore disgustoso. Come attaccava la gola la
polentina fatta con quella polvere. Forse è per questo che ancora
oggi non tollero le minestre in busta, quelle preparate. O perché
una volta suor Pacifica, mia zia monaca, visto che non mangiavo la
polentina che mi aveva offerto, ebbe la buona idea di farmene
mangiare una scodella servendomene un cucchiaio alla volta,
accompagnati dall’esortazione: ” Su, un cucchiaino per Gesù!…Questo
cucchiaio è per san Giuseppe poverello!….E quest’altro è per
Maria, anche nostra madre!…”, e così continuando fino ad
esaudire la lunga litania e il contenuto della scodella.
Ma poi, quei tristissimi anni passarono, anche se più lentamente
di quanto i giovani di oggi possano immaginare, e incominciammo a
mettere carne nei vestiti. La pacchia è durata poco, però, perché
mode feroci, frutto dell’abbondanza e del consumismo smodato,
hanno imposto ….il digiuno forzato, nuovamente!, e più
ferocemente di quello che avevo subito nell’infanzia. Almeno
allora non sapevo che esistesse tanto ben di Dio e potessi
addirittura cibarmene! Se allora il dottore, appena mi ammalavo,
diceva mia madre “Questo ragazzo ha bisogno di un pranzo più
sostanzioso! Vedite chelle che putite fa”, oggi, anche per il più
banale mal di gola, mi sento imporre dal medico di famiglia: ”Ve
lo dico sempre: dovete togliere quei quattro, cinque chili in più.
Alla vostra età, per poter dimagrire di tanto, dovete fare una
dieta di 800 calorie al giorno, massimo 1000!”: con tono
perentorio e con un dito alzato alla fra Cristoforo, manco avesse
davanti il modello di una rotondissima scultura di Botero.
No, no! Non voglio digiunare! Voglio godere le mie rotondità che
gli anni hanno voluto finalmente donarmi, rotondità che, da
bambino, mi facevano distinguere il solido “bell’ommo” dal
misero “spilapippa” e la “bella femmina”, gioiosa
anche solo a guardarla, dalla rinsecchita “quaresima”.
Finalmente sono diventato “nu bell’ommo”. Vero Catherine?
E non ci voglio rinunciare!
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