Caserta Film Lab: eventi
Caserta, Dal 29 Ottobre 2013
Comunicato stampa
Si è costituita nei giorni scorsi l’associazione culturale Caserta Film
Lab, che sotto la presidenza del dott. Mauro Alifano e la direzione
artistica di Francesco Massarelli, intende proseguire quel progetto di
diffusione della cultura cinematografica già sviluppato negli ultimi anni
con la storica associazione Cineclub Vittoria Filmhouse. Negli intenti della
neonata associazione c’è un maggiore radicamento nel tessuto cittadino ed
una più fitta collaborazione con la rete di operatori culturali del
territorio.
Tra le principali attività dell’associazione il classico cineforum, con
incontri ed approfondimenti in sala, che quest’anno trova ospitalità al
martedì presso il Multicinema Duel.
La serata inaugurale del cineforum è prevista per Martedì 29 ottobre
con la proiezione del film Che strano chiamarsi Federico, film dedicato da
Ettore Scola all’amico e maestro Federico Fellini in occasione del
ventennale della sua morte.
Il Cineforum, in programma ogni martedì alle ore 18 e alle ore 21, sarà un
omaggio ai giovani cineasti italiani, ai film di grande qualità ma deboli
sul piano della distribuzione, ai documentari e soprattutto al cinema
d’autore, nazionale e internazionale. Tutti i film risponderanno infatti a
questi requisiti. Un sogno che si realizza grazie al Duel Village che
Caserta Film Lab ha scelto perché, pur essendo un multisala, il Duel ha
conservato quella dimensione umana e familiare tipiche delle monosale tanto
care agli amanti del cineforum’. La visione di ogni pellicola sarà preceduta
da una breve presentazione e, quando possibile, arricchita anche da un
dibattito con il regista e parte del cast.
29 ottobre, ‘Che strano chiamarsi Federico – Scola racconta Fellini’, un
omaggio del regista al grande Maestro in occasione del ventennale della sua
scomparsa
Un vero e proprio viaggio nel mondo visionario di Fellini.
Dalle ore 17.30 e per tutta la serata sarà possibile conoscere e tesserarsi
all'associazione Caserta Film Lab
5 novembre ‘Sacro Gra’, documentario di Gianfranco Rosi che ha vinto il
Leone d’Oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Ad introdurre il film, il regista casertano Pietro Marcello, uno dei più
interessanti e apprezzati documentaristi del panorama italiano ed
internazionale, legato da un lungo rapporto di amicizia e collaborazione con
Rosi, che lo ha portato a seguire in maniera attiva tutta la realizzazione
del film. Nel documentario Rosi racconta un angolo dell’Italia. Per due anni
infatti il regista ha girato con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di
Roma per scoprire i mondi invisibili e i futuri possibili che questo luogo
magico cela oltre il muro del suo frastuono continuo. Lontano dai luoghi
canonici della capitale, il Grande Raccordo Anulare si trasforma così in un
collettore di storie e di personaggi ordinari dalle vite straordinarie.
Sacro Gra
Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei drop out, il Messico
dei killer del narcotraffico, Gianfranco Rosi ha deciso di raccontare un
angolo del suo Paese, girando e perdendosi per più di due anni con un
mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma per scoprire i mondi invisibili
e i futuri possibili che questo luogo magico cela oltre il muro del suo
frastuono continuo. Dallo sfondo emergono personaggi altrimenti invisibili e
apparizioni fugaci: un nobile piemontese e sua figlia laureanda, assegnatari
di un monolocale in un moderno condominio ai bordi del Raccordo; un botanico
armato di sonde sonore e pozioni chimiche cerca il rimedio per liberare le
palme della sua oasi dalle larve divoratrici; un principe dei nostri giorni
con un sigaro in bocca fa ginnastica sul tetto del suo castello assediato
dalle palazzine della periferia informe a un’uscita del Raccordo; un
barelliere in servizio sull’autoambulanza del 118 dà soccorso e conforto
girando notte e giorno sull’anello autostradale; un pescatore d’anguille
vive su di una zattera all’ombra di un cavalcavia sul fiume Tevere. Lontano
dai luoghi canonici di Roma, il Grande Raccordo Anulare si trasforma un
collettore di storie a margine di un universo in espansione.
12 novembre, ‘Infancia clandestina’. Un film
di Benjamín Ávila. Con Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, César Troncoso.
Juan ha dodici anni e ha condotto una parte della sua vita in esilio. Nel
1979 torna, con i genitori e la sorellina di un anno, nel suo paese,
l'Argentina. Il ragazzino è stato costretto a vivere lontano da casa per la
condizione di clandestinità dei genitori, guerriglieri peronisti
dell'organizzazione dei Montoneros, oppositori della dittatura militare di
Videla, che ha rovesciato con un golpe il governo Peron nel 1976. Il padre e
la madre di Juan sono adesso convinti che sia giunto il momento di alzare il
tiro e portare la resistenza nel cuore dell'Argentina. Il ritorno in patria
è, però, rischioso: sono latitanti ricercati dalle autorità e devono,
quindi, vivere nascosti, sotto falsa identità. Anche Juan ha un nuovo nome.
Per i suoi compagni di scuola e per la ragazzina di cui si innamorerà, si
chiamerà Ernesto, come il Che. È un'infanzia rubata quella raccontata dal
regista argentino Benjamín Ávila nel suo primo lungometraggio. Una
condizione che ha il preziosissimo valore della testimonianza. La
sconvolgente storia del dodicenne Juan si basa, infatti, su eventi realmente
accaduti al regista da piccolo. Già questo basterebbe a rendere Infanzia
Clandestina un film necessario. Di opere sull'eroismo della resistenza
contro le dittature nel mondo ne abbiamo viste tante, ma l'originalità di
questo film sta nel diverso punto di vista, che ci permette di osservare il
microcosmo partigiano dall'interno, senza filtri, se non quello di un
bambino che partecipa alla resistenza scrutandola dal punto di osservazione
privilegiato della propria età. E così la mette a nudo, svelandone in
maniera impietosa le contraddizioni e le assurdità. Lo sguardo indagatore di
Juan, che è lo sguardo bambino del regista, non condanna ma neppure assolve.
Non ci suggerisce cosa è giusto o sbagliato, perché nelle guerre -
clandestine o ufficiali che siano - non può esserci giustizia.
Nell'Argentina di fine anni Settanta, da una parte ci sono interessi,
dall'altra convinzioni. Eppure, anche queste possono condurre sul terreno
minato dell'insensatezza. Al valore di tematiche così importanti si
aggiungono meriti squisitamente cinematografici: un cast sempre all'altezza
del difficile compito, una sceneggiatura ben scritta - che sa far ridere e
piangere subito dopo, senza mai appesantire, anche nelle situazioni più
drammatiche - e una regia sicura, non invadente, ma capace di soluzioni
peculiari, come l'uso del disegno animato nelle sequenze più violente,
quelle che la mente di un bambino non può concepire, persino quando i suoi
occhi ne diventano testimoni innocenti
18 e 19 novembre "Enzo Avitabile Music Life" di Jonathan Demme (Italia -USA)
Interverranno il musicista Enzo Avitabile ed il produttore del film Davide
Azzolini
In concomitanza con l’uscita in tutta Italia del film-documentario a lui
dedicato da Jonathan Demme, regista Premio Oscar per ‘Il silenzio degli
innocenti’, il musicista napoletano si esibirà dal vivo con il suo sax.
Seguirà la proiezione della pellicola dal titolo ‘Enzo Avitabile music life’
che ruota intorno alla figura e al ruolo di Enzo Avitabile, alla sua musica
e soprattutto alla città di Napoli. Presentato fuori concorso al Festival di
Venezia 2012, il film nasce dalla stima reciproca tra i due artisti e dal
fatto che il regista americano segue da tempo il percorso musicale di
Avitabile, protagonista riconosciuto sulla scena internazionale della world
music e che ha fatto della continua ricerca e sperimentazione un segno
distintivo. La musica ha sempre svolto un ruolo determinante nelle opere
dirette da Demme: è evidente dall'uso che ne ha fatto in tutti i suoi film
per il grande schermo. Fresco vincitore insieme a Francesco Guccini del
premio di Amnesty International per ‘Gerardo nuvola ‘e povere’ (miglior
brano sui diritti umani) e da sempre grande sostenitore della musica come
strumento in grado di favorire l’integrazione tra i popoli, Enzo Avitabile
ama definirsi un cittadino del mondo. La sua musica è infatti il frutto
della contaminazione di suoni e generi provenienti da tutti i continenti. Il
film documentario verrà proiettato anche lunedì 18 novembre alle ore 21.
Ingresso euro 12,00 - Ridotto 10,00 - Soci Caserta Film Lab 8,00 (prezzi
imposti dalla distribuzione del film)
Mercoledì 20 ore 18.00 - ore 21.00, Kill Your Darlings - Giovani
RIbelli di John Krokidas, Giornate degli Autori Venezia 2013
Ingresso euro 5,50 - Soci Caserta Film Lab 3,50
Un noir, ambientato tra il 1943 e il 1945, che racconta dell’omicidio di
David Kammerer da parte di Lucien Carr e delle ripercussioni di questo
tragico delitto sulle vite di tre grandi poeti e scrittori della Beat
Generation: Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William S. Burroughs. Definitivo
dai più come un remake trasgressivo de 'L'attimo fuggente', 'Giovani
Ribelli' è stato presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia nella
sezione 'Giornate degli Autori'. A introdurre il film il titolare del Duel
Village, Silvestro Marino, e il direttore artistico di Caserta Film Lab,
Francesco Massarelli.
LA TRAMA
Ginsberg, Kerouac, Burroughs, chi erano prima di diventare vere e proprie
icone della controcultura? Nel 1944 Allen Ginsberg era una nervosa e
puritana matricola alla Columbia University. Jack Kerouac era uno slavato
universitario che si era re-iscritto dopo aver resistito otto giorni nella
Marina Militare. William S. Burroughs aveva abbandonato la facoltà di
medicina, ex venditore porta a porta di insetticidi, stava diventando un
giovane tossicodipendente, sopravvivendo ai margini della scena bohémien
newyorkese, dopo aver seguito un paio di amici, Lucien Carr e David Kammerer,
dalla nativa St. Louis a Manhattan. Questa è la storia di tre giovani che si
sono trovati e scelti, e di un brutale omicidio che ha consacrato il loro
primo sodalizio.
26 novembre "Tutti pazzi per Rose" di Regis Roinsard (Francia)
Un film di Régis Roinsard. Con Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo.
Titolo originale: Populaire - Commedia - durata 111' - Francia 2012
Francia, fine anni cinquanta. Rose Pamphyle vive in una piccola città di
provincia della Normandia. La vita sembra riservarle poche sorprese: un
matrimonio già organizzato con il figlio del meccanico, un bravo ragazzo.
Una vita da casalinga. Ma il sogno di Rose è di diventare segretaria. Pur
nata in provincia, il suo è uno spirito decisamente da donna moderna e
emancipata. La sua tenacia, e un talento fuori dal comune nel battere a
velocità strepitosa i tasti della macchina da scrivere - la porteranno
lontano. Supera i colloqui presso un'agenzia di assicurazioni e diventa la
segretaria di Louis Echard, di cui ovviamente si innamorerà follemente.
Deliziosa commedia romantica dai colori pastello, che ha tutto il sapore di
una madeleine francese mangiata sotto la Tour Eiffel. Il perimetro di
riferimento è questo: fra la pubblicità di Miss Dior firmata Sofia Coppola
fatta lungometraggio, Cenerentola a Parigi con Audrey Hepburn e Les
demoiselles de Rochefort di Jacques Demy.
Per chi è in sala, e ama quello stile, è al posto giusto. La giovane Rose,
frangetta francese perfettamente al di sopra del taglio degli occhi, è una
antecedente di Amélie Poulain: goffa e dispettosa, ma dalla tenacia
indiscutibile. Sa cosa vuole, e lo ottiene. Ingaggiata dall'affascinante
Louis (Romain Duris) s'imbarca in un allenamento serissimo (una vera naja al
femminile con tanto di corsa al mattino) per vincere i campionati regionali
prima, nazionali dopo, di dattilografia. Il ritmo delle battute sulla
tastiera si fa sempre più veloce e sicuro, la postura sempre più dritta,
anche se non mancano le gaffe che rendono il personaggio di Rose sempre più
irresistibile agli occhi di Louis. Per allenarsi la ragazza dovrà ribattere
a macchina, e sempre più velocemente, tutti i classici della letteratura
francese. Così finito Madame Bovary, si ricomincia subito con un altro tomo.
03 dicembre "Lo sconosciuto del lago" di Alain Guiraudie (Francia)
Un film di Alain Guiraudie. Con Pierre de Ladonchamps, Christophe Paou,
Patrick d'Assumçao, Jérôme Chappatte - Titolo originale L'inconnu du lac.
Poliziesco, durata 97 min. - Francia 2013.
Un lago d'estate e una spiaggia di soli uomini, circondata da una boscaglia
deputata agli incontri sessuali tra gli stessi. Qui, all'inizio della
stagione, Franck conosce Henri, separatosi di recente dalla moglie, che
siede ogni giorno di fronte all'acqua, semplicemente in cerca di serenità,
e, dopo pochi giorni, incontra Michel, per il quale prova immediatamente una
forte passione. Michel è un ottimo nuotatore, un amante prestante e un uomo
estremamente pericoloso. Franck lo sa, ma non si tira indietro e s'innamora
di lui.
Lo sconosciuto del lago non è un film che scandalizza, ma è un film che in
un certo senso confonde. Le scene di sesso tra uomini non potrebbero essere
più esplicite, le inquadrature non potrebbero essere più frontali, al punto
che si ha quasi l'impressione che a dialogare tra loro, nelle giornate sulla
spiaggia, siano i membri dei bagnanti anziché i loro volti; eppure si
percepisce con altrettanta evidenza che Guiraudie non sta cercando la
provocazione e pare anzi mosso dalla volontà di parlare chiaro e di guardare
le cose come stanno, senza ambiguità. Tuttavia il film confonde, perché
mescola le carte, restituisce la contraddizione nella mente del
protagonista, cambia più di una volta registro, pur restando sempre dentro i
confini di una messa in scena estremamente geometrica, eloquente ed
elegante. E di ciò il lago è l'emblema perfetto: specchio d'acqua limpida e
dunque sinonimo di libertà, lo è però di una libertà confinata, chiusa dalla
terra tutt'attorno
Martedì 10 dicembre solo ore 21, "La vita di
Adele" di Abdellatif Kechiche, Palma d'oro Miglior Film - Cannes 2013
La Trama
Adele, una liceale di quindici anni, aspetta il grande amore e un giorno lo
intravede in Thomas, giovane tenebroso ma cordiale. La loro però è una
storia destinata a non essere vissuta a pieno: lo stesso giorno Adele ha
incontrato anche una misteriosa ragazza dai capelli blu che ogni notte
diventa protagonista dei suoi sogni e desideri più intimi. Rifiutando
dapprima le esperienze oniriche, Adele prova a concedersi a Thomas ma si
rende conto di non riuscire ad essere completamente sua e di provar
attrazione per le ragazze. Grazie a un amico frequentatore dei locali gay
della città, ha la possibilità di rintracciare la ragazza dai capelli blu e
lasciarsi travolgere dal suo febbrile, caotico e passionale sentimento.
12 dicembre "La cittá ideale" di Luigi Lo Cascio (Italia)
Trama
Michele Grassadonia è un ecologista sensibile e integralista. Architetto
palermitano, ha lasciato la Sicilia per la Toscana, dove abita quella che
lui considera la città ideale, Siena. Inviso ai colleghi, vive solo in un
appartamento spartano, dove sperimenta energie alternative. Una sera di
pioggia tampona un'ombra e finisce contro un'automobile parcheggiata.
Qualche chilometro dopo rinviene il corpo di un uomo riverso sull'asfalto.
Chiamati i soccorsi, viene interrogato dalla polizia stradale sull'accaduto.
La macchina ammaccata e alcune sfortunate circostanze, convincono gli agenti
della colpevolezza del Grassadonia, che da soccorritore diventa indagato. È
l'inizio di un'avventura paradossale e di una ricerca angosciata della
verità.
Si respira l'aria di impegno civile del cinema di Francesco Rosi e
l'indignazione e la tensione morale di Leonardo Sciascia nell'opera prima di
Luigi Lo Cascio, attore autore che, alla maniera del personaggio che lo ha
reso celebre (il Peppino Impastato di Marco Tullio Giordana), sogna di
cambiare il mondo e di renderlo meno ingiusto e più pulito. Per questa
ragione scrive e interpreta Michele Grassadonia, un uomo che crede nel
valore dell'impegno civico e nella solidarietà sociale. Sempre dimesso,
sempre gentile e alla ricerca della parola bella e appropriata, il
protagonista viene precipitato in un incubo giudiziario che gli aliena amici
e cittadini. Emarginato e diffamato, scoprirà a sue spese che la città
ideale nasconde mostri dall'aspetto normale.
Con uno stile secco e asciutto, Lo Cascio svolge un tema robusto,
denunciando l'incoscienza civile, le derive giudiziarie, i contratti sociali
fondati sulla connivenza, l'indifferenza e la mancanza di pudore. La città
ideale, con singolare forza simbolica, mette in schermo il trauma di chi si
sente e si vuole 'diverso' rispetto alla cultura diffusa e condivisa da
tutti. Lo Cascio individua quel trauma, lo mette a fuoco e poi lo indaga
incarnando il suo personaggio, accompagnandolo con lo sguardo dentro la
macchina della giustizia e dell'umana (in)comprensione. Posseduto dal
proprio demone, l'ecologista Grassadonia coltiva sogni, speranze e illusioni
che si spengono, proprio come accadeva ne I cento passi, sul volto di Luigi
Maria Burruano, là padre piegato alla legge del più forte, qui (il)legale al
servizio della Legge. Lo Cascio è bravo a costruire un film di attori e di
sceneggiatura che ha il suo punto debole nelle digressioni, l'affittuaria
ideale di Catrinel Marlon e il palafreniere negligente di Roberto Herlitzka.
Diversioni che fiaccano, interpretandola, una drammaturgia altrimenti
solida. Gli studi sulla cattura nei disegni della fanciulla (am)mirata e la
conversazione intorno alla fuga di un cavallo chiosano e svolgono una storia
che proprio nella sua imperscrutabilità, nella sua incoerenza e nella sua
esasperata ricerca di giustizia e congruenza trovava (non)senso, ragione e
originalità.
La città ideale resta tuttavia un debutto importante e maturo che nel
dilagare di tanta bruttezza prende le parti della bellezza
17 dicembre "La prima neve" di Andrea Segre (Italia) per la
rassegna "Italia opera prima e seconda"
Alle ore 21.00 incontro in sala con il regista Andrea Segre e presentazione
del progetto La prima scuola
L'incontro con Segre, da sempre impegnato in prima linea nel raccontare il
dramma dei migranti, sarà anche l'occasione per discutere del problema alla
luce dei tragici eventi dei mesi scorsi. Andrea Segre, il cui impegno civile
e sociale si esprime su molteplici fronti presenterà in sala anche il suo
nuovo progetto "La prima scuola" realizzato in collaborazione con la sua
storica casa di produzione Zalab e volto a raccogliere fondi volti a
realizzare iniziative a sostegno della scuola primaria. Il film La prima
neve è stato presentato con grandissimo successo alla recente Mostra del
cinema di Venezia, in concorso nella sezione Orizzonti.
LA PRIMA NEVE
Pergine, piccolo paese del Trentino ai piedi della Val de Mocheni. E' lì che
è arrivato Dani, fuggito dal Togo e poi nuovamente costretto a fuggire dalla
Libia in fiamme. Dani ha una figlia piccola (che gli ricorda troppo la
moglie morta per volerle davvero bene) e una meta: Parigi. In montagna, dove
ha trovato lavoro presso un anziano apicoltore, fa la conoscenza di Michele,
un bambino che soffre ancora per la perdita improvvisa del padre.
Andrea Segre prosegue con questo suo secondo film di finzione dopo Io sono
Li la personale ricerca del rapporto tra gli esseri umani e i luoghi che ne
ospitano le vicende sia che vi appartengano dalla nascita sia che vi siano
giunti per i rovesci della sorte.
LA PRIMA SCUOLA
La prima scuola è un progetto che vuole riportare la scuola elementare
italiana al centro delle questioni nazionali. Non si tratta di un'impresa
facile dopo 20 anni di sistematica erosione della consapevolezza e del ruolo
della scuola pubblica nella vita dei nostri figli, che ha determinato un
serio regresso rispetto alle conquiste e ai modelli di eccellenza sviluppati
nel ventennio precedente. Per affrontare la questione nella sua complessità
e con risposte concrete, ZaLab propone un progetto articolato che si
sviluppa su più piani e integra linguaggi e approcci differenti. L'obiettivo
principale è quello di finanziare progetti artistici e pedagogici nelle
scuole primarie, come strumento per riportare la creatività e la libera
espressione dei bambini al centro del progetto scolastico, e come strumento
privilegiato per raccontare la realtà della scuola, in particolare quella
più marginale e disagiata, dal suo interno .
7 gennaio "Zoran, il mio nipote scemo" di Matteo Oleotto (Italia)
14 gennaio "Gloria" di Sebastian Lelio (Cile)
Divorziata da anni con due figli ormai
adulti, un nipote e un vicino molesto, Gloria cerca un nuovo equilibrio in
feste, eventi serali e discoteche nelle quali poter incontrare qualcuno
della propria età, un nuovo fidanzato. Quando però sembra averlo trovato
questi si rivela inaffidabile, misterioso e poco propenso a tener fede a
quel che dice.
Sul corpo non più giovane di Gloria, sulle sue imperfezioni, sui diversi
look, sulle sue valorizzazioni e sulla potenza con la quale si regge in
piedi e procede nonostante tutto, è riconoscibile la forza di un film capace
di elevarsi al di sopra di qualsiasi banalità e qualsiasi rischio di
smielata drammatizzazione dell’ordinario.
Gloria è un ritratto di donna come raramente si ha la fortuna di vedere:
completo, profondo, toccante eppur composto, talmente onesto e sincero da
travalicare il sesso di riferimento e risultare universalmente disarmante.
La storia di una 50enne che con compostezza e serietà vive come
un’adolescente fuori tempo massimo, attraverso il lento accumularsi di
eccessi, passioni e delusioni aliene alla sua età, è attraversata con una
grazia ed un’urgenza morale che impediscono al personaggio di scivolare nel
ridicolo anche quando questo è palesemente nell’aria (atteggiamento che
rende anche l’entrata in scena dell’omonimo brano di Umberto Tozzi una perla
di sofisticazione).
Il film di Sebastian Lelio con audacia non comune prende le distanze dai più
illustri esempi del cinema passato in materia di profili femminili e sceglie
un registro da commedia sebbene si attacchi alla protagonista come in un
dramma, trovando in lei una forza motrice inesauribile. Molto della riuscita
del film è infatti merito di Paulina Garcìa, attrice capace di tramutare una
sceneggiatura rigorosa in cinema di rara intensità grazie ad una maratona di
recitazione ai massimi livelli. Con un’economia di gesti, espressioni e
movimenti disegna la sua Gloria giocando sulle minuzie, sulle canzoni
cantate in macchina, sui piani d’ascolto o su movimenti accennati, senza mai
presentare due volte lo stesso volto alla macchina da presa.
In questa maniera Paulina Garcìa aderisce in pieno alla filosofia
minimalista e invisibile con la quale Lelio dirige un film che pare farsi da
sè davanti agli occhi dello spettatore, il quale ha quasi l’impressione di
vedere la storia svolgersi senza nessuno a dirigerla ma con la naturale
semplicità della vita vera.
La tessera darà diritto ad una riduzione sul prezzo del biglietto della
rassegna del martedì (3,50 euro) e su tutti gli spettacoli del Duel Village del
mercoledì (4,50 euro) con esenzione dal pagamento del parcheggio. La tessera
darà inoltre diritto a sconti e promozioni in tutti gli spazi culturali e i
locali convenzionati*. Il costo della tessera è di euro 15,00 - Per i ragazzi in
età tra i 16 e 25 anni il costo è di soli euro 5,00
*Biglietto ridotto presso Teatro Civico 14 e Bottega del Teatro
*Sconto del 10% presso i seguenti locali: Jarmusch Club - Mallè - Anche no -
Harpos - Ristorante vegetariano Terra - Manouche Bistrot - Tequila - Antico
cortile - Ex-Libris Palazzo Lanza
*Speciali promozioni presso Associazione Artemisia (corso di cucina) e Aquazone
Urban Sp
Il cineforum sarà affiancato da una retrospettiva dedicata a Fellini, a
ingresso gratuito, in programma tutti i giovedì di novembre al centro Sant’Agostino
di via Mazzini e da proiezioni tematiche e d’autore, strettamente collegate al
cartellone del Cineforum, che si svolgeranno invece ogni lunedì al Jarmusch di
via Cesare Battisti a Caserta