19ª Giornata del Fai: Caserta: al di là della Reggia. Sulle orme di Vanvitelli e dintorni
Caserta e provincia , 26 e 27 marzo 2011
Comunicato stampa
Concerti, mostre ed esibizioni nei 5 siti storici casertani che
la delegazione di Caserta del Fai (Fondo Ambiente Italiano) ha individuato
per l'edizione 2011 della Giornata di Primavera, che in tutta Italia schiude
i tesori d'arte e cultura preclusi alla fruizione turistica.
E così, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 di sabato 26 e
domenica 27 marzo, saranno visitabili:
1. l'Ex Convento dei Passionisti, sede della Società di Storia Patria di
Terra di Lavoro, in via Passionisti n.7;
2. il Palazzo al Boschetto dei Principi Acquaviva, in via Passionisti;
3. la chiesa di San Francesco di Paola dove sono custoditi i resti mortali
del Vanvitelli, in via San Francesco di Paola;
4. l'Ospedale Militare "Gennaro Tescione", in via Torrino n.1;
5. l'Ex Istituto Agrario per lo Studio e la Ricerca della Scienza
Agraria-Unità di Ricerca per la Frutticoltura (CRA-FRC), in via Torrino n.2.
Ecco l'itinerario che, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00
di sabato 26 e domenica 27 marzo, verrà proposto ai visitatori che
partiranno in gruppo ogni ora:
• PARTENZA dall'Ospedale Militare "Gennaro Tescione", in via Torrino n.1,
che accoglierà gli ospiti aprendo per l'occasione l'ingresso sulla via
Appia; e nel piazzale antistante l'Ospedale Militare sarà possibile
parcheggiare le auto per chi non vorrà approfittare della navetta militare
che ogni trenta minuti partirà da Piazza Vanvitelli;
• l'uscita pedonale che avvia il percorso di visita è attraverso il cancello
posteriore dell'Ospedale Militare, quello cioè che immette su via
Passionisti. Da lì si procede alla volta dell'Istituto di Storia Patria, Ex
Convento dei Passionisti eletto punto di aggregazione per la due giorni del
Fai di Caserta. Qui verrà offerto un coffee break dalle ore 10 alle 11.30,
mentre a seguire per tutta la giornata sarà offerto il cocktail Jommellino a
base di spumante Brut e mela annurca centrifugata; gli ospiti saranno
intrattenuti dalle musiche curate dal maestro Rosalba Vestini dell'Istituto
di Musicologia di Caserta, e dalla proiezione di un video storico curato
dall'Istituto di Storia Patria di Terra di Lavoro;
• si prosegue alla volta del Palazzo al Boschetto dei Principi Acquaviva, in
via Passionisti con visita guidata a cura degli studenti del Liceo Classico
"Giannone" di Caserta. Chiude la visita al Palazzo del Boschetto il concerto
a cura del maestro Rosalba Vestini;
• ci si avvia poi alla chiesa di San Francesco di Paola, in via San
Francesco di Paola, dove sono custoditi i resti mortali del Vanvitelli;
• si rientra all'Ospedale Militare dove, all'ombra dello scalone monumentale
vanvitelliano, si assisterà allo spettacolo in abiti d'epoca de "I Populani"
di San Leucio. Al termine dello spettacolo, si darà il via alle degustazioni
di vino (curate dalla Federazione Italiana Sommelier Albergatori e
Ristoratori) e di mele annurche (curate dal Consorzio della Mela Annurca).
Le degustazioni sono offerte da Agrisviluppo di Caserta. A seguire, lo
spettacolo a cura dell'Associazione "Insieme per fare Sant'angelo in Formis":
con un carro allegorico a far da scenografia, 70 giovani in costume
metteranno in scena una battaglia tra Garibaldini ed Esercito Borbonico. Ad
accompagnare i momenti di visita, degustazioni e spettacolo, i Carabinieri a
cavallo e la Fanfara della Brigata Garibaldi.
• la tappa che chiude il percorso di visita è l'Ex Istituto Agrario per lo
Studio e la Ricerca della Scienza Agraria-Unità di Ricerca per la
Frutticoltura (CRA-FRC), in via Torrino n.2. Qui si ammireranno le
istallazioni artistiche curate da Claudia Mazzitelli e Giuseppe Coppola.
Vicini alla manifestazione: FERRARELLE, che distribuirà ai visitatori le
mini bottiglie di acqua; i VOLONTARI DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI
CARABINIERI E LA PROTEZIONE CIVILE, che garantiranno l'ordine e la sicurezza
della manifestazione; gli allievi e gli insegnanti delle scuole I.S.I.S.S.
"Michelangelo Buonarroti" di Caserta, del Liceo Classico "P. Giannone" di
Caserta, della Scuola Media Statale "P. Giannone" di Caserta, dell' I.T.C.G.
"P.S. Lener" di Marcianise e del Liceo "A. Manzoni" di Caserta.
Chiesa e Convento di San Francesco di Paola
Il complesso religioso dedicato a San Francesco di Paola fu fondato nel
1607 da Andrea Matteo Acquaviva, secondo principe di Caserta che governò dal
1594 al 1634, assai devoto al santo, ritenuto salvatore delle grandi
dinastie preoccupate dalla mancanza di un erede maschio (che, peraltro, il
principe non aveva avuto né dalla prima né dalla seconda moglie). Il
convento fu affidato ai Minimi, o Paolotti, e già nel 1635 vi dimoravano 8
padri, anche se la costruzione non era stata ancora portata a termine. La
chiesa fu, invece, costruita molti anni dopo, nel 1647, per volere del
principe di Caserta Francesco Caetani di Sermoneta - consorte di Anna
Acquaviva, figlia di Andrea Matteo - che affidò i lavori a Felice de
Rinaldo. Per la costruzione del complesso furono necessari più di 46 anni,
dal 1607 al 1653, forse per mancanza di fondi, tanto che lo stesso Andrea
Matteo nel 1634 non venne sepolto nella chiesa dedicata al santo di Paola
(dove, invece, il Vescovo di Caserta battezzerà le due figlie di Francesco
Gaetano Caetani, Francesca di Paola, nel 1713, e Maria Elisabetta, Francesca
di Paola, nel 1714), ma in quella del Carmine di Caserta. Diverse scosse
sismiche agli inizi del ‘700 richiesero opportuni lavori di restauro e di
consolidamento, sicuramente terminati nel 1729, visto che il pontefice
Benedetto XIII, fermatosi a Caserta durante un viaggio e ivi ospitato, ne
sottolineò la pulizia. Durante la dominazione napoleonica il convento fu
soppresso. Con il ritorno dei Borbone esso fu trasformato in ospedale - dopo
la chiusura del vicino ospedale per forzati e soldati di Casanova - e il
giardino conventuale venne destinato alla coltivazione delle piante
medicinali per gli ammalati. Nel 1830 cessò di essere ospedale e divenne
sede della Gendarmeria. Nel 1836 nel monastero e nel vicino Casino al
Boschetto fu impiantata, per volontà regia, una fabbrica di scialli
dipendente dalle seterie di San Leucio. Successivamente ceduto al Ramo
Guerra, il complesso venne adibito, nel 1840, ad ospedale militare, fino
all’edificazione del nuovo, limitrofo Ospedale Militare, a cui fu annesso.
Attualmente il convento è in stato di abbandono, a differenza della chiesa,
rimasta luogo di culto.
Il complesso di San Francesco di Paola si trova al confine tra Casagiove e
Caserta, sulla strada che provenendo da Capua, fiancheggiando il Casino al
Boschetto, giungeva all’attuale piazza Vanvitelli, un tempo sede del mercato
cittadino, attraversando i giardini all’italiana voluti dagli Acquaviva.
La tipica struttura conventuale, con chiostro quadrato su cui si affacciano
i locali comuni al piano terra e le celle al primo piano, è affiancata dalla
chiesa, la cui semplice facciata è caratterizzata da un pronao nel quale
domina, sulla porta d’ingresso, un cartiglio con la scritta Charitas, motto
dei Minimi, e, a destra e sinistra due lapidi: una a ricordare i restauri
effettuati da Ferdinado II (1858), l’altra la visita di papa Benedetto XIII.
L’interno è essenziale, ad unica navata con sei vani laterali poco profondi,
tre per lato. Alle spalle dell’altare maggiore, in commesso di marmi, un
quadro ottocentesco raffigurante “La Sacra Famiglia”, copia dell’originale
donata, forse, dai Caetani. Ai lati altri due altari marmorei del 1858,
l’uno dedicato a San Francesco di Paola (a destra), l’altro alla Vergine
Addolorata (a sinistra). Le pareti sono arricchite da lesene di stucco con
capitelli ionici, probabilmente risalenti alla fase seicentesca di
costruzione della chiesa. Sul soffitto piano domina la tela raffigurante San
Michele Arcangelo e il Santo cui è dedicato l’edificio religioso. Le statue
di cartapesta di San Rocco e di San Francesco Calasanzio sono del ‘700,
successive quelle di San Francesco di Paola (XIX secolo) e dell’Addolorata (XX
secolo).
Nel suddetto pronao e all’interno della chiesa due lapidi ricordano che nel
1773 vi fu sepolto l’architetto Luigi Vanvitelli, cui si deve la Reggia di
Caserta. Prova certa di tale sepoltura non esiste, in quanto tali epigrafi
non indicano il luogo esatto in cui il defunto fu tumulato, forse perché i
Minimi non autorizzavano l’apposizione di esse, temendo rivendicazioni di
diritti o ius patronati da parte degli eredi. Nel 1879, cercando i resti
mortali del celebre architetto, furono rinvenute le ossa di tre cadaveri, di
cui uno di donna, ma senza alcun elemento identificativo che ne permettesse
l’attribuzione. Un secolo dopo, durante i lavori di restauro della chiesa,
furono trovate diverse ossa (oltre a materiale di risulta e frammenti di
stoffa), che, sottoposte a studi e ad analisi, prima a Caserta e poi a
Chieti, non hanno confermato l’appartenenza al Vanvitelli.
D’altra parte, l’espressa venerazione di questi per il Santo di Paola
giustificherebbe la sua sepoltura in una chiesa distante dalla parrocchia
cui apparteneva, essendo più logico che egli venisse seppellito nella Chiesa
di Sant’Elena, detta Santella, attigua alla sua ultima dimora nel centro di
Caserta.
Bibliografia
LUCIA GIORGI, La chiesa ed il convento di San Francesco di Paola in
Caserta dalla fondazione agli anni Ottanta del Novecento (1606-1980), in
Quaderni n. 8, Associazione Biblioteca del Seminario Civitas Casertana,
Caserta 2008, pp. 59-98.
Ex Istituto Agrario per la Ricerca e lo Studio della Scienza Agraria - Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Caserta (CRA-FRC)
Per sviluppare un’agricoltura in chiave moderna, in cui l’aspetto
scientifico sposasse la finalità economico-produttiva, Gioacchino Murat, su
proposta di Gaetano Filangieri, istituì nel 1810, in ogni provincia del
Regno di Napoli, le Società di Agricoltura o Camere Agrarie, mutate nel 1812
in Società Economiche. A Caserta, la Società Economica fu istituita nel
1818, quando la città divenne capoluogo di provincia. Nel 1853 Ferdinando II
provvide a darle una sede, nei pressi della Reggia di Caserta. Nacque, così,
l’ “Istituto Agrario per la ricerca e lo studio della scienza agraria” e l’
“Orto Agrario Sperimentale”, destinato alla formazione di giovani desiderosi
di apprendere nozioni di agraria e di botanica, allo scopo di promuovere lo
studio, la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, avendo come
obiettivo il miglioramento produttivo di un territorio, Terra di Lavoro,
ritenuto da sempre tra i più fertili d’Italia. All’interno dell’Istituto
Agrario si svolse un’intensa attività scientifica, si realizzarono
esposizioni di prodotti “agrari industriali”, esperimenti sulla coltura del
cotone, indagini sismiche e geologiche. Rinomata fu la Biblioteca, che
vantava oltre 200 volumi.
Nel 1862, con l’istituzione delle Camere di Commercio, le Società Agrarie
persero le loro prerogative: a Caserta i beni dell’Istituto furono, così,
acquisiti dall’Amministrazione Provinciale, che si assunse l’onere di
proseguire l’attività didattica. Nel 1872 presso la sede dell’Istituto sorse
la Stazione Agraria Sperimentale, centro di ricerca all’avanguardia per
l’epoca, mentre la formazione didattica fu portata avanti dall’Istituto
Tecnico Agrario, intitolato, nel 1882, a Giuseppe Garibaldi.
Nel 1923 l’edificio borbonico e parte dell’Orto furono espropriati dalla
Provincia e nel 1938 l’Istituto fu addirittura soppresso. L’anno successivo
la proprietà fu venduta all’Istituto Caseario Zootecnico per il Mezzogiorno,
che la utilizzò per la sue ricerche. Nel 1967 gran parte del complesso passò
all’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma, ente del Ministero
dell’Agricoltura. Nel 1999 l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura è
entrato a far parte del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in
Agricoltura (C.R.A.). Tuttora il complesso borbonico è sede, infatti, dell’
“Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Caserta (CRA-FRC)”. Presso tale
centro si effettuano studi di genetica, piani di miglioramento genetico e
selezione varietale con metodologie convenzionali e avanzate per le specie
frutticole, con particolare riferimento a quelle adatte agli ambienti
meridionali (esclusi gli agrumi).
Dal punto di vista architettonico, l’edificio conserva la sua struttura
semplice ed elegante, tipica dell’epoca borbonica.
Bibliografia
GIOVANNI ALIOTTA, Una giornata fruttuosa, in Narrazioni Volume 12, n.3,
Settembre 2010 : 84-87.
Ritiro dei Passionisti - già Quartiere degli Schiavi Battezzati
Ferdinando II di Borbone, apprezzando l’operato dei Passionisti,
penitenzieri di Casa Reale e attivissimi nelle loro missioni, desiderava
fortemente ospitare a Caserta un convento affidato a tale ordine. All’inizio
il Consultore Generale della Congregazione, Padre Pio Cayro, aspirando a
fondare nuove sedi in località tranquille, isolate, favorevoli alla
meditazione - denominati Ritiri secondo i dettami della loro regola - non
sembrò entusiasta dell’idea, poiché il luogo prescelto dal re confinava con
la nuova sede della corte. Dopo aver visionato le piante, però, Padre Cayro
acconsentì al volere del sovrano: la struttura, infatti, poteva trasformarsi
in un Ritiro, protetto dal bosco reale, pur avendo la propria facciata posta
direttamente sulla strada che da San Leucio conduce tutt’ora alla via Appia.
Si trattava, peraltro, di un edificio riadattato per l’occasione, sede,
durante il regno di Carlo di Borbone, degli alloggi degli schiavi saraceni,
che all’epoca lavoravano alla costruzione della Reggia (il re vi aveva vi
fatto erigere anche la cosiddetta Cappella degli Schiavi). In seguito, dopo
il restauro di Carlo Vanvitelli (1773), la struttura aveva ospitato il Corpo
Volontari di Marina, chiamati Liparoti o Liparotti, perché provenienti dalle
Isole Lipari (particolarmente vicini al sovrano, addetti a Caserta alla
custodia del Bosco e del Palazzo), sciolto nel 1786. Dopo la soppressione di
tale corpo militare, il fabbricato venne abbandonato, per poi essere
restaurato, senza badare a spese, per desiderio di re Ferdinando, affidando
tali lavori al 1° Tenente del Genio Militare Giuseppe Garzia, che provvide
ad effettuare tutti gli adattamenti necessari a rendere la struttura
pienamente confacente alle esigenze dei Passionisti. Fu costruito un piano
superiore, il refettorio, la cucina, abbellita la chiesa - con l’aggiunta di
due altari laterali - allestita una Biblioteca. La nuova sede conventuale,
inaugurata nel 1856 e dedicata alla Madonna dei Sette Angeli (ispirandosi al
quadro che ornava l’altare maggiore, rappresentante la Vergine circondata da
sette angeli) fu chiusa nel 1866, a seguito della soppressione degli ordini
religiosi voluta dai Savoia. Numerose opere d’arte e molti volumi della
Biblioteca finirono presso Archivi vari, Istituzioni Pubbliche, case private
di funzionari sabaudi.
Nel 1998, dopo un restauro a cura della Soprintendenza BAPSAE di Caserta e
Benevento, l’ex Ritiro è divenuto, in parte, sede della Società di Storia
Patria di Terra di Lavoro, presieduta attualmente dal comm. avv. Alberto
Zaza d’Aulisio. In essa si svolgono importanti incontri culturali e convegni
ed è ospitata un’importantissima biblioteca che raccoglie testi inerenti
soprattutto alla storia del territorio casertano.
Tutt’ora è possibile cogliere l’atmosfera tranquilla che aveva
caratterizzato il Ritiro: dall’ampio atrio d’ingresso sulla strada
principale si accede ad un cortile rettangolare, a mo’di chiostro,
essenziale e assai elegante, dominato, sul fondo, dalla semplice facciata
della Chiesa, circondata dai maestosi alberi del Parco Reale, che creano
un’atmosfera di oasi protetta dal caos della città.
Bibliografia
ANIELLO GENTILE, I Passionisti nel Parco della Reggia di Caserta - Cenni
Storici, Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, MCMXCVII.
Ospedale Militare
Nel 1751 venne istituito dal re Carlo di Borbone un ospedale per forzati
e soldati in Caserta, nella zona destinata a strutture connesse alla
presenza di lavoratori, molti dei quali musulmani, che risiedevano ad Ercole
e lavoravano nel cantiere della Reggia. Sorse allora il Real Ospedale di
Casanova (oggi Casagiove), sito nell’area che dovrebbe corrispondere a
quella utilizzata successivamente come Quartiere Militare Borbonico, con due
corsie destinate agli infermi cattolici e due camere separate per gli
schiavi maomettani. Nel 1813, durante il regno di Gioacchino Murat, tale
struttura fu chiusa. In seguito, nel 1840, fu utilizzato come ospedale
militare il vicino convento di San Francesco di Paola.
Il nuovo Ospedale Militare, commissionato dai Borbone al Corpo Reale del
Genio Militare, fu edificato successivamente, probabilmente tra il 1846 e il
1850, su un terreno attiguo al complesso di San Francesco di Paola. La
struttura, pur avendo subito diversi lavori di restauro e di adeguamento, è
sede ancora oggi dell’ospedale militare, attualmente intitolato al Tenente
Gennaro Tescione, Medaglia d’Oro al Valor Militare, caduto a Rodi nel 1943.
L’edificio, di enormi dimensioni, a pianta rettangolare con cortile
centrale, è costituito da tre piani fuori terra (oltre l’ammezzato e il
sottotetto). La particolare scala a solette rampanti, progettata dal Tenente
del Genio Militare Cesare Guarasci, fu ritenuta per l’epoca innovativa,
poiché permette di lasciare libero il passaggio fra due ingressi. Le
solette, infatti, si sviluppano secondo le diagonali del vano rettangolare
in cui è collocata la scala, confluendo nel pianerottolo di forma esagonale,
creando una struttura slanciata ed elegante.
Bibliografia
LUCIA GIORGI, La chiesa ed il convento di San Francesco di Paola in
Caserta dalla fondazione agli anni Ottanta del Novecento (1606-1980), in
Quaderni n. 8, Associazione Biblioteca del Seminario Civitas Casertana,
Caserta 2008, pp. 59-98.
Palazzo al Boschetto
Agli inizi del 1600 il principe di Caserta Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona
(1570; +1634), appartenente alla famiglia che governa il feudo dal 1509 al 1634,
commissiona all’architetto toscano Giovanni Antonio Dosio, la costruzione di
Palazzo al Boschetto.
L’edificio, costituito da due corpi di fabbrica con un cortile centrale
comunicante con il retrostante Boschetto, sorge in una zona periferica del
casale in pianura di Torre, in seguito chiamato Caserta, dove dal 1300, con lo
spostamento della corte comitale dei Della Ratta da Casertavecchia, inizia uno
sviluppo urbanistico-architettonico ulteriormente incrementato dagli Acquaviva.
Palazzo al Boschetto sorge a circa 800 metri di distanza da Palazzo Acquaviva,
imponente edificio che domina Piazza Luigi Vanvitelli, anticamente chiamata
Piazza del Mercato, dove i Della Ratta costruirono un palazzotto vicino ad
un’antica torre medievale che gli Acquaviva ampliarono ed abbellirono a partire
dalla metà del 1500.
Palazzo Acquaviva, sede della corte del principe, era l’edificio “di
rappresentanza” mentre Palazzo al Boschetto era una residenza suburbana dove
Andrea Matteo Acquaviva poteva coltivare maggiormente i suoi interessi, lontano
dagli impegni di governo del suo stato e dalla caotica Piazza del Mercato in cui
c’erano taverne e botteghe che, nei giorni settimanali della fiera, richiamavano
moltissimi venditori ed acquirenti anche dai paesi vicini.
Nonostante il carattere più “riservato” dell’edificio, il principe volle
comunque conferirgli un aspetto “degno di nota” sia dal punto di vista
architettonico che decorativo.
L’affidamento del progetto all’architetto Dosio, esponente del Manierismo di
tradizione classica attivo a Napoli dalla fine del Cinquecento in importanti
cantieri come quello della Certosa di S. Martino e dei Girolamini, sicuramente
era una scelta del principe dettata dal voler emulare la committenza nobiliare
napoletana che, con la costruzione di palazzi nella capitale del viceregno e nei
feudi posseduti, dava tangibile testimonianza della potenza economica e politica
conquistata o consolidata.
La bellezza e la magnificenza dei palazzi e dei giardini costruiti a Caserta
dagli Acquaviva venne infatti descritta da coloro che li visitarono nel corso
del tempo.
Le facciate di Palazzo al Boschetto, completamente dipinte, sicuramente
colpivano il visitatore che, all’interno delle numerose sale, continuava a
vedere, “narrati” sulle volte, episodi mitologici, biblici e bellici che
rimandavano alla famiglia Acquaviva in modo esoterico.
Allegorie, simboli alchemici ed astrologici, infatti, sono presenti nelle
superstiti sale del piano terra del corpo principale del palazzo e, nonostante
il notevole degrado in cui versano, testimoniano l’elevata cultura della mente
che le ha concepite.
L’Atrio delle Scienze e Virtù, la Sala di Ercole, la Sala di Giuditta ed
Oloferne, la Sala della Giustizia, la Sala del Paradiso Terrestre e quella del
Tempo, sono unite da un filo conduttore di difficile decodificazione che, in
mancanza delle decorazioni pittoriche che erano presenti sia nelle altre sale
del piano terra che in quelle del piano superiore, risulta spezzato.
Osservando gli affreschi delle singole sale, inoltre, si nota che essi furono
eseguiti da pittori diversi, come confermano alcuni documenti d’archivio che
testimoniano che il principe li commissionò nel 1607 al pittore fiorentino
Camillo Spallucci ed al pittore di origine fiamminga Agostino Pussè, saldato nel
1611 dalla principessa boema Francesca Pernestain, seconda moglie di Andrea
Matteo Acquaviva.
In particolare, nella Sala del Paradiso Terrestre ed in quella del Tempo sono
raffigurati simboli alchemici e, nella prima sala, è raffigurato il Leone
astrologico, rara rappresentazione della costellazione del Leone e dei simboli
dei pianeti Venere, Saturno e Mercurio e del Sole ancora da interpretare.
La stessa pianta del palazzo, insolita per la sua forma trapezoidale, potrebbe
rimandare allo schema della costellazione di Ercole, toponimo del casale dove fu
costruito il palazzo e figura mitologica alla quale è dedicata la decorazione di
una sala.
Il fascino e la bellezza dell’edificio era incrementato dai numerosi giardini
che si estendevano sul retro, attraversati da viali i cui punti di incontro
erano evidenziati da fontane con statue.
I giardini erano separati da spalliere di lauro ed erano abbelliti da padiglioni
e pergolati, vasi di creta con fiori ed uccelliere in legno con reti di ottone.
Nel corso del tempo Palazzo al Boschetto ha subito modifiche e cambiamenti di
destinazione d’uso. Passato il feudo di Caserta ai Caetani di Sermoneta nel
1635, il principe Michelangelo Caetani lo vendette nel 1750 a Carlo di Borbone.
L’architetto Luigi Vanvitelli, al quale il re si rivolse per il progetto della
reggia, destinò Palazzo al Boschetto a sede degli uffici amministrativi.
Dopo necessari interventi di restauro l’edificio, chiamato Palazzo
dell’Intendente, fu occupato dagli impiegati della Reale Amministrazione
borbonica e, per un periodo, vi abitò lo stesso Vanvitelli.
Riguardo ai giardini, inizialmente Vanvitelli voleva conservarli, ripristinando
l’impianto idrico ed inglobandoli sul lato sinistro del parco retrostante la
reggia, ma poi abbandonò questa idea e vennero demoliti.
Agli inizi del 1800 Palazzo al Boschetto prima fu utilizzato come residenza dei
canettieri e poi degli impiega
ti del ramo di caccia che si occupavano della fagianeria.
In seguito fu destinato a fabbrica di panni di lana e stamperia di cotoni, fino
a quando non fu ceduto al Demanio Militare che ancora oggi lo detiene.
Nonostante le trasformazioni subite nel corso dei secoli, Palazzo al Boschetto
rimane l’unica testimonianza della Caserta preborbonica.
Bibliografia
L. GIORGI, Caserta e gli Acquaviva. Storia di una corte dal 1509 al 1634,
Caserta 2004.