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Residenza Artistica del Progetto ‘Forestàte Fringe Frame’: Ogni ordine svanisce

 Foresta . Tora e Piccilli (CE) - dal 15 dicembre 2024 al 30 Gennaio 2025

Comunicato stampa


Terra e cielo fluiscono e precipitano insieme in una visione nebulosa, tutta onde e lampi, in un barbaglìo dai contorni indefiniti. Il caos incomincia, ogni ordine svanisce. L’uomo sconvolto cerca a fatica di serbarsi lucido; vi riesce. Poi continua fiducioso a camminare. (R. Walser)
La prima residenza artistica dell’Associazione Culturale PrimoPiano, anima e motore del progetto Borgo Culturale Foresta a Tora e Piccilli nell’Alto casertano, si è tenuta nel mese di ottobre invitando Chiara Arturo, Lorenza Corpullis, Cristina Cusani e Massimo Pastore (host artist) a orientarsi in questo arcipelago interno e a restituire con le loro opere quanto hanno scrutato, indagato, pensato, assorbito, vivendo questi luoghi.
La mostra di tale residenza, dal titolo ‘Ogni ordine svanisce’, inaugurerà il Forestàte Fringe Frame domenica 15 dicembre dalle ore 10:30 presso lo spazio dedicato alle esposizioni di Corpo Celeste in via Sant’Andrea 23/A nel Borgo Foresta a Tora e Piccilli.
La mostra sarà visitabile venerdì e sabato dalle 19:00 alle 23:00, domenica dalle 10:00 alle 14:00 e su appuntamento fino al 30 gennaio 2025.

L’impianto teorico di questa residenza artistica è indirizzato al pensare la realtà in chiave geografica e l’agire artistico come strumento di indagine del rapporto tra sé e i luoghi. Il territorio dunque non solo come un’estensione misurabile e definibile in maniera oggettiva ma anche, e soprattutto, come rete di interazioni che include indissolubilmente l’estensione materiale e l’organizzazione sociale: contenitore e contenuto. Un progetto che, in vario modo e con diverse visioni e sensibilità delle artiste e dell’artista residenti, indaga questo ‘paesaggio interno e interiore’.

Chiara Arturo in Forse attratti da un microclima favorevole esplora il concetto di insularità con un’indagine visiva che trasforma la terraferma in un arcipelago immaginario. L’artista, partendo dall’impressione di trovarsi su un’isola senza mare, intreccia temi legati alla relazione, alla memoria, alla fragilità e riflette su ciò che rende un luogo, pur senza mare, insulare e sulle trame invisibili che lo legano agli altri spazi. Con un alternarsi di visioni macro e microscopiche, la Arturo immagina l’insularità come un’atmosfera frammentata ma capace di generare radicamento, scambio e rifugio.
Il titolo è tratto da una frase pronunciata dal professor Panarello durante il sopralluogo alle Ciampate del Diavolo che ipotizza il possibile motivo del passaggio degli ominini in quei luoghi 350.000 anni fa. Tale suggestione diventa metafora dell’attrazione verso sistemi apparentemente chiusi come le isole, spazi in cui la cura e i legami emergono come necessità. Le immagini di intrecci, licheni e rocce tufacee, aggiungono un nuovo capitolo alla ricerca dell’artista sull’insularità, reinterpretando l’idea di isola non come isolamento ma come rete di relazioni vitali.

Lorenza Corpullis in La passeggiata, con passi misurati e tranquilli ha realizzato quattro tavole e due schizzi con inchiostri e grafos. Ispirata da questi luoghi, l’artista si affianca a Robert Walser, scrittore svizzero che dell’essere viandante fece scrittura nomade, e come lui abbraccia amorosamente ogni particolare di quello che la circonda. Il semplice muovere passi sul suolo di Foresta, di Tuoro Rosso, di Tora, dell’Orto della Regina, offre all’artista incontri, occasioni, cose ‘che meritano d’esser viste, sentite’. Le antiche case che custodiscono un fascino senza tempo, un paesaggio intriso di storia e poesia che, con scorci fiabeschi, appare sospeso tra passato e presente; la magia dolente dei ruderi, i dettagli di alcuni borghi le indicano nuove creazioni, di figure, di poesie viventi così che la conoscenza della natura e dei luoghi attraversati si schiude al suo sguardo e ci viene restituito un mondo fatto di memorie e silenzi, di angoli che sussurrano la vita, di un’architettura che resiste alla modernità.

Cristina Cusani con Cara Mamma e Conserve procede la sua ricerca sui temi dell’identità, della memoria, della famiglia, in una prospettiva di dimensione collettiva. Durante la residenza un abitante le ha affidato una valigia colma di lettere che una madre riceveva dai suoi sette figli emigrati intorno al 1960. L’epistolario intimo e familiare, intriso di dolore e rimpianti per avere dovuto abbandonare l’amata terra, ci viene restituito dall’artista con uno struggente fazzoletto di cotone bianco, come quelli che si sventolavano alla partenza, con un ricamo che riporta il puntuale inizio di ognuna di quelle lettere, Cara Mamma.
Conserve è un’opera sulla restanza, su coloro che decidono di restare nella propria terra, senza rassegnazione, coloro che sono il presente di questi luoghi, ne conservano il passato e ne determinano il futuro. Gli incontri che l’artista ha avuto con gli abitanti di Foresta ci vengono proposti in una forma deliberatamente tradizionale e suggestiva: Conserve è la traduzione visiva di quello che i forestani identificano come elemento rappresentativo del loro mondo.

Massimo Pastore con il progetto fotografico Indistinti margini ci conduce in una visione di luoghi che si smussano nella nebbia. La nebbia compare all’improvviso, copre, nasconde, si dissolve lentamente, rivelando nuovi scenari. L’artista si concede il tempo di attendere per catturare quella nuova fugace apparizione che nel mentre fa perdere l’orientamento e gli elementi-simbolo di riferimento rivela quelli che sovente sono sopraffatti e nascosti anche quando visibili. Affascinato dalla mutevolezza del paesaggio, Pastore si pone davanti alla meraviglia, sorprendendoci, cogliendo il variare delle ore, le metamorfosi delle stagioni. L’artista scrive: “(..)ciò che più mi sorprende è la nebbia che provenendo dalla Casilina improvvisamente si insinua tra la valle che separa, da un lato, Tora da Foresta e la Porcina dall’altro. Ecco allora che Tora diventa isola aerea mentre la nebbia, continuando la sua lenta risalita verso Tuoro, inizia a diradarsi nascondendo il simbolo di questo luogo, la sua torre. La torre di Tora per alcuni istanti svanisce cedendo il passo alla facciata della Chiesa di San Simeone che diventa protagonista indiscussa di quei momenti. Qui la nebbia non scende, sale. “Lascio andare l’abitudine, dimentico il simbolo e nuove e fugaci visioni si rivelano.”

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