Cento anni di Fisica Quantistica
La conferenza del Prof. Selleri alla Nuova Accademia Olimpia
(da una nota del prof. Renato Fedele)

Il 14 dicembre 1900, il fisico tedesco Max Planck (nella foto), portava a compimento la formulazione della Teoria dei Quanti, secondo la quale l’emissione e l’assorbimento della radiazione da parte dei corpi poteva avvenire solo per pacchetti discreti di energia di quantità fissata che furono denominati “quanti”.

Sabato 16 dicembre 2000, cento anni dopo quell’avvenimento, la Nuova Accademia Olimpia, ha voluto celebrare questo importantissimo evento della storia della fisica proponendo una conferenza dal titolo Cento anni di Fisica Quantistica, con un relatore d’eccezione, il fisico Franco Selleri, ordinario di Fisica Teorica, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Bari e studioso dei fondamenti della Meccanica Quantistica di fama internazionale..

La celebrazione, inserita nel programma di attività del nono ciclo di Incontri dell’Umanesimo e organizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e con la Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche MATHESIS, ha avuto luogo, come al solito, presso l’Istituto Magistrale Statale “A. Manzoni” di Caserta.

 

Per indirizzare il lettore che non abbia familiarità con le idee della Fisica Quantistica, alcune premesse sono probabilmente necessarie.all’esposizione dei punti salienti della coltissima conferenza del professor Selleri,

<<L’ipotesi dei quanti fu proposta senza alcuna apparente ragionevolezza, nè Planck ne capì subito la reale importanza fisica. Eppure la notevole capacità che essa aveva di spiegare i problemi emersi e di rimuovere i paradossi, convinse ben presto i fisici dell’epoca che essa avrebbe dovuto avere dentro di se un fondamento ed una validità di portata assolutamente eccezionali. Non passarono, infatti, che pochi anni che Albert Einstein, riconoscendo in modo veramente profondo l’importanza della Teoria dei Quanti e procurando all’ipotesi di Planck un più solido sostegno fisico (e la cosa ebbe non banali ripercussioni sul piano epistemologico), fu in grado di fornire con successo la spiegazione dell’effetto fotoelettrico (il meccanismo fisico alla base delle comuni celle fotoelettriche), cosa che lo portò ad ottenere nel 1905 il premio Nobel per la fisica.

Lo sviluppo della Teoria dei Quanti fu travolgente quasi fino agli inizi degli anni Trenta e portò alla formulazione di una disciplina fisica oggi ritenuta tra le più fondamentali e con il più alto valore fondazionale tra le chiavi di interpretazione della natura, alla quale fu dato il nome di “Meccanica Quantistica. >>

 

Tuttavia, attente analisi critiche, provenienti anche dagli stessi fondatori della meccanica quantistica, quali Einstein, Bohr, Heisenberg, Schròdinger, Born, tanto per citarne alcuni, attraverso finissime argomentazioni, hanno messo in evidenza problemi di natura epistemologica e di coerenza intrinseca di questa teoria fisica, pur fatto salvo il suo inestimabile apporto sul piano pragmatico. Mentre essa si sviluppava in modo prorompente, producendo sul piano sperimentale innegabili successi (i cui benefici si sono registrati tanto sul piano scientifico che su quello tecnologico se si pensa, ad esempio, all’enorme ricaduta tecnologica prodotta nel campo della microelettronica dei dispositivi a semiconduttore), intensi ed appassionati dibattiti conducevano allo schieramento di fisici e filosofi della fisica quantistica in alcune scuole di pensiero. Tra le più importanti quella di Niels Bohr il quale ha avuto il merito di allevare nel proprio Istituto (l’Universitets Institut for Theoretisk Fysik di Copenaghen, parte integrante della Reale Accademia delle Scienze Danese), fisici di grande valore. 

 

Secondo Bohr, e i suoi discepoli, la Meccanica Quantistica forniva una descrizione del mondo in cui viviamo nella quale bisognava credere ed accettare come dato di fatto, sebbene la violazione del “senso comune” e del concetto classico di “determinismo” fossero gli aspetti più vistosi della teoria. Per la maggior parte di quegli scienziati questa visione era supportata dalla convinzione che il mondo quantistico (essenzialmente il microcosmo) esistesse indipendentemente dall’uomo (la cosiddetta tesi del realismo). Si tenga però presente che anche la stessa Teoria della Relatività Ristretta elaborata da Albert Einstein aveva nel frattempo letteralmente smontato diversi concetti legati al senso comune come quello di simultaneità, di distanza e di massa, tanto per citare quelli più importanti. Tuttavia, fu proprio Einstein a non prendere mai sul serio le idee che reggevano il sempre più imponente edificio della Fisica Quantistica, sebbene a lui, più che a Plance, si deve lo sviluppo decisivo della Teoria dei Quanti. Difatti, è rimasta ormai celebre la frase secondo la quale Einstein affermava <<Dio non gioca a dadi>>, convinto che la natura probabilistica della descrizione della Meccanica Quantistica doveva essere originata dall’esistenza di “variabili nascoste”, le quali, non essendo facilmente accessibili, procurerebbero la descrizione incompleta (nel senso della fisica classica) di un sistema fisico, in accordo al principio di indeterminazione di Heisenberg il quale afferma che esistono grandezze fisiche dette coniugate, come ad esempio la posizione e la quantità di moto, il tempo e l’energia, che non possono essere misurate simultaneamente con la stessa precisione. 

 

É rimasta ormai celebre l’appassionante discussione che si sarebbe tenuta nel 1930 tra Bohr, paladino delle relazioni di indeterminazione, ed Einstein, irriducibile avversario di queste, durante il Sesto Congresso Solvay dedicato ai problemi della Teoria dei Quanti. Dopo intensi dibattiti e ingegnose argomentazioni, ne usci vittorioso Bohr servendosi delle più importanti scoperte prodotte dallo stesso Einstein. Ciò nondimeno, notevoli furono da parte di Einstein i contributi tesi a discutere in senso profondamente critico le tesi della Meccanica Quantistica sviluppate dalla scuola di Bohr. E il più grosso contributo che Einstein dette in questa direzione venne nel 1935 quando in collaborazione con B. Podolsky e N. Rosen produsse un articolo dal titolo “Può la descrizione quanto-meccanica della realtà fisica essere considerata completa?” Articolo illustrante un paradosso detto paradosso EPR (dalle iniziali dei nomi dei tre autori) destinato a diventare una delle più importanti obiezioni della Meccanica Quantistica. Gli autori proponevano un criterio di realismo (detto oggi criterio EPR) enunciabile nel modo seguente: “Se, senza disturbare in alcun modo un sistema fisico, possiamo predire con certezza (ossia, con probabilità uguale a uno) il valore di una quantità fisica, allora esiste un elemento di realtà corrispondente a questa quantità fisica” e concludevano che, mentre in meccanica classica esso funziona sempre, in meccanica quantistica talvolta non funziona, in accordo al paradosso che proponevano. 

 

Il paradosso EPR dava notevole supporto all’idea che la Meccanica Quantistica fosse una teoria incompleta e all’esistenza delle variabili nascoste. E ciò ha intensificato il dibattito tra i sostenitori e gli oppositori della autoconsistenza della Meccanica Quantistica. E, fatto altrettanto importante, da questa spinta è nata l’idea di un realismo locale in Meccanica Quantistica sul quale il Professor Selleri ha sviluppato gran parte della propria relazione. <<Il realismo locale -sostiene Selleri- può essere definito come l’insieme di tre ipotesi: (1) Realismo, cioè esistenza di una realtà indipendente dall’osservatore e possibilità di usare certi “criteri di realtà” per identificare situazioni concrete in cui alcuni aspetti di questa realtà sono presenti; (2) Località, cioè l’ipotesi che l’interazione tra due oggetti tende sempre ad annullarsi col crescere della loro reciproca distanza; (3) Freccia del tempo,cioè l’impossibilità che eventi futuri possano modificare il passato. La validità del realismo locale, così articolato, è fortemente indicata dalle attuali conoscenze scientifiche, anche se vi sono sviluppi teorici che lo negano. Il fatto nuovo, emerso nel 1965 con la scoperta della disuguaglianza di Bell, è che questo realismo non è metafisico, data la grande ricchezza di predizioni empiriche falsificabili che ha generato. La disuguaglianza di Bell non è che una di queste predizioni, perchè sono state scoperte letteralmente infinite altre conseguenze del realismo locale non deducibili dalla disuguaglianza di Bell. >>. E, in conclusione, ha affermato che <<Il paradosso EPR resta oggi irrisolto esattamente come lo era nel 1935 all’atto della sua formulazione>>.

 

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