Libreria Hamletica: eventi ed attività
Maddaloni (CE) - Aprile 2018
Comunicato stampa
Un film da leggere
La Libreria Hamletica è lieta di presentarvi la
rassegna “Un film da leggere”, un ciclo di proiezioni basate su opere
letterarie. Un’opportunità per lettori e per amanti del cinema di scoprire
il punto d’incontro fra queste due arti e le rispettive modalità di
narrazione, con tutte le differenze e le opportunità offerte dalla diversa
natura dei due media.
Mercoledì 4 aprile l’iniziativa prende il
via con la proiezione alle ore 20.30 del film “Fahrenheit 451” (GB, 1966,
112’) tratto dall'omonimo romanzo fantascientifico-distopico di Ray Bradbury
per la regia di François Truffaut, il quale acquistò i costosi diritti del
libro nel 1960 e richiese la collaborazione dello stesso Bradbury per
redigere la sceneggiatura, ma lo scrittore si rifiutò: il recente
adattamento teatrale del testo l’aveva “spossato” e temette di non fare un
buon lavoro.
La lavorazione alla sceneggiatura richiese molto tempo, i
fondi necessari per la produzione del film sforarono il preventivo iniziale
e anche la scelta del cast si rivelò difficile: il protagonista maschile,
infine interpretato da Oskar Werner, fu in ballottaggio tra Belmondo,
Aznavour, Paul Newman, Montgomery Clift, Kirk Douglas, Peter O’Toole e
Terence Stamp che, all’inizio del ’65, alla vigilia delle riprese, diede
forfait.
Appassionato e vorace lettore, Kubrick
utilizzava le atmosfere romanzesche come spunto per la sua produzione
filmica, trasformandole in immagini divenute di per sé iconiche. Lo stesso
si può dire di Alfred Hitchcock, appassionato bibliofilo, i cui film sono
stati tratti da libri di genere horror e racconti thriller, adoperando
questi come fine per le sue idee. Le sue letture, e come esse differiscono
dalla natura cinematografica, hanno portato ad alcuni dei migliori
adattamenti mai girati.
In merito alla contrapposizione tra cinema e
testo letterario, nel libro-intervista “Il cinema secondo Hitchcock” di
François Truffaut, l’autore inglese disse: «Probabilmente conoscete la
storia di quelle due capre che mangiano la pellicola di un film tratto da un
romanzo di grande successo. A un certo punto una capra dice all’altra: “per
me, era meglio il libro”».
Si tratta del primo lungometraggio a colori del regista
francese, girato nei dintorni di Londra e ambientato in un futuro
imprecisato, in cui il protagonista, Guy Montag, svolge con rettitudine ed
estrema diligenza il suo lavoro di pompiere. Ma in questa strana società il
pompiere non doma gli incendi bensì li genera… con i libri. Un dispotico e
onnipresente governo totalitario ha bandito il diritto di leggere, la
lettura è un reato e possedere libri porta all’arresto. Montag esegue gli
ordini senza porsi domande fino a quando la conoscenza di una simpatica e
affascinante ragazza, Clarisse, non gli aprirà gli occhi facendogli
comprendere l’assurdità della legge. Il protagonista non potrà più accettare
una vita senza libertà e soprattutto senza conoscenza realizzando che
l’unico scopo del governo è quello di controllare e condizionare le vite di
ognuno spacciando una felicità falsa e solo apparente.
Fahrenheit
451, all’aurora della civiltà dell’immagine, è un film che affida al libro,
in polemica con i mezzi audiovisivi, la funzione di richiamare l’uomo ai
valori della cultura e della morale individuale.
Il tema dominante dunque
è l’amore per i libri, un film che Truffaut non poteva non fare, perché
conscio della sfida che esso imponeva a sé stesso come regista, trattandosi
di dar vita ad immagini che avessero testimoniato una passione bruciante per
la parola scritta.
Giovedì 12 aprile, ore 20.30, film “Mattatoio 5” (USA,
1972, 104’) tratto dall'omonimo romanzo di Kurt Vonnegut (1969).
La storia
utilizza la fantascienza per costruire un'opera contro la guerra e ogni tipo di
violenza. Entrambi, regista e scrittore, erano reduci della seconda guerra
mondiale.
Il film vinse il premio della giuria al 25º Festival di Cannes per
il miglior film di fantascienza, ed è anche ricordato per la memorabile colonna
sonora, musiche di Bach eseguite da Glenn Gould.
I romanzi di Vonnegut sanno
di libera conferenza, di cicalata da entertainer (per questo si citano Twain e
Dickens, ma anche i fratelli Marx) e sono pieni di gag come i cortometraggi,
amatissimi da Vonnegut, di Ollio e Stanlio con la loro “divina stupidità”,
saltano di palo in frasca, chiamano in causa il lettore, citano, piangono e
canticchiano, ma hanno al fondo un filo rosso solidissimo che riesce sempre a
tenerli insieme, che in Mattatoio n. 5 è il bombardamento alleato su Dresda, una
delle più belle città europee.
Dresda fu rasa al suolo nel febbraio del 1945
allo scopo di demoralizzare la popolazione tedesca (lo volle Churchill, con
l’accordo degli alleati Stalin e Roosevelt), e vi furono – ma la disputa sul
numero è ancora aperta – tanti morti quanto a Hiroshima. Vonnegut era lì, a
Dresda, e fu quello l’avvenimento più importante della sua vita, che lo ha
segnato per sempre. Era un prigioniero di guerra americano costretto a lavorare
per il Reich nelle grotte sotto un mattatoio, e grazie a questo fu uno dei
sopravvissuti.
Il sottotitolo del romanzo è “La crociata dei bambini”: ogni
guerra è un’orrenda crociata di bambini, mandati a morire per interessi adulti,
ci dice Vonnegut. Il protagonista del romanzo, alter ego dell’autore, si chiama
Billy Pilgrim, oculista. Pilgrim, come il pellegrino, come gli “ognuno” delle
rappresentazioni medioevali. Grazie all’esperienza di Dresda, Billy può
attraversare il tempo, tutto è compresente nella sua vita di dopo, il passato e
il futuro e una terza dimensione, quella di Tralfamadore, il pianeta dove è
catturato e osservato – in compagnia di una bella fanciulla – da extraterrestri
curiosi di capire come agiscono gli uomini.
Trasporre tutto questo in un film
non era facile, e George Roy Hill non è Stanley Kubrick, Robert Altman o Arthur
Penn, più adatti di lui a questa impresa superiore alle sue forze. Eppure i suoi
film migliori, dei tanti che ha fatto, sono proprio quelli in sintonia con la
controcultura, girati alla svolta tra anni sessanta e settanta: Butch Cassidy,
La stangata e Mattatoio 5, film giovanilmente brillanti e movimentati, di
ambizioni anticonformiste...
La sceneggiatura di Stephen Geller è al servizio
dello spettatore, e lo aiuta a muoversi tra i diversi piani narrativi per fargli
capire trama e senso senza dover troppo faticare...
Mercoledì 26
aprile, "Un film da leggere", ore 20.30, film di Micheal Radford
“Orwell 1984 ” (GB, 1984, 113’) tratto dall'omonimo romanzo di George Orwell
(1948)
"La trama è nota: in un futuro ucronico, il mondo è diviso in tre
grandi super-stati: Eurasia, Estasia e Oceania.
Il protagonista, Winston
Smith, vive in quest’ultimo e lavora come dipendente del Governo in qualità di
correttore di fatti: ogni notizia passa per la scrivania sua e dei suoi
colleghi, e viene edulcorata a beneficio della politica del governo.
La
società in cui vive Smith è un totalitarismo estremo, governata con pugno duro
dal Grande Fratello che scruta ogni momento della vita dei suoi sudditi, persino
nell’intimità delle loro case.
Le persone sono state private del libero
arbitrio, e ridotte a cani di Pavlov che rispondono ad elementari e ben
individuati impulsi: l’odio verso un nemico, il controllo del linguaggio,
l’assimilazione della propaganda.
La società viene disgregata persino nella
sua più elementare composizione, quella del rapporto umano, scoraggiando le
relazioni e riducendo l’uomo ad un’isola infelice.
Alcuni di questi schiavi,
il cui cervello non è ancora del tutto piallato dal Grande Fratello, cercano
oasi di conforto in una verità alternativa. Smith si rifugia nell’unico angolo
della casa dove il Grande Fratello non può vederlo, e lì scrive e legge.
Conosce Julia, intraprende con lei una relazione proibita. Viene sedotto dalla
carismatica figura di O’Brien (un imbolsito Richard Burton nel film), un alto
funzionario del partito che si finge dissidente solo per far uscire Smith allo
scoperto, arrestarlo e torturarlo sino all’annientamento della sua volontà."
"Assenza quasi totale di colonna sonora, solo effetti distorti che sottolineano
i momenti più tragici. Lo spettatore è martellato dagli stessi messaggi
allucinatori con cui il Governo piega la resistenza psicologica dei sudditi,
tutti giocati sulla deformazione del linguaggio: la schiavitù è libertà, la
guerra è pace e così via, di modo da sottolineare il capovolgimento dei più
elementari punti di riferimento."
"Orwell 1984 è un film disturbante. In ciò
sta forse il maggior pregio del film. L’atmosfera oppressiva che Orwell ha
voluto descrivere nelle sue pagine viene qui riproposta sotto forma di altro
medium, realizzando altrettanto senso di nausea e disagio per un mondo che è si
alternativo e ucronico, ma dannatamente verosimile persino nei suoi eccessi.
Più volte viene da chiedersi cosa sarebbe successo se il mondo intero, a un
certo punto della sua Storia, fosse andato in un’altra direzione anziché in
quella realmente imboccata.
È quasi pedante sottolineare la sconvolgente
attualità delle premesse esacerbate da Orwell nel lontano 1948 (quando il libro
è stato scritto): la solitudine dell’individuo, il rarefarsi dei rapporti umani,
il linguaggio distorto ad uso e consumo della propaganda, l’indice perennemente
puntato su un nemico, uno qualsiasi, per canalizzare la rabbia delle masse e
dare un nome e un volto alla loro perdurante infelicità."
Hamletica libri, Piazza generale Ferraro,12, Maddaloni