Ho
tutto ancora così vivo nella mente, che “mi sembra oggi”, come s’usa
dire.
E’
una bella giornata di primavera a Caserta, questo 25 aprile 1945. Io,
intorno alle 11, ragazzetto di undici anni della prima classe della scuola
Media “Vanvitelli”ospitata nell’attuale Palazzo del Governo, sono
abbastanza intento ad ascoltare il professore Mainardi mentre spiega una
qualche regola sulle operazioni tra frazioni. E’ d’obbligo l’ “abbastanza”
perché certamente il sole che entra dal balcone dell’aula, situata
proprio nella sala posta sul portone d’ingresso dell’attuale Questura,
mi invita a godermelo in ben altro luogo, nella “campagnella” dov’è
oggi la Clinica sant’Anna. D’altro canto, in genere, seguo con
attenzione le lezioni dell’anziano professore che riesce a far nascere
in me quell’interesse per la Matematica, che, consolidatosi poi negli
studi successivi, mi porterà a vivere questa Scienza con gioiosa
passione.
Quest’equilibrio
instabile tra attenzione e sogno è rotto, improvvisamente, dal suono del
campanone della Cattedrale, subito seguito dallo scampanio festoso delle
restanti campane della chiesa maggiore, e, a seguire, con suoni più
lontani ed attutiti ma da noi via via riconosciuti, delle campane della
chiesa del Redentore, di san Sebastiano, di sant’Antonio, dei Salesiani,
di sant’Anna.
Il
professore Mainardi rimane immobile accanto alla lavagna, con il gesso in
mano, e sembra disegnare egli stesso un grosso punto interrogativo. Noi
ragazzetti ci scambiamo sguardi sorpresi e mormorii di meraviglia. Dal
balcone, aperto per aerare l’aula, si sente entrare un brusio, che
cresce fino a diventare confuso tramestio, da cui si leva ” E’ finita
la guerra! I tedeschi si sono arresi! La pace è stata firmata! Gli
Alleati hanno vinto!” sempre più forte, fino ad essere distinto.
Mainardi
va, finalmente, al balcone e noi subito lo raggiungiamo per guardare nella
piazza, dove s’è formata una discreta folla festosa che inneggia all’evento.
Appaiono bandiere, sia quella italiana, ancora con lo stemma sabaudo, che
quelle degli Alleati, mentre i Vigili urbani escono in bicicletta dal
Comune, allora in palazzo Castropignano, per assicurare l’ordine, se ce
ne fosse bisogno. Il buon Mainardi riesce a scambiare qualche battuta con
persone in piazza e, con gioia contenuta, ci comunica le poche notizie che
ha raccolte. Noi festeggiamo con lui e, con inevitabile infantile
esagerazione, tra di noi, forse pensando alla possibile festa.
Il
professore non riesce a farci rientrare in aula e, forse, neppure lui ha
molta voglia di rientrare perché vuole maggiori e più dettagliate
informazioni. E s’incurva pericolosamente sulla balaustra del balcone
per chiederne ad un bidello che fa capannello, con altri, sul portone.
Arriva qualche professore per la quarta ora e viene investito di domande a
cui non sa dare risposte precise, perché anche lui le ha apprese per
strada. Al portone compare anche qualche professore con la scolaresca, di
quelle che occupano i vani al piano terra. Il consolidato ordine della
scuola è ora sconvolto. Chi entra e dà quelle poche notizie che ha, chi
esce per raccogliere notizie e particolari. C’é chi gioisce, chi è
scettico, chi non ci crede.
Così,
grandemente atteso, arriva il comunicato del preside contenente le notizie
apprese dall’edizione straordinaria del Giornale radio e l’ordine dell’immediata
sospensione delle lezioni in segno di giubilo.
Così
noi ragazzetti ci troviamo in piazza Vanvitelli a festeggiare qualcosa che
non ancora comprendiamo, ad essere testimoni di un evento che entrerà nei
libri di testo e nella coscienza civile degli italiani. Ora, mentre
sciamiamo per piazza Vanvitelli confondendoci con i grandi in festa, ci è
tutto confuso, anche perché abbiamo già sentito gridare “la guerra è
finita!”: due anni fa, il 25 luglio del 1943, alla caduta del Fascismo;
poi l’otto settembre dello stesso anno, alla firma dell’armistizio con
gli Anglo-americani; ed infine nella primavera del 1944, all’arrivo a
Caserta degli Alleati. Ma questa guerra, per finire, quante volte deve
finire?!
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