Scott Henderson Trio Live at Black Cat

Caserta, 27 Maggio 2012

Articolo di Giuseppe Balducci, Foto di Danilo Treppiccione ed Enrico Pascarella

Spettacolo di élite quello di domenica 27 Maggio a Caserta organizzato in collaborazione con Centro Chitarre e l’associazione Fa Re Musica. Sul palco del Black Cat, strapieno di musicisti ed appassionati del genere, si è esibito uno strepitoso Scott Henderson con il suo omonimo Trio.

Scott Henderson è un chitarrista statunitense di fama mondiale. Potremmo inquadrarlo come musicista Jazz, Blues, Fusion, ma la verità è che negli anni questo mosaicato artista ha sviluppato uno stile altamente personale che il suo nome ormai indossa come un vestito.

Nato negli Stati Uniti nel 1954 comincia a calcare le scene nel sud della Florida suonando brani di miti come i Led Zeppelin, James Brown, Jeff Beck, Jimi Hendrix, Ritchie Blackmore, Albert King, ma la strada che intraprende nello studio del Jazz e delle sue possibilità espressive lo portano a maturare un linguaggio personalissimo (nei suoi metodi parla della musica come linguaggio e delle note come parole destinate a formare il periodo come melodia). Seguono numerose esibizioni con altrettanti artisti di rilievo, l’album che l’ha consacrato come stella ufficiale nel firmamento Fusion, con i Tribal Tech nel 1984, e molte altre composizioni sia musicali sia didattiche.

Lo spettacolo di domenica è stato essenziale dal punto di vista scenico, così come previsto dal genere, ma artisticamente ricco. Una musica forte e curatissima nei dettagli, piena di contaminazioni e sperimentazione, complessa ed ermetica a tratti, ma anche più melodica e lineare in altri punti. Tutto questo ha portato l’uditorio in pieno stato di ammirazione e concentrazione interrotto solo dai fragorosi applausi da parte di tutti alla fine di ogni brano.

Scott Henderson è il grande protagonista della serata e troneggia con la sua personalità e con i suoi fraseggi, talvolta arditi per velocità e contenuto, scivolando con naturalezza da una scala Jazz obliqua ad una Blues o Araba, da un bending assassino tirato in distorsione oltre il limite della sopportazione ad atmosfere arricchite da un delay corposo o un tapping frenetico, fino ad allentare la tensione con accordi più morbidi e meno criptici. Una chitarra che canta, urla, piange, corre e vive, sempre domata con perizia dalle mani di Scott.
Il concerto è saturo di continua ricerca, improvvisazione, generi, psichedelia progressive che sono come una miniera d’oro da cui ogni musicista può trarre qualche spunto.

All’altezza di tutto questo si sono rivelati gli altri due componenti del trio, Travis Carlton al basso ed Alan Hertz alla batteria, entrambi protagonisti ritmici che, insieme a Scott, sono stati perfetti come gli ingranaggi di una macchina in cui ogni componente fa la sua parte e svolge la sua propria funzione, ma che alla fine non perde un colpo sulla sincronizzazione e sul feeling d’insieme.

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