In questi giorni mi è giunta una E-mail in cui vengono denunciati i soprusi, le angherie, la
privazione di libertà e dignità umana delle donne afgane.
Eccone uno stralcio
significativo: “Il governo dell'Afghanistan ha scatenato una
guerra contro le donne.…. Le donne non hanno il permesso di lavorare e
nemmeno di uscire all'aperto in pubblico senza un parente maschio;
professioniste come docenti, traduttrici, dottoresse, avvocatesse, artiste
e scrittrici sono state costrette a lasciare il lavoro e costrette a
rinchiudersi nelle loro case….. Le abitazioni in cui è presente una
donna devono avere le finestre oscurate con la vernice in modo che
non sia vista dall'esterno…..Le donne, fino al 1996, hanno goduto di una
relativa libertà, della possibilità di lavorare, di vestire più o meno
come volevano, potevano guidare e apparire in pubblico da sole….. Donne
che erano educatrici o medici, o semplicemente abituate alle più
elementari libertà sono ora duramente limitate e trattate come esseri
subumani nel nome del fondamentalismo islamico. …”
E le nostre donne, e noi
stessi, l’8 marzo 2001, stiamo qui a trastullarci, ad andare in pizzeria,
ormai dimentichi che la festa dovrebbe essere sia la commemorazione della
sorte delle operaie perite nel rogo di una fabbrica tessile alla fine dell’800
sia la richiesta di forte dignità politica e sociale delle donne.
In India, ad Ahmedaband,
ormai distrutta città da un terribile terremoto, non volano più aquiloni
ma avvoltoi; in Iraq l’embargo ha fatto morire di malnutrizione e
malattie almeno 1.500.000 persone, in gran parte bambini, e scarseggiano,
ancora oggi viveri, e medicinali. E da noi, l’8 marzo 2001, molte donne
vanno ancora in discoteche e locali ad affermare la loro raggiunta (?)
emancipazione per conquistare,”se lo leverà o non se lo leverà?”, il
perizoma dello spogliarellista di turno.
La quindicenne Maja,
aspirante modella della Slovenia, è finita in un giro di droga,
prostituzione e violenza come tante fanciulle del Senegal, dell’Eritrea o
dell’Est, ormai presenti ad ogni incrocio delle nostre strade nazionali,
ad ogni ora del giorno e della notte. E da noi, l’8 marzo 2001, non si
leva un grido così forte da terrificare i trafficanti di carne, siano essi
volgari magnacci, distinti stilisti o direttori di testate giornalistiche o
televisive e disinvolte agenzie pubblicitarie, che, ad esempio, accettano
di produrre e trasmettere uno spot nel quale un profumo riesce a stordire
ed eccitare una la ragazza fino a farle stuprare il compagno. Finalmente!
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Distribuzione viveri in Iraq
Donne al computer in Arabia Saudita
bambina in ospedale
Donna tra le macerie in
Iraq
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