Baia Domizia blues: Dal Delta del Mississipi al Delta del Garigliano, prima serata
Baia Domizia (CE), 17 luglio 2010
Articolo di Rossella Barsali, foto per gentile concessione di Daniela Volpecina
Siete pronti? Di tutte le domande da fare questa è quella da
evitare, quest’anno, al Baia Domizia Blues Festival…
Incertezze fino alla fine, indipendenti dalla volontà di chi organizza,
eppure, puntualmente, già dalle 20.37, troneggiava su ogni poltroncina
bianca davanti al palco superaccessoriato e dotato di ogni confort per
musicisti esigenti (qualunque jazzista si troverebbe bene, i bluesman
abituati a situazioni molto più arrangiate urlano al miracolo) il programma
riprodotto al lato
Sotto l’egida di un sole post nucleare- citazione di Manga giapponesi e non
solo- compaiono i protagonisti delle edizioni passate e, alle loro spalle,
il pubblico esultante, che non sa di trovarsi nei pressi di un delta, quello
del Garigliano, che in realtà delta non è, come tende a precisare il
presentatore Angelo Agnisola, richiamando l’attenzione sulla evidente
esagerazione metaforica, velata di affettuosa ironia, contenuta nell’incipit
di ogni edizione del festival.
Ma l’evocazione è potente, quindi efficace. Come efficace e beffardo è
l’orario d’inizio di ogni serata, 21.25. Con tali premesse, chi si
aspetterebbe le classiche 12 battute clonate da Willie Dixon, piuttosto che
Howiln’ Wolf, oppure Elmore James resterebbe un po’ sorpreso: quest’anno, il
festival blues più significativo del Sud risottolinea, già dalla prima
serata, tutte le sfumature di cui è ricca la Musica del Diavolo, comprese le
frequenti incursioni nel R’n’B, nel Funky e infine nel Rock, tutti prodotti
dalle medesime Radici. L’apertura è affidata al blues notturno e
profondamente ironico del Mark Pellegrini Trio, band provenienten dal suolo
d’Abruzzo che, visceralmente sinuosa ed invitante, ci insinua nell’atmosfera
blues con lenta sapienza.
Mark Pellegrini
Mark mostra padronanza sia con la chitarra, che con l’armonica, ma senza
strafare, e intona il blues con voce trascinata e trascinante.
La sezione ritmica, mai sovrastante, completa uno spettacolo intenso e
caldo, molto più a sud di qualunque sud. Come una polveriera, perfetta
miniatura, Danielia Cotton e la sua band rock-blues scuotono il pubblico
cullato finora dallo sciabordìo del trio, graffiandolo con chitarra
distorta, con assonanze armoniche ardite e con una pasta sonora totalmente
differente dalla precedente situazione.
Danielia Cotton
Finanche il sound è dissacrante, e sbalordita ne chiedo notizia a un addetto
ai lavori, che mi tacita immediatamente confidandomi che questi sono le
direttive del fonico al seguito della band, e sbircio la manager della
Cotton (che ha in scuderia anche Sting) andarsene soddisfatta verso la
consolle…
La giovane cantautrice di New York ha una pasta vocale di valore assoluto,
esegue un repertorio quasi interamente autografo, seguendo le orme di una
Tina Turner meno aggressiva e più elegante
Nei bis finali ci regala una Purple Rain da brivido caldo, sorretta da una
band prim’ordine e sollecitata da un chitarrista di chiara scuola
Zeppeliniana.
Forse non lo sai, ma pure questo è blues!
Consulta: Baia
Domizia Blues Festival 5° edizione