Saló o le 120 giornate di Sodoma
I pugni in tasca
Nosferatu
Rocco e i suoi fratelli
Jeanne Moreau
Comunicato stampa
Film rarissimi provenienti dagli archivi di tutto il mondo, il bianco e
nero e il colore, documenti e documentari, i film muti, e tanto altro ancora
per un viaggio di emozioni in prima visione attraverso 120 anni di cinema.
Siglata nei giorni scorsi la collaborazione con la Cineteca di Bologna, il
Teatro Ricciardi di Capua avvia la sua nuova stagione eventi con una
rassegna che da ventinove edizioni conduce gli amanti del cinema in viaggi
memorabili attraverso le meraviglie della settima arte.
E così, dal 2
novembre prossimo e fino a maggio, film rarissimi e documentari provenienti
da tutto il mondo arriveranno sul grande schermo del Ricciardi per una
visione che, contemporaneamente in tutte le sale d’Italia aderenti al
progetto, regalerà il piacere della condivisione di un patrimonio culturale
immenso.
Dal 2 novembre, Saló o le 120 giornate di
Sodoma, film di Pier Paolo Pasolini datato 1975 e proposto in versione
integrale restaurata a 40 anni dalla morte del noto regista. E' l'ultimo
film di Pierpaolo Pasolini, che finì di montarlo il giorno prima di essere
ucciso all'idroscalo di Ostia. Uscì postumo nel 1975.
1944-45. Italia
settentrionale. Nel prologo, Antinferno, quattro autorita` repubblichine -
il Duca, il Vescovo, il Presidente di Corte d'Appello e il Presidente della
Banca Centrale -, riunite a Salo` incaricano le SS e la milizia di rapire un
gruppo di ragazzi e ragazze. Dopo avere selezionato i piu` avvenenti, si
chiudono con loro in una villa nei pressi di Marzabotto, presidiata da un
manipolo di soldati. Impongono per centoventi giornate le leggi crudeli di
un regolamento che sottomette i ragazzi a ogni genere di violenza sessuale e
psicologica. Tre ex prostitute e una pianista accompagneranno gli
'intrattenimenti' raccontando le proprie esperienze sessuali nella Sala
delle Orge. Di orrore in orrore, di efferatezza in efferatezza, si
susseguono cosi` tre gironi infernali di stupri, umiliazioni e sevizie: il
Girone delle Manie, il Girone della Merda e il Girone del Sangue, dove
vengono designate le vittime dello sterminio finale.
Dal 18
novembre, I pugni in tasca, 1965 - di Marco Bellocchio
con Lou
Castel, Paola Pitagora, Marino Masé, Pierluigi Troglio, Irene Agnelli1965,
Italia, Drammatico, durata 107 Min
In una decadente villa della montagna
piacentina vive una famiglia borghese la cui direzione è affidata, più che
alla madre cieca, al maggiore dei quattro figli, Augusto, che, fidanzato da
tempo ad una ragazza di città, attende con ansia il momento di abbandonare
la casa per formare una propria famiglia nel capoluogo. Nella casa vivono:
Leone, il più giovane dei fratelli, epilettico ed incapace di ragionare;
Giulia, la quale, anche se apparentemente più normale, è a sua volta malata
e psicologicamente ferma ad una preadolescenza che la lega morbosamente a
Sandro. Questi, a sua volta pazzo ed epilettico, ha una mente lucida nel
concepire diabolici piani tendenti a sopprimere i familiari. Sandro, quando
se ne presenta l'occasione, spinge la madre in un burrone, affoga nel bagno
Leone, e, dopo aver rivelato le sue prodezze alla sorella Giulia, si allea
con la medesima per uccidere Augusto. Ma la fredda determinazione di Sandro
atterrisce Giulia che, temendo di rimanere vittima della mania omicida del
fratello, non interviene a salvarlo nel corso di una letale crisi del suo
male.
Dal 30 novembre, Il
terzo uomo, 1949 - di Carol Reed
11 gennaio, Il grande dittatore,
1940 - di Charlie Chaplin
Con Jack Oakie, Charles Chaplin, Paulette
Goddard, Henry Daniell, Reginald Gardiner.
Commedia, b/n durata 126 min.
- USA 1940 - Cineteca di Bologna 2016
Un barbiere ebreo, decisamente
maldestro come soldato, viene ferito nel corso della prima guerra mondiale e
ricoverato in preda a una forte amnesia. Una volta guarito torna al suo
lavoro ma il mondo intorno a lui è profondamente cambiato. E' infatti andato
al potere il dittatore Adenoide Hynkel il quale ha scatenato una caccia
all'ebreo dietro consiglio della sua eminenza grigia Garbisch. Il povero
barbiere viene così preso di mira e, nonostante l'aiuto di una fanciulla per
la quale prova un sentimento profondo, sottoposto a soprusi. La sua
straordinaria somiglianza con Hynkel gli consente però di sostituirsi a lui
fino al punto di poter indirizzare un discorso alla nazione di contenuto
profondamente umanitario.
27 gennaio, Amarcord, 1974
- di Federico Fellini
Con Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia,
Giuseppe Ianigro, Gianfilippo Carcano.
Commedia, durata 127 min. - Italia
1973. - Cineteca di Bologna 2015
Amarcord in dialetto romagnolo (il
dialetto di Fellini) vuol dire "mi ricordo", e il regista ricorda gli anni
della sua infanzia, gli anni Trenta, al suo paese.
Passano dunque i miti,
i valori, il quotidiano di quel tempo: le parate fasciste, la scuola (con
l'insegnante prosperosa che stuzzica i primi pensieri), la ragazza "che va
con tutti", la prostituta sentimentale, la visita dell'emiro dalle cento
mogli, lo zio perdigiorno che si fa mantenere, la Mille Miglia, i sogni ad
occhi aperti, il papà antifascista che si fa riempire d'olio di ricino, il
paese intero che in mare, sotto la luna, attende il passaggio del
transatlantico Rex.
Fellini nel '73 era ancora in grado di incantare
praticamente con niente, confezionando appunto il "niente" con colori,
fantasia e sensazioni. Si giova dei soliti collaboratori, a cominciare da
Nino Rota sempre importantissimo nell'economia del cinema felliniano.
mercoledì 10 febbraio alle 20.30, Nosferatu il vampiro di
Friedrich Wilhelm Murnau
Considerato il capolavoro del regista tedesco e
uno dei capisaldi del cinema horror e espressionista, Nosferatu il vampiro è
ritenuto il primo grande capolavoro della settima arte.
Il film horror è
espirato liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker.
Murnau
dovette modificare il titolo, i nomi dei personaggi (il Conte Dracula
diventa il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck) e i luoghi (da Londra a
Wisborg) per problemi legati ai diritti legali dell'opera.
Il regista fu
comunque denunciato dagli eredi di Stoker; perse la causa per violazione del
diritto d'autore e venne condannato a distruggere tutte le copie della
pellicola, tuttavia una copia "clandestina" fu salvata dallo stesso Murnau,
e il film è potuto sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri.
La storia è
molto semplice e ripercorre, a grandi linee, lo svolgersi del noto romanzo
(del quale comunque, rimane la prima versione cinematografica non ufficiale)
ma, con qualche importante cambiamento nella trama per offrire allo
spettatore una più inconsueta versione di quello che sarà poi un classico
della letteratura mondiale.
Dietro la macchina da presa, l’occhio di
Murnau compone e orchestra, dunque, questa opprimente pestilenza al limite
dell’onirico, sfruttando il taglio delle inquadrature e delle soluzioni
tecniche che, ancora oggi, sono sorprendentemente rivoluzionarie nella loro
facilità. Vedi, per esempio, l’arrivo della carrozza del vampiro, che venne
stampato in negativo, oppure la corsa del carro funebre del non-morto, che
venne invece accelerata, per dare allo spettatore un effetto più innaturale
e aggiungere inquietudine all’inquietudine.
Rimarrà ai posteri il simbolo
della pellicola: il nosferatu. il vampiro più terrificante della Storia del
Cinema. Quel Conte Orlok che genera ancora oggi un’ineffabile e continua
tensione per il mostruoso e deforme aspetto semi-animale (un po’
pipistrello, un po’ insetto, un po’ umano) sotto il cui trucco si nascondeva
il caratterista Max Schrek che ottimamente studiò e replicò i movimenti
furtivi di certi animali selvaggi, sempre pronti a balzare contro
un’eventuale preda. È lui il corruttore, il senza-storia che porta la morte
e che, secondo alcuni critici tedeschi, incarna il terrore di Murnau per
quell’antisemitismo e quel razzismo che verranno nel futuro ma che già si
respiravano nell’aria.
Luci e ombre che creano squadrature e angoscia
anche nelle brulle ed erose montagne dei Carparzi assumendo significati
stranianti: qui la grandezza di Murnau e del suo approccio artistico.
Nosferatu diventa non un film espressionista ma, il film espressionista.
Rispettando quelle che erano le regole di questo fenomeno, il regista
tedesco le impone in uno scenario che, fino ad allora, era rimasto a priori
escluso: i paesaggi originali, gli esterni. Piuttosto che ricreare boschi e
sabbie nello studio, impone il buio e l’oscurità fuori. E supera la prova.
Quindi, arrivando a ingannare le leggi della Natura, si sancisce la potenza
espressiva del cinema e, fatto questo, eccoci di fronte al motivo per cui
Nosferatu è ritenuto il primo grande Capolavoro della settima arte.
mercoledì 17 febbraio alle 20.30, "Il gabinetto del dottor
Caligari" di Robert Wiene
Film muto del 1920 considerato il simbolo del
cinema espressionista
Atmosfera irreale creata dalle celebri scenografie
con prospettive deformate fatte di case sghembe e distorte, di spazi
irregolari, di oggetti amplificati, di giochi allucinati di luci e ombre,
spesso disegnate sugli stessi fondali, l’opera ha influenzato tutto il
cinema tedesco degli anni '20 soprattutto nella scelta dei temi:
l'ossessione dello sdoppiamento di personalità, la confusione tra sogno e
realtà, l'umanizzazione del mostro, il personaggio del mago come
rappresentazione dell'autorità.
Malgrado la sua importanza, per decenni
si è continuato a proiettare il film in una forma vecchia e logora.
Nonostante i restauri a cura del Filmmuseum di Monaco (1980), del
Bundesarchiv-Filmarchiv di Coblenza (1984) e del programma europeo MEDIA
(‘progetto Lumière’, 1995) avessero prodotto importanti miglioramenti
estetici, tutti questi lavori si sono scontrati con limiti di natura fisica.
Persistevano vari segni di degrado: la tipica patina da ‘vecchio film muto’
fatta di sporcizia, graffi e righe che infestavano l’immagine come fantasmi;
il forte contrasto, che spesso riduceva i volti degli attori a superfici
bianche; l’instabilità dell’immagine e i frequenti salti; le didascalie di
difficile lettura. Le fonti su cui si basavano i tre restauri fotochimici
erano diverse, ma tutte contenevano quei difetti.
Oggi, a quasi vent’anni
dall’ultimo restauro,la Fondazione FriedrichWilhelm Murnau di Wiesbaden ha
usato per la prima volta il negativo camera custodito dal
Bundesarchiv-Filmarchiv di Berlino e ha riunito i materiali migliori
conservati negli archivi di tutto il mondo. Il restauro digitale a 4K è
stato eseguito dal laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna. Das Cabinet
des Dr. Caligari non è mai stato vittima di tagli imposti dalla censura o
dal produttore: per questo motivo non ci si attendeva scoperte sensazionali
e scene tagliate. Ciò nondimeno, la nuova versione presenta il film nella
sua forma più completa: il conseguimento di questo risultato era una delle
sfide cruciali del progetto.
7 e 9 marzo, Rocco e i suoi
fratelli, 1960 - di Luchino Visconti
Con Claudia Cardinale, Alain Delon,
Roger Hanin, Katina Paxinou, Annie Girardot.
Drammatico, b/n durata 180
min. - Italia 1960. - Cineteca di Bologna
IL FILM
Alla morte del
marito, la lucana Rosaria Parondi si trasferisce a Milano, dove abita il
primogenito Vincenzo, con gli altri quattro figli maschi: Simone comincia
una carriera nella boxe, Rocco fa il garzone in una stireria, Ciro va a
lavorare in fabbrica e Luca, il minore, rimane a casa con la madre.
L'ossessione di Simone per la prostituta Nadia, della quale si invaghirà
anche Rocco, porterà alla tragedia e alla disgregazione della famiglia
Parondi.
A dodici anni da La terra trema, Luchino Visconti torna ad
occuparsi della questione meridionale, questa volta, dal punto di vista di
chi è costretto ad emigrare: le difficoltà di adattamento in una nuova
realtà sociale, la condizione di chi si sente straniero in una città ostile,
tra sogni di ritorno alla terra natia e voglia di integrazione, un certo
verismo nelle modalità di racconto fanno di Rocco e i suoi fratelli un
seguito ideale del precedente capolavoro ispirato a "I Malavoglia". Anche
qui c'è una fonte letteraria precisa, la raccolta "Il ponte della Ghisolfa"
di Giovanni Testori, cui si aggiungono suggestioni da altre opere quali
"Giuseppe e i suoi fratelli" di Thomas Mann, "L'idiota" di Dostoevskij e
"Uno sguardo dal ponte" di Arthur Miller, che il regista portò in teatro
solo due anni prima. Ma al di là della sua dimensione di saga famigliare,
evidentissimi gli echi verghiani, di maestoso romanzo popolare, questo
capolavoro del cinema anni Sessanta è soprattutto un grande melodramma, un
miscuglio sapientissimo di sentimenti forti, pulsioni ancestrali e arcaiche,
uno dei risultati più alti di Visconti, che mette in scena la sua Milano
attraverso gli occhi di chi ne è respinto, allontanato, fagocitato.
Compatta da un punto di vista drammaturgico, poderosa da quello descrittivo,
è il caso di un'opera in grado di superare l'evidente carica ideologica
grazie a virtù riferibili ad una mano registica che ha pochi eguali: «I
valori assai alti di Rocco e i suoi fratelli [...] vanno, come al solito,
individuati, più che nelle intenzioni ideologiche, nella concentrata densità
drammatica del racconto, nella sua grandiosità epico-melodrammatica e
drammaturgico-romanzesca, nei livelli altissimi della scrittura filmica e
dell'orchestrazione polifonica, nella potenza con cui vengono delineati i
sentimenti e fatte esplodere le passioni» (Lino Micciché, Luchino Visconti,
Marsilio).
Fu osteggiato dalla censura che impose un insensato
"annerimento" nella sequenza dello stupro di Nadia, tra le scene madri più
forti e sconvolgenti di tutto Visconti. Il titolo è un duplice omaggio che
mescola insieme "Giuseppe e i suoi fratelli" di Mann e il nome di Rocco
Scotellaro, scrittore e poeta interessato alla cultura e alla società
contadina, di cui il regista era un appassionato lettore.
4 aprile, Ascensore per il patibolo,
1958 - di Louis Malle. Con Jeanne Moreau, musiche di Miles Davis
Tratto
dal romanzo di Noël Calef, “Ascensore per il patibolo” rielabora in maniera
strabiliante una trama noir.
Su questa storia di tradimenti, omicidi
progettati e commessi, di dettagli che complicano la vicenda e casualità che
segnano il destino, Louis Malle costruisce una melodia soffusa, aiutato
dalla magistrale colonna sonora jazz di Miles Davis: un mood che combacia
perfettamente con le tinte cupe e minacciose del film.
Jeanne Moreau non
è mai stata così bella e magnetica: una dark lady dallo sguardo inquieto.
2 maggio, Omaggio a Robert Bresson: Au hasard balthazar, 1966 - di
Robert Bresson / Mouchette, 1967 - di Robert Bresson
altri appuntamenti: Al Teatro Ricciardi "Quelli che il cinema di mercoledì"
Costo biglietti: 5 euro a film
Le proiezioni saranno almeno 2 al giorno.
Gli orari dipenderanno dalla durata di ciascuno e saranno comunicati film per
film.
Per la ripetizione dello stesso film nella stessa settimana dipenderà
dall'affluenza e dalla concomitanza con altri film commerciali in quel preciso
periodo
Teatro Ricciardi,
Largo Porta Napoli, 81043 - Capua
info@teatroricciardi.it, +39
0823.963874