Presentazione disco dei Bufalo Kill “Be Be Bleah”
Al Kingston di San Nicola la Strada il 22 febbraio 2013
Articolo di Damiano Gedressi
E’ prevista per venerdì 22 Febbraio la prima data in Campania della
presentazione al pubblico del debut album dei Bufalo Kill dal titolo “Be Be
Bleah”. Un lavoro discografico davvero interessante di buon blues-rock,
suonato in una formazione che richiama il “power trio” della fine degli anni
Sessanta con Gianni Vessellas alla voce e chitarre, Alfred K Parolino alle
chitarre, banjo, bluesharp e voce, Tony Franzini alla batteria e
percussioni. I membri del gruppo, tutti della provincia di Caserta, tra
Sessa Aurunca e Vitulazio, hanno creato un ottimo groove che si percepisce
fin dal primo ascolto delle canzoni. Un prodotto finale, questo “Be Be Bleah”,
davvero ben riuscito e risultato di uno sforzo in sincrono dal punto di
vista lavorativo e di tanta passione e conoscenza musicale. Il 15 Febbraio
c’è stata la premiere a Roma e, subito dopo, questa imminente data campana
in cui è prevista la partecipazione di numerosi fan che già avevano avuto
modo di conoscere e apprezzare i Bufalo Kill, con l’uscita del primissimo
lavoro - peraltro autoprodotto – dal titolo “Electric Muuh!”.
L’appuntamento è al Kingston di San Nicola la Strada alle ore 22.00 e la
serata si preannuncia densa di novità. Abbiamo parlato con il chitarrista
Alfred k Parolino che ci ha raccontato qualcosa riguardo la nascita della
band e la lavorazione dell’album.
Damiano Gedressi: Com’è andata la prima parte di presentazione che si
è svolta a Roma?
Alfred k Parolino: Molto bene! Il pubblico di Roma ci segue con
interesse, fin dall’inizio, non a caso tutta la nostra produzione,
dall’etichetta al fonico, è romana. Locali storici come il Contestaccio, il
Caffè Latino ci ospitano regolarmente.
D. G.: La band si compone di tre elementi: una cosa alquanto insolita
è l’assenza del basso. E’ stata una scelta voluta? Come sopperite a questa
assenza?
A.K.P.: Con Gianni (Vessellas, chitarra e voce ndr.) abbiamo iniziato
solo con le nostre chitarre e una drum machine. Poi è arrivato Tony (Franzini,
batteria ndr.) con i suoi “grossi” tamburi e non abbiamo sentito il bisogno di
cercare un bassista. Il senso di “pieno” che certe frequenze restituiscono,
possono essere riprodotte tranquillamente anche senza il basso.
D. G.: Quanto tempo avete lavorato al nuovo album “Be Be Bleah”?
A.K.P.: Circa un anno ma in maniera molto discontinua, perché oltre alla
musica, lavoriamo tutti e tre per poter tirare avanti.
D. G.: Avete registrato “Be Be Bleah” a Roma, negli studi di Andrea
Leuzzi degli Otto Ohm, com’è andata la cosa? Che esperienza è stata?
A.K.P.: Andrea è un ottimo artista oltre che un caro amico e, insieme a
Daniela Mariani e Fulvio Liberati(cantante e bassista degli Otto Ohm ndr), ci ha
dato una mano anche nella realizzazione dei cori. Ha suonato lo scacciapensieri
in un brano. Abbiamo registrato da lui il primo disco autoprodotto. Siccome
Massimiliano Lonta , il boss della la Yorpikus Sound e produttore esecutivo del
progetto (figura in via d’estinzione!) ci ha dato carta bianca su tutto, è stato
naturale per noi ritornare in quello studio per registrare “Be Be Bleah!”. Poi a
“guidare la nave” c’era Fabrizio Bacherini e quando lavori con professionisti di
quella portata hai solo da imparare. Ricordo che riusciva a stare ore e ore su
un singolo suono di cassa. Altre volte entrava nella stanza delle chitarre
urlando cose del tipo: <<qui voglio un suono più imperiale!!>>. Un grande in
tutti i sensi.
D. G.: Che genere ascolteremo nell’album?
A.K.P.: Se vogliamo accontentare i bisognosi di etichette diciamo che
ascolterete “electric-sexy-punk-rock-blues.”
D. G.: Nell’album c’è l’aiuto di Brian Lucey (che abitualmente lavora
con Black Keys, SigurRos, Beck) che ha masterizzato il disco. Come siete
arrivati a lui?
A.K.P.: Abbiamo lavorato con lui anche per il primo disco. Lo contattai
all’epoca di “Electric Muuh!”. Ascoltò le canzoni e fece il lavoro. Quando
abbiamo parlato di questo disco , ha accettato subito. Lui è uno di quelli che
il mastering lo fa sul serio. Voglio dire, non si limita ad alzare il volume
generale del disco, ci mette del suo, una personale tavolozza di colori che
caratterizza ogni suo lavoro.