Libreria Hamletica: eventi ed attività
Maddaloni (CE) - Aprile 2018
Comunicato stampa
Un film da leggere
La Libreria Hamletica è lieta di presentarvi la
rassegna “Un film da leggere”, un ciclo di proiezioni basate su opere
letterarie. Un’opportunità per lettori e per amanti del cinema di scoprire
il punto d’incontro fra queste due arti e le rispettive modalità di
narrazione, con tutte le differenze e le opportunità offerte dalla diversa
natura dei due media.
Giovedì 3 maggio, quarto
appuntamento della rassegna "Un film da leggere" con la proiezione alle ore
20.30 del film "Il pasto nudo" (1991) diretto da David Cronenberg (115’) e
tratto dall'omonimo romanzo di William Seward Burroughs, pubblicato per la prima
volta in Francia nel 1959.
Cronenberg, dunque, cerca di dare forma a una
struttura oscillante, perché non lineare eppure capace di razionalizzare gli
spunti offerti dall'opera originale e dal suo autore. Ecco dunque il doppio
registro, che sta fra la riflessione sull'idea della creazione letteraria (il
testo di Burroughs, dopotutto, può essere visto come operazione teorica
sull'atto stesso del creare abbandonandosi al filo dei pensieri) e il tentativo
di rendere più sistematiche e razionali le pulsioni scatenate dal libro. La
forma, non a caso, predilige sì un coacervo di creazioni surreali, ma le
incanala in una progressione asciutta e non necessariamente visionaria. I
riferimenti più evidenti alla sessualità e ai temi della carne che il testo
chiama palesemente in causa risultano così facilmente ascrivibili al cinema
dello stesso Cronenberg, fra pulsioni omosessuali latenti che coinvolgono il
desiderio e visioni insettiformi che discendono naturalmente dai problemi più
feroci legati alla tossicodipendenza, come una sorta di eco del possibile
approdo al delirium tremens.
In tutto questo non va dimenticato come Il pasto
nudo sia il primo film realizzato dall'autore dopo la svolta impressa al suo
cinema dal seminale Inseparabili. Superata la fase del body horror che lo aveva
elevato ai ranghi di nuovo maestro del terrore e dello splatter, l'autore
canadese iniziava quindi a riflettere proprio sulle possibilità di messinscena
di un cinema capace di esteriorizzare e riplasmare la realtà alla luce delle
pulsioni interne scatenate dai suoi protagonisti e dai mondi da loro desiderati:
pensiamo all'ossessione amorosa di M Butterfly che seguirà subito dopo, fino
all'approdo di eXistenZ che completa il tentativo di reificazione della realtà.
Il pasto nudo, in tal senso, diventa un film cerniera e una dichiarazione
d'intenti che amplia il sistema dei riferimenti interni ed esterni: siamo già in
una realtà perfettamente definita dalle pulsioni mentali, ma ancora legata alla
fisicità degli esordi. Ne sia prova l'ulteriore doppio registro di un film già
inafferrabile ed etereo, eppure sempre ancorato a un'idea tattile, fatta di
organi, muscoli, sangue, ossa e organismi che mutano a vista, salvo poi tornare
allo stato originario nello spazio di un singolo taglio di montaggio: una
mutazione fisica che dunque è già cascame del passato, al punto che, più delle
surreali invenzioni mostruose, oggi colpisce maggiormente il rapporto fra il
protagonista e la propria figura, scontornata dalle ombre di una messinscena
noir, in un perenne scontro fra presenza e assenza a se stessa. Giova molto in
questo senso anche la felice scelta di un attore straordinariamente fisico
eppure così sfacciatamente minuto, quasi trasparente, come Peter Weller
(all'epoca reduce pure dal carnografico dittico di RoboCop, e non sembra un
caso). Il film si offre perciò come un'intera soggettiva associata al “suo”
William, tanto che della vicenda egli è allo stesso tempo autore e vittima,
testimone (scrittore) e malcapitata comparsa, amplificando il gioco di
riferimenti e, allo stesso tempo, di doppi registri di cui è intrisa l'intera
opera"
Giovedì 10 maggio, ore 20.30, film "The Road"
(2009) diretto da John Hillcoat e basato sull’omonimo romanzo di Cormac McCarthy
(premiato con il Pulitzer nel 2007).
"In un mondo scarno e desolato
sopravvissuto a una non meglio specificata catastrofe globale, un uomo (Viggo
Mortensen) e suo figlio (Kodi Smit-McPhee) percorrono a piedi gli Stati Uniti
con l’obiettivo di arrivare a sud, dove presumono di trovare un clima migliore
rispetto al gelo che li attanaglia. Muniti di un solo carrello della spesa in
cui riporre i pochi oggetti utili al loro sostentamento, padre e figlio si fanno
forza l’uno con l’altro in questo difficile e lungo viaggio in mezzo a gelo,
stenti, cannibali e ladri, che diventa anche un’occasione per approfondire il
loro rapporto e per rivalutare le loro posizioni sul mondo e sull’esistenza
umana.
Il cinema ha ormai sviscerato il genere post apocalittico in tutte le
sue declinazioni, da quella più prettamente action (la saga di Mad Max o il
seminale 1997: Fuga di New York) a quella più tipicamente fantascientifica
(citiamo per esempio The Day After e L’esercito delle 12 scimmie), senza
dimenticare la deriva horror (28 giorni dopo, Io sono leggenda). L’elemento di
novità apportato al genere da The Road non risiede quindi nei risvolti della
trama o nei registri narrativi che vengono utilizzati per snodarla, ma
nell’approccio stilistico e morale usato da John Hillcoat in questa sua
splendida pellicola.
The Road ci mostra in maniera realisticamente crudele un
mondo totalmente privo di speranza e spogliato letteralmente di tutta la sua
bellezza, in cui è diventato ipotizzabile, comprensibile e perfino accettabile
attaccare il prossimo per un utensile o un tozzo di pane e spiegare al proprio
figlio come utilizzare la pistola per uccidersi in caso di estrema necessità.
Non esiste più alcuna traccia della civiltà: non servono più i nomi propri, non
ci sono più fonti di energia, non vige più alcuna regola civile o morale. Tutto
è dominato da una natura severa e minacciosa, che si frappone silenziosamente ma
decisamente fra i pochi superstiti e la loro legittima volontà di sopravvivere.
The Road fugge da ogni pretesa ambientalistica o morale, evitando di spiegare
cause e modi che hanno portato alla distruzione del mondo come lo conosciamo e
affidando la narrazione del passato dei protagonisti a pochi ma ben inquadrati
flashback, in cui vediamo anche il terzo fondamentale membro di questa famiglia,
ovvero la madre (interpretata dalla sempre formidabile Charlize Theron). Il
focus del racconto diventa così il rapporto fra padre e figlio, che affrontano
questa catastrofe fianco a fianco ma con un approccio diametralmente opposto,
che sottintende a due antitetiche visioni dell’esistenza umana.
Viggo
Mortensen mette magistralmente in scena un uomo che ha vissuto il mondo
precedente al disastro, e che ora si ritrova senza più appigli o punti di
riferimento, scarnificato nel corpo e nello spirito e mosso solo dall’istinto di
sopravvivenza e dalla necessità di proteggere il figlio, mettendolo in guardia
da tutti i pericoli circostanti e assumendo un modo di agire e pensare
progressivamente più cinico ed egoista, necessario per salvare la pelle in un
ambiente tanto difficile e insidioso. Il figlio dal canto suo non ha ricordi
della civiltà, essendo cresciuto a catastrofe già accaduta, e diventa così un
perfetto contraltare del padre, contrastando le sue scelte con la purezza e
l’innocenza tipiche dei bambini, anche nelle situazioni più estreme e
pericolose.
Con il passare dei minuti, The Road si svincola dalla mera trama,
mettendo in scena un trattato sull’indole più intima e nascosta del genere
umano, in cui la spesso artificiosa distinzione fra bene e male ha lasciato il
posto a un mondo nuovo, in cui l’amore per i propri cari deve convivere con la
solitudine, la disillusione e la violenza. La pellicola di John Hillcoat diventa
così un insolito, anomalo e struggente racconto di formazione, in cui le ombre
degli esseri umani che furono si incontrano e si scontrano lungo i rispettivi
cammini dal nulla verso il nulla, lasciandosi dietro solo desolazione e
disperazione.
The Road stupisce anche per la solidità di ogni suo comparto
tecnico: dall’efficace sceneggiatura di Joe Penhall alla solida regia di
Hillcoat, senza dimenticare le splendide musiche di Nick Cave. Impossibile
inoltre non citare la straordinaria fotografia di Javier Aguirresarobe, che con
colori grigi e desaturati rende sapientemente tutta la desolazione di questo
nuovo mondo, e le splendide prove dei due protagonisti, con il giovanissimo Kodi
Smit-McPhee che tiene abilmente testa a un mostro sacro come Viggo Mortensen,
autore dell’ennesima prova memorabile della sua carriera.
The Road è un film
estremo e disperato, inadatto agli stomaci deboli non tanto per la violenza
mostrata su schermo, ma piuttosto per la ben meno sopportabile violenza
psicologica su cui è imperniato il racconto, che mette in discussione tutti i
punti fermi della nostra società senza mai mostrare una luce in fondo al tunnel,
neanche nel solo superficialmente consolatorio finale. Una pellicola
prevedibilmente e ingiustamente trascurata dal grande pubblico, a cui solo il
tempo saprà probabilmente attribuire tutti i pregi e i meriti."
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