Personale di Mario Ferrara "Paesaggi in gabbia"
Caserta - dal 4 all'11 ottobre 2019
Comunicato stampa
aA29 Project Room è lieta di presentare la prima
mostra personale di Mario Ferrara nei suoi spazi di Caserta, con un testo di
Aniello Barone.
"Conosco il lavoro di Mario Ferrara da tanto tempo.
Architetto e professore di fotografia, ha sempre privilegiato il dispositivo
fotografico per esprimere il suo modo di raccontare il mondo, in particolare
le città, le metropoli.
I suoi studi universitari sono stati l’inizio per
un lungo percorso di ricerca che continua tuttora e che lo hanno portato a
viaggiare e conoscere “realtà”, luoghi, altri.
Quando mi ha chiesto di
scrivere un breve testo, per la sua mostra presso la galleria aA29 di
Caserta, al suo lavoro, pensavo di trovarmi davanti a immagini che nel tempo
Mario mi aveva abituato a vedere, che già conoscevo. Una visione ossessiva
verso un “genere” di fotografia, appunto quello dell’architettura, che tende
a privilegiare ampi spazi, il vuoto assordante delle metropoli fino a
diventare una sorta di archivio, una catalogazione di edifici.
Invece,
con mia sorpresa, mi trovo a guardare un lavoro diverso dal suo modo usuale
del fare. Una ricerca fotografica che utilizza un impianto linguistico
diverso dal solito. Pur parlando sempre di architettura, città, metropoli,
cambiano il rapporto, la distanza col soggetto fotografato. Uno spostamento
minimo ma determinante che rimette in discussione tutta la sua ricerca e
apre a nuove possibilità future, visive, del suo lavoro.
La “zona di
sicurezza”, cioè l’area prescelta dall’autore per le sue fotografie, viene
messa in discussione. Diventa precaria la visione di colui che di lì a poco
si appresta a parlare e a definire la “realtà”. La consapevolezza, la presa
di coscienza, segnano a mio avviso la maturità artistica dell’autore,
liberatosi del peso di una costruzione visiva precostituita. La “realtà” può
apparire diversa perché dipende da come viene fotografata e con essa il
mondo è così perché così mi “appare”: l’inconscio.
Le fotografie sono
state realizzate nel 2016 nello zoo di Berlino, settore “Monkey House”. Sono
paesaggi “(...) creati con l’intento di riprodurre una sorta di habitat per
gli ospiti. È un’operazione che ho visto come una grande presa in giro per
gli animali”, spiega l’autore.
Parlare oggi degli zoo, di questi spazi
anonimi, è una grande sfida perché la storia è lunga e complessa. La
consuetudine reiterata dell’Occidente ad esporre l’esotico ha radici
lontane. Ne sono testimonianza, per esempio, le grandi Esposizioni
Universali il cui fine era, da una parte, mostrare, lo sviluppo dei vari
Paesi in diversi settori: industriale, commerciale, artistico, ma anche
l’occasione, attraverso il colonialismo da parte delle culture civilizzate,
per far conoscere la “complessità” del mondo animale, vegetale e umano.
Esposizione di trofei, direi, un misto tra eduzione, formazione, didattica e
sopraffazione, violenza, sui più deboli.
Le “finestre” che Ferrara ci
mostra appartengono, più che ad una “House”, a un condominio di quelli
affollati, maleodoranti, luoghi di devianza e di emarginazione. Aree dove
vengono “accostati” animali di varia provenienza del mondo con
caratteristiche diverse solo per il piacere di una visione ridotta,
sintetica, che non è più neanche educativa, di formazione per i più piccoli
ma solo meramente mercantilistica, decorativa. Laboratori che hanno
dimostrato a tutti i limiti ma, nonostante ciò, tuttora insistiamo ancora
nel tenerli, anzi, ne creiamo di nuovi. Una sperimentazione da cui l’uomo,
ovviamente, non è escluso.
Nei lavori di Ferrara è fondamentale la
ripresa: rigosa e frontale. Questo deriva, come afferma l’autore stesso,
dalla forte influenza di artisti che ama da sempre come i coniugi Bernd e
Hilla Becker, ma anche l’esperienza dalla scuola di Dusseldorf e dalla New
Topographics senza trascurare la scuola di paesaggio italiana che vede come
massimi rappresentati Luigi Ghirri, Gabriele Basilico e Guido Guidi, solo
per citarne alcuni.
Rimango sempre affascinato quando mi confronto con
autori che si mettono costantemente in discussione, abbandonando una facile
e addomesticata “sicurezza” visiva e correndo il rischio di sbagliare,
condizione ideale, humus, di coloro che hanno a cuore la ricerca di nuovi
linguaggi, nuove esperienze. Mario Ferrara è uno di questi.
Anielllo
Barone"
aA29 Project Room Caserta, Via Filippo Turati 34, Caserta