Il Cineclub Vittoria presenta l’ultimo lavoro di Andrea Segre “Il sangue verde”
Casagiove (CE), 1 ottobre 2010
Articolo di Lorenzo Giroffi
01\10\2010 - Casagiove Il suadente suono ovattato di una sala, le sedute
ricoperte di un blu accomodante, il sipario sognante e tutti gli stimoli che
la tradizione di un cinema concede, son stati gli elementi di contorno della
proiezione del documentario di Andrea Segre “Il Sangue Verde”.
Il Cineclub Vittoria di Casagiove, cinema che resiste, che mantiene intatta
la logica di posto magico nel quale riconoscere autori e non prolungamenti
di spot pubblicitari, per questo evento ha visto riempir la propria sala.
All’abbassar delle luci, gl’intenti degli spettatori erano poco chiari,
inconsapevoli di star per saggiare essenze di vita, che lottano per la
propria dignità a distanza così ravvicinata dal nostro stesso occidente.
Oltre al regista Andrea Segre, in sala, nell’esporre la presentazione
dell’opera, c’è stata anche l’amichevole partecipazione di Toni Servillo e
di Riccardo Noury, rappresentante di Amnesty International.
“Il Sangue Verde” ha il merito di allungare lo sguardo oltre la cronaca dei
fatti inerenti le manifestazioni del Gennaio 2010 a Rosarno. I lavoratori di
colore, braccianti di campagne produttivissime, in quei giorni han provato
prima a dimostrare lo sdegno, per poi patire la paradossale caccia all’uomo.
Il documentario è grazia non solo per la verità dei fatti, ma anche per i
sensi di spettatori d’arte. Segre è attento a tutti i tagli registici, che
non disdegnano paralleli di panoramiche sullo squallore dei posti e
particolari sull’espressioni cariche di dignità dei migranti (rilevante e
riconoscibile il lavoro di Luca Bigazi alla fotografia, pregevole la scelta
degl’inserti musicali).
Lontano da risposte, ma voglioso di far sorgere dubbi, Segre è partito da
quel 7 Gennaio 2010 per delineare gli scenari di lavoro, che si tramutano in
schiavitù. Le campagne di Rosarno, in qualche modo, son sempre state terre
di lavoro disumano. Le stesse famiglie calabresi, nel secondo dopo guerra,
si contendevano quei campi per riempir di lavoro le proprie famiglie.
Campagna fiorente e produzione di lavoro, binomio che non lasciò
indifferente la ‘Ndrangheta, la quale s’impossessò delle terre, gestendo
gl’affari delle nostre belle arance. Con Rosarno, vista dagl’occhi della
solita cronaca, s’è sciorinata anche tutto il copione fuori luogo di
ministri e di politici improvvisati. In quei giorni il problema divenne la
clandestinità e la troppa tolleranza del Nostro Paese. Le vite di questi
lavoratori, perché son tali, non ha interessato nessuno, nonostante sia una
forza produttiva dello Stesso Paese Tollerante. Son lavoratori che
guadagnano non più di 25 euro al giorno, dove per giorno s’intende proprio
tutto il giorno (circa 15-16 ore). Lavoratori che raccolgono sotto l’acqua
fredda di pioggia invernale e che poi si riparano in case ancor più gelide.
Lavoratori che non posson considerare del tutto loro la misera paga,
dovendone accumulare una parte anche per i committenti, sempre tolleranti,
del lavoro. Il documentario è stato girato tra Roma, Caserta e Rosarno
(perché molti ci son ritornati, ricattati dalla necessità del lavoro), mete,
che dopo la cacciata, son divenute o riparo od altro scenario d’ingiustizie
per i migranti. Il racconto del dopo Rosarno è narrato da sette lavoratori,
che continuano a spaccarsi la schiena, senza intaccare le proprie dignità di
lavoratori e soprattutto di esseri umani, sottolineando, ancor di più, la
cecità degli stereotipi della politica e l’irrazionalità del buon senso dei
cittadini italiani. Come spiega uno dei protagonisti, il sangue degl’esseri
umani è tutto dello stesso colore, tutti han la stessa sofferenza, tutti
devon poter aver gli stessi diritti. Gli uomini han tutti il sangue rosso,
non ci son persone dal sangue verde.
A margine della proiezione il regista Andrea Segre ci ha concesso una
piccola intervista.
Lorenzo Giroffi: In un tuo precedente lavoro “Come un uomo sulla
terra” (che consiglio di vedere) hai delineato l’oscenità, il carico d’illusioni
e di sofferenze alle quali son costrette persone partite dal Nord Africa per
raggiungere il Nostro Paese. Ne “Il Sangue verde” invece tracci le storie di
migranti già presenti sul nostro Territorio, che da lavoratori si ritrovano a
vivere in condizioni di schiavitù. Tra i due qual è il ritratto che t’è stato
più difficile delineare?
Andrea Segre: Il ritratto è sempre quello dell’Italia e degl’italiani.
Italiani che non si rendon conto delle sevizie a cui son sottoposti altri esseri
viventi. Nel Nostro Paese esiste un problema ed è quello della perdita di
dignità. La stiamo perdendo, perché ciò che un tempo era nostra caratteristica,
ovvero quella di Paese ospitale, ad oggi sembra stia diventando una nostra
lacuna.
L. G.: I tuoi son racconti, storie narrate con il reale dolore dei
protagonisti, al di là dell’inutile retorica anche giornalistica, che fornisce
opinioni e non verità. Quanto pensi che la gente possa dare attenzione alle
storie reali più che a comode opinioni?
A. S.: Quando c’è un racconto lo spettatore ascolta, è attento alla
persona, alla vita di quella persona, oltre ogni tematica politica, segue quel
racconto, ponendosi delle domande. Tutto questo penso che funzioni, il problema
è portare le persone ad ascoltare questo racconto e per far questo dobbiam
moltiplicare gli spazi di democrazia.
L. G.: Ti stai dirigendo verso Rosarno, dove presenzierai ad un’altra
proiezione de Il Sangue Verde. Come pensi di trovare la cittadina di Rosarno,
demotivata o con qualche particolare spinta emotiva?
A. S.: A Rosarno han vissuto tutto ciò con grande emozione, negativa o
positiva che sia. Ci sarà un contesto molto attento a non rimanere passivo, per
diventare simbolo dell’Italia che vuol cambiare.
L. G.: Ci puoi accennare qualcosa sul tuo primo lavoro di finzione che
stai girando.
A. S.: Shun Li ed il poeta è una storia vera, che volevo girare come
documentario, ma che poi ho capito potesse esser interessante per il cinema non
documentarista. È una storia di una donna cinese che si ritrova a lavorare in
un’osteria per pescatori di un paesino del Veneto. Quest’incontro, tra mondi
così distanti, si rivelerà carico di somiglianze.
Comunicato
Venerdì 1 ottobre, alle ore 20.30, al Cineclub Vittoria
di Casagiove (CE), Csa-Ex Canapificio e Cineclub Vittoria presentano "Il
sangue verde" (Venezia 2010 - Giornate degli autori)
Interverranno il regista Andrea Segre, i protagonisti del film, Riccardo
Noury di Amnesty International.
Ospite della serata l'attore Toni Servillo
Ingresso libero con sottoscrizione volontaria a sostegno delle iniziative
del Csa-Ex Canapificio
Sinossi
Le voci, i volti e le storie dei protagonisti delle
manifestazioni che nel Gennaio 2010 in un piccolo paese della Calabria,
Rosarno, hanno portato alla luce le condizioni di degrado e ingiustizia di
migliaia di braccianti africani.
Dagli anni '90 in Italia, in particolare in alcune aree del Sud con forte
presenza di organizzazioni mafiose, migliaia di immigrati africani e
dell'est Europa sono sfruttati nell'agricoltura senza alcun tipo di diritto
e in condizioni di vita intollerabili.
A Rosarno in particolare, dove il potere della 'Ndrangheta è cresciuto
moltissimo negli ultimi anni fino a portare al commissariamento per mafia
del Comune, gli immigrati sfruttati nella raccolta delle arance sono anche
oggetto di intimidazioni e minacce da parte di piccole bande di stampo
mafioso.
Per oltre dieci anni, come ben racconta nel film Giuseppe Lavorato, ultimo
sindaco di Rosarno che tentò di opporsi al potere della 'Ndrangheta, gli
immigrati africani hanno cercato di denunciare pacificamente questa
situazione.
Il 7 gennaio 2010, dopo l'ennesimo episodio di violenza contro quattro di
loro, hanno deciso di far esplodere la rabbia e hanno dato vita ad una
manifestazione molto forte, durante la quale vi sono stati anche episodi di
saccheggio e distruzione.
Così in quelle ore l'Italia si è accorta di loro, ne ha preso paura e ha
reagito con violenza: il Governo Berlusconi, per voce dei Ministri
dell'Interno e della Difesa, ha dichiarato che quelle manifestazioni erano
frutto di "eccessiva tolleranza nei confronti dell'immigrazione clandestina"
e ha ordinato l'espulsione di tutti gli immigrati da Rosarno. Nel frattempo
nella regione si stava scatenando una vera e proprio caccia al nero da parte
di cittadini italiani, probabilmente organizzati dai locali poteri mafiosi.
In poche ore Rosarno è stata "sgomberata" e il problema "risolto": in
televisione la classe politica, al fine di mietere consenso nell'opinione
pubblica impaurita, ha raccontato che in quel modo era stata riportata la
legalità e che gli immigrati sprovvisti di documenti sarebbero stati
velocemente espulsi dall'Italia.
Così non è stato.
Nei giorni successivi è calato il silenzio sulla vicenda, ma quasi tutti gli
immigrati di Rosarno sono stati rilasciati e abbandonati a sè stessi in giro
per l'Italia: da Caserta a Roma, da Napoli a Castelvolturno, mentre alcuni
hanno addirittura deciso di tornare di nascosto negli aranceti di Rosarno.
E' in questi luoghi di fuga che, pochi giorni dopo le manifestazioni,
abbiamo incontrato 7 protagonisti di queste vicende, chiedendo a loro di
raccontare non solo cosa fosse successo, ma come fosse la loro vita in
Italia.
Ne è nato un racconto in prima persona che, alternato alla memoria storica
rappresentata dalle ricostruzioni di Giuseppe Lavorato e dalle immagini di
documentari sul lavoro di contadini italiani nel Meridione degli anni'60,
riporta al centro dell'attenzione la dignità e il coraggio di centinaia di
ragazzi, che dalle loro terre di origine si sono messi in viaggio per
salvare o cambiare la loro vita.
Il sangue verde, di Andrea Segre
Fotografia: Luca Bigazzi e Federico Angelucci, Matteo Calore.
Montaggio: Sara Zavarise
musiche originali: Piccola Bottega Baltazar
prodotto da: Andrea Segre (ZaLab) in collaborazione con Francesco
Bonsembiante (JoleFilm) e Francesca Feder (Aeternam Films)
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Cineclub Vittoria: eventi di ottobre