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Una "figura" di ‘o laccio ‘ammore

La benedizione della catasta di legna

Sant'Antonio


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Carnevale & Tradizioni casertane: ‘a lampa ‘e sant’Antuono

...e il gruppo folkloristico "Ariatella"

Articolo di Lorenzo Di Donato

‘a lampa ‘e sant’Antuono saluta il Carnevale

Caserta, 28 Febbraio 2000. 

Il Carnevale vive a Caserta soprattutto nelle frazioni, che una volta erano Casali o Ville che facevano corona alla Caserta montana, ora detta Casertavecchia. E ciò non può apparire strano in quanto il Carnevale è folklore, folklore magico-contadino, con un proprio tesoro di danze, ritmi, filastrocche, lazzi e canti che l’inurbazione confonde e stempera.

E’ lontano, ad esempio, il tempo delle filastrocche che si cantavano attorno alla lampa ‘e sant’Antuono, con cui si festeggiava, e si festeggia, sia l’inizio del Carnevale sia il predominare, finalmente!, della luce del sole rispetto alle tenebre. La nostra fanciullezza ci vide in girotondo attorno ai grandi falò, anche andando di cortile in cortile, a cantare quelle filastrocche ormai dimenticate perché da lungo tempo sono spariti i cortili, e gareggiare nei salti attraverso la fiamma per dimostrare a noi stessi, agli amici ed alle fanciulle il nostro coraggio e la nostra valentia. Con ansia le nostre nonne aspettavano che la fiamma si spegnesse per poter riempire, almeno quella sera, il braciere, ‘a vrasera, di vivida brace ristoratrice del loro soffrire l’impietoso freddo. Oggi la lampa ‘e sant’Antuono viene organizzata da un gruppo di antichi amici in qualche spiazzo o da qualche Associazione. Non più risuonano i canti di allora, non più recitano i bimbi le filastrocche anche un poco salaci, una volta tanto permesse. E le nonne stanno dietro ai vetri, al sicuro e costante tepore dei termosifoni. La "lampa" così sembra, anzi è fredda, e tuttavia nessun ragazzo più salta tra le fiamme per il timore di bruciacchiare i Jeans firmati.

 Sala di Caserta la tradizionale "lampa" propiziatrice è allestita e curata dall’Arciconfraternita del santissimo Rosario, che governa con attenzione la grande fiamma in modo che tutti, ed è sempre una bella folla, possano ritrovarsi ed assaporare il calore del momentaneo vicino, conosciuto o sconosciuto.

E lì intorno nascono le prime intese per organizzarsi nel " ‘laccio ‘ammore" o nella "Cantata dei dodici mesi" o nella "Zeza". E si è già nel Carnevale.

Il culto di Sant'Antonio

Il culto popolare verso sant’Antonio Abbate (festività del 17 gennaio) è dovuto alla sua fama di guaritore dell’herpes zoster o "fuoco di sant’Antonio" ed altre malattie che hanno manifestazioni analoghe.

Il Santo viene raffigurato con la fiamma, un maialino ed un campanellino alla sommità del bastone che impugna. Se alcune tradizioni vogliono che il maialino rappresenti il diavolo che, sconfitto dal Santo, viene condannato da Dio a seguirlo sotto le sembianze di maiale, altre, invece, preferiscono metterlo in relazione alla guarigione di un porcellino infermo operata dal Santo. Altre ancora vogliono che esso ricordi un antico privilegio dei maialini dei conventi antoniani: circolare indisturbati nelle strade in cerca di cibo a sbafio, segnalando col campanellino la loro… santa appartenenza.

Da questa usanza scaturisce il detto popolare "pare ‘o porco e sant’Antonio" rivolto a chi cerca di scroccare un buon pasto.

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