Assalti Frontali Live Set
Pignataro Maggiore (CE) - 21 dicembre 2013
Comunicato stampa
Csoa Tempo Rosso e Agro Caleno Zona Ribelle presentano in un Tempo Rosso
praticamente nuovo dopo i lavori di ristrutturazione:
Sabato 21 Dicembre 2013, Assalti Frontali Live Set
Open Act: Pascalin Mc - Hermano Loco - Uptones Crew - Dirtygun - Ego P And
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After Show: Pmk & Mya
Dal Pomeriggio Writing Session
Ore 18.00 Talk: Territori MutantI - Spazi urbani e periferie in movimento
Presentazione del libro "Quore Spinato" di Cyop e Kaf, interverranno gli
autori, Antimak, Militant A, Zako
Assalti Frontali
Vent’anni fa usciva Terra di nessuno, primo LP di rap in italiano e nostro
primo LP. Era il luglio del 1992. Alle orecchie di oggi quelle canzoni
suonano ancora commoventi, potenti, attuali, la poesia e la musica di Terra
di nessuno vincono sul passaggio del tempo in un mondo che brucia e
dimentica tutto rapidamente. Festeggiamo i vent’anni risuonando alcune perle
di quel disco storico in versione 2012: Terra di nessuno, Questione
d’istinto, Assalto Frontale e ne approfittiamo per ripubblicare alcuni pezzi
di tutta la nostra produzione con un inedito: Let’s go. Come ci sentiamo
oggi dopo tutto questo tempo? Felici, fieri dello stile tenuto, della strada
percorsa, di tutti i No che abbiamo detto e che equivalgono ad altrettanti
Si a un mondo e a un sogno autonomo e alternativo. Siamo tutti d’accordo a
dire: Let’s go. Andiamo. Avanti.
per maggiori info: www.assalti-frontali.com
Quore Spinato di Kaf&Cyop
Facciamola breve ché nell’incipit c’è già la fine: ho dipinto (e continuerò
a farlo) per tre anni consecutivi per le strade dei Quartieri Spagnoli.
Aggredendo da ogni confine: Corso Vittorio Emanuele, Pignasecca, Chiaia,
restando imbrigliato nelle maglie fitte della scacchiera pensata a suo tempo
per le truppe spagnole, il cuore inesplorato e temuto perché vestito di una
corazza di cliché. L’ho fatto di giorno, cominciando da quegli edifici che –
distrutti dal terremoto e mai restaurati – sono considerati da tutti terra
di nessuno; e quando il primo passante, vedendomi operare (è chirurgia la
pittura, l’ho già scritto), si è fatto avanti e mi ha chiesto di dipingere
anche la porta del suo basso, inconsapevolmente ha messo in moto una
reazione a catena che, come la biglia di un flipper mi ha catapultato da un
muro all’altro, di basso in basso, garage dopo garage, per soddisfare le
richieste di quanti (tanti, troppi per le mie sole forze) mi chiedevano un
dipinto anche per loro.
Un’amica mi ha chiesto poco tempo fa: ma tu perché lo fai? Mi sono accorto
che aveva più risposte di me. Forse immaginava che lo facessi per rendere
migliore il quartiere, o che mi piacesse stare tra la gente. Sarà, e se è
vero non importa; io sono più propenso a pensare che l’ho fatto perché non
potevo fare altro, assecondavo la mia ossessione. I personaggi che dipingo
mi disegnano, non viceversa. Sono loro che, armati di tutto punto,
autolesionisti, balordi, più moderni di ogni moderno, mi trascinano e mi
obbligano a dar loro vita mettendoli in quella cornice di senso che è la
metropoli. È inutile, quando la passione è forte si va avanti senza ragione
tra le sue fiamme, consci di incenerire da un momento all’altro, come certe
superfici (solo di nome, ché a guardar bene hanno storie profonde da
raccontare) che nascoste da qualche pannello pubblicitario poi divelto,
hanno svelato strati e strati di manifesti dai quali sono nati esseri assai
inquietanti.
Tutto quello che c’è stato in mezzo, tra me e ogni singola pagina scritta
tra le righe e le rughe di questo meraviglioso quartiere, è storia privata
che non merita mercimonio. Quando mai l’amore si è messo in mostra? Solo chi
sbandiera partecipazione, riqualificazione, intervento sociale costruisce
carriere mettendosi in vetrina come certe vecchie prostitute. Qui non c’è
nulla da dimostrare e molto da fare ancora. Intanto ho dipinto senza freno
certe mie inquietudini (che credo siano anche di molti altri) che spesso
inquietavano a loro volta; e allora non mi sento neanche di tacere che molti
considerano terrificanti le mie opere e allora intervengono chiedendo di
disegnare cose più allegre, floreali, carine (è la dittatura del carino!).
Non li assecondo. Perché se da un lato è prezioso il loro coinvolgimento
emotivo, dall’altro lo è anche la mia autonomia. Se mi mettessi a consolare
rischierei di accomunarmi ai tanti che continuamente cercano di nascondere
il disastro sotto il tappeto. Dunque insisto dipingendo le mie ossessioni,
che sono poi quelle che l’humus circostante alimenta e se possibile aumenta.
(c&k)