Intervista a Nino D'Angelo

Caserta, 17 febbraio 2012

Intervista di Valentina Sanseverino

La vita e i sogni, la giovinezza e la maturità, le risate e le lacrime, il rapporto con le donne e con il padre, la malavita e gli amici di sempre, gli anni ’80..c’è tutto Nino D’Angelo e molto di più nell’ultimo spettacolo da lui scritto, diretto e interpretato “C’era una Volta...Un Jeans e Una Maglietta”. Un grandissimo “one man show” a metà strada tra il concerto, il melodramma napoletano e il musical quello firmato da uno degli artisti più importanti del panorama dell’entertainment italiano che ripercorre, attraverso le canzoni e i film che lo hanno reso celebre in tutta Italia e oltre, circa 50 anni di storia di Napoli filtrata attraverso l’ironia e l’impetuosità del “giovane Nino”, quello dal caschetto biondo che negli anni ’80 fece la sua fortuna, e attraverso la saggezza e la presa di coscienza del “vecchio Nino”, quello di oggi, senza caschetto ma con una libertà artistica conseguita a costo di enormi sacrifici. I due saranno insieme per la prima volta sullo stesso palco, nello spettacolo che questo week end approderà al Teatro Comunale di Caserta. Casertamusica lo ha incontrato per voi.

V. Sanseverino: A proposito di questo spettacolo hai dichiarato “Sono nato doppio, in me convivono il Nino del caschetto degli anni ’80 e quello di oggi. Finalmente i due saranno contemporaneamente in scena e parleranno l’uno dell’altro”…
N. D'Angelo: Il mio successo è nato negli anni ’80: a quel periodo risale il mio caschetto come anche tutte le mie canzoni più conosciute e la figura che è nata in quegli anni me la sono portata appresso per tutta la vita. Ancora oggi, che faccio tutt’altro, canto le canzoni che cantavo quando avevo il caschetto e ho imparato a convivere con questi due aspetti. Lo spettacolo porta in scena proprio i due Nino, con i loro pregi, i loro difetti, le loro differenze e quello che ancora hanno in comune.

V. S.: Nino levaci una curiosità: ma come ti è venuto di farti questo caschetto?
N. D'A.: Ma così.. in modo spontaneo! Avevo 18 anni e mi piaceva: che l’avrebbe detto che sarei diventato quello che sono anche grazie al caschetto!

V. S.: Il “caschetto biondo” è in effetti un simbolo, un segno di riconoscimento che il pubblico ama: lo dimostra il fatto che, quando sul palco compare il “vecchio Nino”, il pubblico va in delirio e a Napoli ogni serata di questo spettacolo ha registrato il tutto esaurito. Come spieghi a te stesso la longevità del tuo successo?
N. D'A.: Il Nino con il caschetto era commerciale ma allo stesso tempo era semplice e soprattutto era anche po’ rivoluzionario: non dimentichiamoci che quando ho iniziato io la canzone napoletana era solo “canzone di malavita”... Io ho fatto conoscere al grande pubblico la canzone napoletana nella sua veste più antica e più bella: la canzone d’amore. Ed è uno stile che piaceva e che piace ancora oggi: i giovani, nati 20 anni dopo le mie canzoni e i miei film ancora li conoscono e li amano.

V. S.: A proposito delle “canzoni di malavita” recentemente ti sei espresso sulla questione legata alla canzone “O Capoclan” di Nello Liberti, indagato con l’accusa di istigazione alla camorra…
N. D'A.: Queste sono canzoni di malavita, non neomelodiche.. credo che oggi si faccia molta confusione su che cosa è davvero una “canzone neomelodica”. Per me è la canzone d’amore, leggera, pop e in lingua napoletana: è sempre esistita, è l’anima stessa della napoletanità, oggi la chiamano neomelodica ma esiste fin dalle origini della canzone napoletana. Questa, invece, non ha niente a che vedere con il neomelodico: è una brutta canzone di malavita, cantata da un ragazzo che probabilmente non si rende conto di quello che dice. Anche la canzone di malavita ha origini antichissime: già Ornella Vanoni e Gabriella Ferri le cantavano, ma una cosa è descrivere un certo ambiente, certi personaggi, certe situazioni. Altra cosa è celebrare l'omicidio nelle canzoni, o tirare fuori le pistole nei videoclip. Questo è veramente troppo! E’ il simbolo dell’ignoranza, della disoccupazione e dell’assenza dello stato a Napoli: un povero ragazzo a cui può piacere una canzone come quella è uno che è cresciuto per strada, ha visto i boss agire indisturbati, arricchirsi e quindi ha pensato che fossero figure autorevoli. Da qui nascono i valori sbagliati.

V. S.: Tra i pochi, veri musicisti, della scena napoletana di oggi c’e’ sicuramente il giovane Francesco Di Bella dei 24 Grana a cui hai dato una grande opportunità prendendolo con te nello spettacolo dove interpreta un vivace scugnizzo e suona divinamente il basso..
N. D'A.: Conosco Francesco da tanti anni, si presentò a me come fan. Di recente l’ho rivisto perché è molto amico di mio figlio Tony, che è regista, e quando ha saputo che stravo scrivendo uno spettacolo mi ha chiesto di poterne fare parte: l’ho messo alla prova e l’ho inserito nello spettacolo perché è un giovane di talento, intelligente, che si sa mettere in discussione e con cui sto condividendo questa esperienza bellissima. A lui è piaciuto molto anche suonare con me un vecchio pezzo, “O’Spiniell”, che è anche uno di quelli che piacciono più a me, perché a differenza di tutti i pezzi di questo periodo, tratta temi sociali anche molto forti.

V. S.:Quindi anche il “Nino con il caschetto” ogni tanto qualche canzone impegnata la faceva..
N. D'A.: Ma io non rinnego niente, anzi! Io sono il fan numero uno di Nino D’Angelo con il caschetto biondo perché so con quanta onestà, con quanta passione e con quanti sacrifici ha costruito la sua carriera: lui mi ha spianato la strada ed è grazie a lui che oggi, a 54 anni, mi sono conquistato la libertà di fare quello che faccio, di fare quello che mi piace. Oggi sono un artista libero, mi auto produco e lo devo a lui.

V. S.: E quello che ti piace fare, oggi, è soprattutto il Teatro: hai fatto grandi sforzi per risollevare le sorti del Trianon di Napoli e riesci a fare spettacoli di altissima qualità e con grandi artisti mantenendo prezzi popolari. Come si combatte la crisi che si è abbattuta oggi sul teatro italiano e le cui reazioni, come l’occupazione del Valle e le manifestazioni di solidarietà da parte di tutto il paese, hanno riscosso grande interesse da parte della popolazione?
N. D'A.: Finché ci saranno politici come i nostri sarà sempre una battaglia persa in partenza perché per loro la cultura è un optional. Bisogna rendere l’arte accessibile a tutti ed è lo Stato che deve garantire questo ai cittadini: in Italia il teatro, la musica, la danza sono per chi può permettersi di studiarla, ma il talento non si misura in denaro. Ma qui nessuno ha interesse ad acculturare il popolo: i politici vogliono governare sugli ignoranti

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