Collettiva "La Pittura dopo il Postmodernismo"
Caserta - dal 13 aprile al 16 giugno 2018
Comunicato stampa
La Mostra ”La Pittura dopo il Postmodernismo“ alla Reggia di Caserta,
curata dalla celebre storica dell'arte statunitense Barbara Rose, è la terza
edizione del progetto , inauguratosi prima a Bruxelles nel 2016 e poi
presentato a Malaga nel 2017. L’esposizione comprende oltre 100 dipinti
realizzati da eminenti artisti statunitensi, belgi e italiani. E’
accompagnata da un esaustivo catalogo con testi critici e riproduzioni a
colori di tutte le opere esposte.
“La Pittura dopo il Postmodernismo”
intende definire le nuove modalità di un'arte che, piuttosto che demolire,
ricostituisce gli elementi della pittura in nuove sintesi fresche e libere
da dogmi e riduzioni teoriche.
Per la prima volta in Italia, la mostra
“La Pittura dopo il Postmodernismo”, si svolgerà presso la Reggia di
Caserta, l'antica residenza reale costruita per i re Borbone di Napoli. Uno
dei più grandi palazzi eretti in Europa durante il diciottesimo secolo. Nel
1997, il palazzo è stato designato patrimonio mondiale dell'UNESCO, nelle
motivazioni che accompagnano tale nomina, la Reggia è stata definita: "il
canto del cigno dell'arte spettacolare del barocco, con la creazione di
caratteristiche illusioni spaziali multidirezionali".
Gli artisti
statunitensi presenti in mostra : Walter Darby Bannard, Karen Gunderson,
Martin Kline, Melissa Kretschmer, Lois Lane, Paul Manes, Ed Moses e Larry
Poons.
I belgi: Mil Ceulemans, Joris Ghekiere, Marc Maet, Werner
Mannaers, Xavier Noiret-Thomé, Bart Vandevijvere e Jan Vanriet;
Gli
italiani: Roberto Caracciolo, Arturo Casanova, Bruno Ceccobelli, Elvio
Chiricozzi, Gianni Dessì, Nino Longobardi, Roberto Pietrosanti, Marco
Tirelli e Rossella Vasta.
“La Pittura dopo il Postmodernismo” indaga le ragioni del perché, quando
Marcel Duchamp dichiarò che la pittura era morta, furono in molti a credergli.
Tuttavia si sbagliava, come è evidente se si guarda ai decenni precedenti e
successivi alla seconda guerra mondiale, quando artisti quali Picasso, Matisse,
Miró e la Scuola di New York continuavano a realizzare opere di grandi
dimensioni al pari dei grandi maestri del passato. Negli anni '60 e '70,
fortemente politicizzati, torna di moda il "suonare la campana a morto" per la
pittura, percepita come un prodotto della cultura borghese. Al suo posto, le
gallerie e i musei definivano l'avanguardia in termini di arte concettuale,
impiegando video, tecniche miste e installazioni, nell'intento di negare alla
pittura la sua posizione di preminenza; relegandola ad un ulteriore tentativo
postmoderno.
Tale retrocessione era forse il risultato inevitabile del
privare la pittura della pienezza dell'esperienza che una volta offriva,
riducendola a una pura esperienza "ottica" priva di contenuto, di metafora o
dell'enfasi data alla superficie. Il critico d'arte imperante nel dopoguerra
Clement Greenberg ha insistito sul fatto che la pittura per rimanere "pura"
doveva dirigersi alla sola vista, perché sosteneva che l'essenza dell'esperienza
visiva era puramente "ottica". Tutte le tracce della mano dovevano essere
cancellate in favore dell'impatto istantaneo dell'immagine sulla retina.
I
saggi di Greenberg "Modernist Painting" e "Post-Painterly Abstraction" divennero
il canone da seguire, riducendo alla sua essenza esclusivamente ottica un'arte
da lui definita "alta". Le proprietà materiali, del colore e della tela,
venivano enfatizzate a scapito di ogni effetto tattile; inoltre, la pittura
doveva essere esclusivamente astratta, liberata da qualsiasi contenuto
figurativo o anche metaforico.
A partire dagli anni '80, il dogma di
Greenberg fu sfidato dai critici europei, tra cui Achille Bonito Oliva, che usò
il termine postmodernismo per descrivere una pittura che mescolava gli stili
delle avanguardie storiche in un pastiche di nuove formulazioni figurative. Nel
1984, Peter Burger definì il postmodernismo come "la fine dei movimenti storici
d'avanguardia". Frederick Jameson ha caratterizzato il postmodernismo come una
rottura della distinzione tra cultura "alta" e "bassa", assorbendo l'immaginario
kitsch della cultura di massa nelle citazioni e nelle riproduzioni riciclate in
pittura.
Il postmodernismo ha privato la pittura dell'originalità
dell'esperienza diretta, allo stesso modo in cui l'astrazione disincarnata di
Greenberg, rivolta alla sola vista, è entrata in collisione con il desiderio di
alcuni artisti di conservare l'integrità dell'esperienza estetica. Esperienza
che unisce le qualità tattili della superficie sensuale pittorica e la fusione
ottica di colore e luce, così com'era per i grandi maestri del passato. Gli
artisti rappresentati in questa mostra desiderano ripristinare i valori tattili
della pittura, ridefinendo il disegno come parte integrante del processo
pittorico, andando oltre il postmodernismo per recuperare la pienezza della
pittura intesa quale arte principale; in tal modo recuperando l'espressione
tattile della materia pittorica, e la dimensione metaforica per adempiere a ciò
che Henri Bergson definì come la sua funzione principale: essere "élan vital",
slancio vitale.
La mostra è patrocinata dal Mibact, Reggia di Caserta, Museo
Madre, Ambasciata Americana, Ambasciata Belga, Ordine degli architetti di
Caserta, Camera di Commercio di Caserta.
Informazioni pratiche: Reggia di Caserta, Viale Douhet 2/a, 81100 Caserta CE,
Italy
Orario di apertura: lunedi e da mercoledì a domenica, dalle ore 8.30
alle ore 19.30
pap.reggia@gmail.com
www.reggiadicaserta.beniculturali.it