Settembre Al Borgo: Giovanni Allevi in “Alien in Borgo”
Casertavecchia (ce), 8 settembre 2011
Articolo di Arianna Quarantotto
Lo guardi e non puoi che sorridere. Ha un viso così buffo, da
fumetto; occhiali tondi, capelli lunghi, ricci e arruffati. Lo sguardo perso
nel vuoto, sognante. Sul palco non riesce a star fermo un attimo:
timidamente ammicca al pubblico che attende ansioso di ascoltare le sue
note. Perché quando suona il pianoforte Giovanni Allevi ti rapisce. La
dolcezza di Secret Love, che apre il concerto, si insinua tra la gente,
avvolge il castello e la sua torre, ti placa l’anima e ti rende un tutt’uno
con la musica. Le mani scorrono veloci, sempre più veloci, il ritmo diventa
incalzante, rapidissimo: sono le note nate alla stazione metropolitana di
Tokio: e ci sembra di vederla questa gigantesca città, con le sue luci, i
neon, il rumore stridente dei treni rapidissimi. Eppure anche qui, in questa
folle corsa verso il progresso Allevi infonde un po’ di dolcezza. La musica
arriva al cuore dello spettatore e allora – come lui stesso afferma- nasce
l’opera d’arte.
Si continua con “Giochi d’Acqua”: risatine di gocce perse nell’infinito,
roboanti cascate che svuotano il loro peso e si trasformano in rivoli
placati: tutto muta, proprio come la vita e come le note che si inseguono
tra toni alti e bassi, veloci e suadenti.
E poi è la volta di “L. A. Lullaby”: una ninna nanna dedicata alla caotica
Los Angeles in cui le note diventano lampi di poesia nascosti nell’esistenza
quotidiana. Perché Allevi non dimentica mai che la vita è sempre un dono
meraviglioso, divino: il passaggio dall’eternità all’esistenza è segnata dal
primo battito del cuore, proprio come ne “L’orologio degli dei”. E lo senti
davvero battere il cuore, la forza vitale che abbiamo dentro e che la musica
fa pulsare con un’intensità quasi sconosciuta.
E’ questa la grandezza di Allevi, la capacità di trasformare la fragilità in
forza, la quotidianità in follia, di assaporare la dolcezza della vita,
sublimata attraverso il ricordo e il sogno.
Toccante la partitura scritta per una sola mano, la destra, dedicata ad una
musicista, “Helene”, impossibilitata ad usare la mano destra. Vibrante in
tutta la sua ritmicità Jolie, ultimo brano del repertorio del concerto, che
inonda di felicità il pubblico: ma è anche espressione della genialità e
dell’abilità del compositore che si fa tutt’uno con il pianoforte. Dita che
sembrano tasti, tasti che sembrano dita: i due bis finali, Aria e Prendimi,
sono un ultimo regalo di questa meravigliosa serata all’insegna del sogno e
del dolcissimo naufragio dell’anima.
consulta: 41 Esima Edizione di Settembre Al Borgo