Le festività pasquali sono
ricche di tradizioni, ovunque. Caserta ha una maggiore ricchezza di
tradizioni in quanto la città borbonica ha acquisito quelle che già
vivevano nei borghi della vecchia città.
Lasciando ad altri
-appassionati, cultori e studiosi- le indagini sulle origini delle
tradizioni pasquali a Caserta e provincia, lascio che le memorie della mia
vita vissuta affiorino alla mia mente, per assaporarle ancora una
volta e gustarle nella loro semplicità e nella ricchezza della loro
spessa umanità. E’ la mia “palma” offerta a quei pochi che leggono
le mie note.
Lunedì Santo del 1940.
Nella mia classe, II elementare, ciascuno di noi piccoli alunni offre al
maestro Russo il ramoscello di ulivo benedetto, la “palma”, in segno
di stima, di affetto o di semplice cortesia in quanto “così si usa”.
Ed il nostro maestro , in genere serio ed autorevole, accoglie con un
sorriso questo piccolo segno di riconoscenza per la sua opera e, non
potendolo fare con tutti, “scambia la palma” con qualcuno di noi più
discolo o ancora fresco di rimprovero. Uno solo tra noi gli offre non il
semplice ramoscello di ulivo ma una palma in cellofan e nastrini,
ricevendo dal maestro, a me sembra, un sorriso più largo e pieno. Quanto
ho invidiato colui che ha potuto spendere la mezza lira per quella palma
che ora gli permette, ne ero proprio convinto!, di tornare al suo posto
col petto impettito.
Quante palme ho offerto e
scambiato nella mia vita! Quante differenze in quel gesto di gentilezza,
di pace!
In fanciullezza mia madre
mi invogliava a “dare la palma” non solo ai parenti ed ai miei “compari”
di Battesimo e di Cresima -allora, durante la Guerra, si usava fare prima
Comunione e Cresima contemporaneamente. “C’è la guerra. E’ meglio
fare subito anche la Cresima.”, così all’altro mondo ci andavamo
cresimati!- ma anche ai condomini del nostro palazzo, in via Vico. La cosa
mi costava un poco, anche non poco, perché i nostri rapporti con loro non
erano sempre facili. Basta ricordare alcuni dei loro soprannomi dei nostri
condomini, non sempre legati ai mestieri svolti: Cardalana, Sbraciacennera,
Faccia tagliata, ‘a Graunara, ‘o Stagnariello.
Però, la Domenica delle
Palme, per me - e per tanti ragazzini come me- era anche una dei pochi
giorni in cui ricevevo la “mazzetta” dai parenti, dai compari e, poche
volte, da amici a cui portavo la palma. Come un ragioniere, avevo il mio
elenco di …oblatori, distinti in due classi, a seconda della
generosità. Per quelli generosi ero molto attento alla scelta dell’ora
in cui dare la palma, onde evitare di trovare, ad esempio, la comare “stretta”
e non il compare “largo”, o viceversa. Per i non generosi, l’ora non
aveva alcuna incidenza sulla mancata, eppure tanto attesa, mazzetta.
Poi gli anni sono passati
e, con essi, anche queste piccole attenzioni e cortesie che, in fondo, ci
rendevano la vita più simpatica.
Da docente ho vissuto tutte
le modalità dello scambiarsi la palma. Negli anni sessanta, il Lunedì
Santo, uscivo dalle classi con un bel mazzo di palme. L’ora era “saltata”
piacevolmente in piccole reciproche cortesie e, non poche volte, colloqui
sorridenti e perciò più efficaci, forse, certamente utili a legare me e
gli allievi.
Negli anni settanta,
qualche allievo che timidamente mi offriva una palma era incenerito dagli
sguardi stizziti o di commiserazione di “impegnati” compagni. Dalla
metà degli anni ottanta c’è stato un recupero della tradizione, meno
frequentata ma più cosciente del significato anche liturgico della
Benedizione delle Palme.
A ciò non è stato
estraneo la riscoperta dei valori cristiani, negli anni settanta tanto
bistrattati, e il nuovo spazio cercato, e trovato, dalla liturgia in
ciascuna parrocchia. La Benedizione delle Palme è fatta in lingua
italiana nel cortile antistante la chiesa o nell’atrio ed è seguita
quasi sempre da una processione per le principali strade della parrocchia,
durante la quale i fedeli agitano i rami di ulivo in segno di festa.
E’ simpatica, ma non da
tutti conservata, anche l’altra tradizione: un piccolo ramo di ulivo
benedetto, bagnato di acqua santa, viene usato dai coniugi per benedire la
propria famiglia prima del pranzo pasquale e le stesse pietanze pasquali.
Nella mia infanzia era il nostro parroco a benedire la nostra casa,
comprese le vivande, la stessa Domenica di Pasqua o il Sabato Santo,
appena dopo la “Gloria”, che allora avveniva nella mattinata del
sabato. .
Poi molto è cambiato: il
consumismo, il Vaticano II e le innovazioni tecnologiche addensatesi in
questi ultimi vent’anni sono state capaci di travolgere gran parte dello
stile di vita precedentemente consolidato.
Fotografie e articolo di
Lorenzo Di Donato /
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Musica & Arte" |
La
processione delle palme
La
benedizione delle palme |