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Pietro a Maiella e la nave dei disperati |
Pontelatone, 16/11/00 Quando, all’età di 15 anni, al termine della scuola media, venne il momento di scegliere il tipo di scuola da seguire, avrei tanto desiderato andare in Conservatorio. Già, la musica era ed è per me qualcosa di straordinario, un trasporto naturale: le scale, gli esercizi, i brani musicali anche se difficoltosi, quando si ha attitudine, diventano semplici e ovvi, naturali e logici, l’esecutore e la musica diventano tutt’uno in una ebbrezza e un entusiasmo che ti rapiscono dalla realtà. Certi brani poi, sembrava di conoscerli prima ancora di studiarli. Con la fisarmonica diventa ancora più evidente, più immediato, anche se molti considerano questo strumento “di serie B”: troppo popolare per alcuni, molto sensuale per altri, lo strumento dei poveri, sacrilego per altri ancora, fino ad evitarne l’uso in luoghi sacri. Ebbene, dal giorno in cui mi giunse all’orecchio la prima nota, benché distorta, me ne innamorai. Da allora mi sono ”arrampicato”, ho “rubacchiato” a manca e a dritta, ho sudato “sette camicie” e continuo ad abbracciarla per scoprirne i segreti, per piegarla alla mia passione, per trasmettere attraverso le sue armoniche tutte le mie emozioni, i miei desideri, le mie malinconie e le mie gioie. Quale conservatorio! Magari avessi potuto… Trentasei anni fa, da Liberi, era impensabile andare in Conservatorio, per motivi economici, per la distanza e per tanti altre ragioni. Fortuna volle che la mia famiglia emigrasse in Germania. Qui c’era un’altra storia, un’altra cultura… Oggi mi ritrovo a fare l’insegnante tecnico pratico e meno male, ma la mia passione è rimasta la musica. Circa dieci anni fa, grazie ai Cramer, i Principe, gli Stok, e tanti fisarmonicisti come il sottoscritto, grazie anche ad alcuni costruttori (siamo i migliori e lo esportiamo in tutto il mondo) la fisarmonica è entrata in diversi conservatori Italiani (vedi Trieste, Firenze, Campobasso ecc.) A S.Pietro a Maiella ? Figuriamoci, la fisarmonica! Il mio sogno era quindi quello di avere un figlio che potesse realizzare le aspirazioni del padre anche con un altro strumento ma, dal momento che si è reso concreto, abbiamo perso ogni tranquillità. Dopo anni di stenti e di sacrifici, di grandi dispendi di energie e di salute, nel momento più bello, mi sono accorto di avere sbagliato tutto. Già, perché con la scuola come la mettiamo? Chi conosce Domenico sa che ama la musica come nessun’altra cosa al mondo, ma la “scuola” per lui, è altrettanto importante e indispensabile: un diploma in musica non ha valore giuridico se privo di un titolo di scuola superiore. La cultura poi, in generale, forma e aiuta il musicista a raggiungere i risultati più ambiti, anche se è vero il contrario: la musica completa la cultura, guarisce la noia, la timidezza, arricchisce l’animo di sentimenti nobili. Purtroppo, Il conservatorio sta distruggendo il sogno di un padre e le aspirazioni di un figlio, che ha bisogno dell’una e dell’altra. Già, non è possibile frequentare un istituto superiore e un conservatorio contemporaneamente, perché le lezioni si svolgono simultaneamente in due città diverse. Potendo “miracolosamente” far parte degli “eletti” ammessi ai corsi pomeridiani, e dovendo frequentare per quattro giorni la settimana un corso che ha inizio a mezzogiorno, diventa assolutamente impossibile. A questo punto mi chiedo quanto può durare, e che senso può avere, che profitto si può trarre da disagi tanto gravosi di alimentazione, di trasporto, di stress? Sono certo che un giorno o l’altro mio figlio e altri giovani nelle stesse condizioni, saranno costretti a scegliere l’una o l’altra strada o, nella peggiore delle ipotesi nessuna delle due, alla faccia del diritto allo studio. Avremo quindi, probabilmente, grandi musicisti ignoranti di cultura generale e Periti industriali che avrebbero voluto fare i direttori d’orchestra, come me. Il direttore del conservatorio? Tutti ne parlano bene. La prima volta che ho avuto il piacere di conoscerlo, ha lasciato in me una grande impressione e la sensazione di trovarmi di fronte una persona colta, preparata e disponibile. Ma la scuola la fanno anche gli insegnanti, gli alunni e i genitori. Gl’insegnanti? E’ vero, ci sono i “Buonomi”, le “Varchette” e le “Tortore”, ma non bastano a combattere il” privato”, e a riparare i danni di altri che fanno musica solo per “mestiere”. Gli allievi? … Poveri ragazzi, quanti sacrifici e quanti sogni nel cassetto: l’elettronica, oggi, distrugge maestri, orchestre e conservatori, un floppy-disc può sostituire magnificamente esecutore, strumento e altro. Inoltre, nessuno ci garantisce che, una volta raggiunto il diploma il futuro sia assicurato. In un mercato musicale fatto soprattutto di canzonette e spazzatura musicale, non c’è bisogno di diplomi per affermarsi e arricchirsi. Il ministro? Magari potesse leggere di un povero padre smarrito, confuso e triste, ché non sa a chi rivolgersi e non ha potere di decidere quando si stabiliscono orari e corsi. Non ha i mezzi necessari per difendere ragazzi inesperti, fragili e vulnerabili, ma desiderosi di affermarsi nelle attività più consone alle proprie aspirazioni; di un padre che non ricorda, a memoria d’uomo, di aver vissuto un periodo tanto buio e incerto. In un momento di grandi scoperte tecnologiche, di trasformazioni sociali e culturali che ti lasciano senza respiro, tutto è in discussione e la scuola, (quanto è importante!) cerca una sua identità, naviga incurante dei pericoli, in un mare tempestoso, senza meta, come le “barche dei disperati”, in cerca di fortuna, ma in balìa delle onde e di un destino ignoto. Non parliamo poi del posto di lavoro. Dopo il diploma o la laurea… i Santi… Ogni tanto ne nasce uno nuovo… .Speriamo si accorga anche dei nostri figli perché, noi, “non abbiamo Santi in Paradiso”. Semmai qualcuno leggerà questa lettera, vorrei che mi aiutasse a scegliere la strada giusta da consigliare a mio figlio: la musica, o la scuola? Forse meglio fare “ ‘O zappatore”? O meglio ancora “ ’U scippatore”? Pasquale De Marco Via S.Vito, 1 81050 Pontelatone (ce) ©Casertamusica.com 2000 |