Stefano Bollani incanta la Reggia per "Un'estate da Re"
Caserta, 7 Luglio 2017
Articolo di Giuseppe Vuolo, foto di Giuseppe Vuolo e Ufficio Stampa Gest Show
A un'ora dall’inizio ufficiale, davanti alla Reggia c’è già una
cinquantina di persone che attende l’apertura dei cancelli, sparsa in Piazza
Carlo III: vengono a piedi un po' da tutti i lati, ma tutti diretti verso
l'entrata centrale. La Reggia al tramonto è uno spettacolo da cartolina, e
così le persone che a gruppetti attraversano lentamente i prati della piazza
in questa luce danno l’idea di essersi ritagliate un po’ di tempo per sé,
per riavvicinarsi – anche fisicamente – al Bello, all'Arte e alla Storia. È
un concetto che il Direttore Mauro Felicori ha posto alla base del suo
operato, a giudicare dalla quantità e qualità delle iniziative messe in
campo dalla sua amministrazione, nel segno della valorizzazione del Palazzo
vanvitelliano e delle migliori sinergie con istituzioni pubbliche e private.
L’iniziativa di stasera è "Un'estate da Re", la rassegna estiva che, in
collaborazione con la Regione Campania, porta da due anni musica e teatro
nella dimora dei Borbone e che prossimamente accoglierà, tra gli altri, il
Maestro Ennio Morricone per due attesissimi concerti.
C’è ancora luce
quando il cortile interno comincia a riempirsi, alle 20:30. Passa un'altra
oretta ed ecco l’ospite della serata presentarsi al pubblico.
Foto G. Vuolo
Il suo spettacolo "Piano solo" è un concerto per pianoforte, Fender Rhodes e
due sole mani. Sembra una cosa “un po’ da megalomani” (come dice lui
stesso scherzando col pubblico) ma non lo è affatto, se in mezzo a quegli
strumenti si siede Stefano Bollani.
Con un inizio introspettivo in un mondo
di luci blu, il pianista toscano propone una sua composizione originale che fa
fluttuare il pubblico in una calma da acquario. Poi è il momento di una
Tico-Tico che catapulta lo spettatore nel mondo del Bollani più autentico:
la sua musica è un patchwork coi colori del Sudamerica, di New Orleans,
dell’Italia e di Napoli (che fa categoria a sé), un linguaggio immaginifico a
metà strada tra un grammelot e una pianola impazzita.
Solo dopo mezz’ora di concerto prende la parola e da qui in avanti dà vita ad
uno show nello show, mostrandosi vivace ed eclettico anche lontano dal piano con
battute, imitazioni, parodie in dialetto toscano, racconti di personaggi
inventati dotati di una propria poetica, il tutto evidentemente in linea con la
sua idea ironica e giocosa della musica.
Bollani continua tra jazz e tutto
il resto, trovano spazio in scaletta anche due canzoni tratte dal suo “Arrivano
gli alieni”, album del 2015 che lo vede per la prima volta nelle vesti di
cantautore. I pezzi sono la titletrack e Microchip, dove dà
sfogo alla sua grande ammirazione per Renato Carosone. La sua passione a
sconfinare nella canzone d’autore lo porta poi ad omaggiare l’amato Paolo Conte
regalando una versione di “Azzurro” tenue, meditabonda, in qualche modo più vera
dell’originale.
Anche quando si fa rapire dalla musica leggera, Stefano Bollani rimane un
virtuoso geniale col debole per lo swing, un acrobata con la passione dei salti
mortali sugli 88 tasti, confermando la caratura internazionale del suo talento.
Le mani sulla tastiera appaiono come farfalle che sembrano poter fare tutto e
arrivare ovunque, in una decina di modi differenti.
Il pezzo scelto per la
chiusura, la Mattinata di Ruggero Leoncavallo, è un momento di
raccoglimento speculare a quello di apertura del concerto ma, prima di questo,
il bis di Bollani si apre con un medley pazzo di brani proposti dal pubblico tra
El diablo dei Litfiba e Ribbon in the sky di Stevie Wonder,
passando per il Pino Daniele di Putesse essere allero e il Michael
Jackson di Billie Jean. E ormai è chiaro che nel fare questo non c’è
incoerenza, non c’è una vera discrepanza tra proporre musica “alta” e “bassa”,
perché l’unica cosa importante, sembra voler dire alla fine, è non prendersi mai
troppo sul serio, suonare – e vivere – con leggerezza calviniana
Consulta: Gest Show alla Reggia