Steve Smith

 

Clinic di Steve Smith a Black Cat

Caserta, 1 Ottobre 2009

Articolo di Gemmita La Peruta

Batteristi e insegnanti di batteria: tutti a scuola da Steve Smith il 1° ottobre, in quella che è stata la prima tappa del tour italiano di uno dei “drummers” più acclamati al mondo. Il Black Cat, prestigioso locale di Caserta sempre attento e disponibile nell'accogliere artisti di fama internazionale, ha accolto questa clinic istruttiva e piacevole nello stesso tempo. L'evento è stato organizzato dall'associazione musicale “Fa-Re Musica” di Santa Maria a Vico, attiva dal 2005 e orgogliosa di aver promosso altre clinic con rinomati musicisti come Steve Vai, Andy Timmons etc. Cosa dire di questo straordinario “Drums Hero”? L'aspetto potrebbe ingannare, ma l'origine della sua carriera risale al 1963, dai primi studi con Bill Flanagan, Gary Chaffee e Alan Dawson per passare come membro effettivo dei Journey (famosissima band rock degl'anni '80) e come membro fondatore di una propria band fusion (Steve Smith and Vital Information) e di una rinomata jazz band (Steve Smith's Jazz Legacy) per non parlare di importanti collaborazioni con artisti dal calibro internazionale come ‘session man’ (Mariah Carey, Bryan Adams, Zucchero, Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Roy Price, Corrado Rustici e Savage Garden) e di collaborazioni con i maggiori artisti del panorama del Jazz moderno (“Steps Ahead”, Frank Gambale, Stu Hamm, Victor Wooten etc.). La famosissima rivista internazionale dedicata al mondo del drumset, Modern Drummer Magazine, ha ritenuto Steve Smith degno di essere considerato uno fra i Top 25 Drummer of All Time (2001) e di entrare nella Modern Drummer hall of Fame (2002). In questa clinic, Steve Smith si è calato perfettamente nella figura dell'insegnante entusiasta della sua materia e delle sue ultime conquiste di studente perpetuo e devoto del drumset. La clinic non è stata né una dimostrazione di talento e superiorità né una lezione noiosa di rudimenti e principi basilari. Steve è partito innanzitutto con un “solo” nel quale ci ha spiegato il suo approccio al drumset costituito di sensazioni, dinamica e musicalità. Proprio su quest'ultima Steve si è concentrato per illustrarci i suoi ultimi studi in materia. Un po' come Manzoni che avvertiva la necessità di “lavare i panni nel fiume Arno” per migliorare la lingua delle sue opere, Steve a partire dal 2002, ha intrapreso un viaggio nel sud dell'India per scoprire una concezione del ritmo lontana dalla nostra, ma ricca di spunti per progredire nel suo stile. Il Konnakol, forma di arte vocale usata dai musicisti indiani del Sud, è stata la parola chiave del suo ultimo studio. Questa espressione vocale del ritmo ci è stata presentata come un mezzo per poter arricchire il groove di scansioni ritmiche pari, come il classico 4/4, del rock. Steve ci ha spiegato meglio questo concetto, un pò arduo nello scriverlo ora, suonando ritmi standard e contemporaneamente “cantando” dei pattern presi dalla suddetta tecnica indiana. Questi pattern sono costituiti da sillabe cantate che ricalcano le note di una quartina ('TA-KA-DI-MI) o di una cinquina ('TA-KA-'TA-KI-TU), scandendo gli accenti all'interno di questi movimenti. A loro volta questi pattern posso andare a formare strutture più grosse (da sette, da nove, etc.) o essere scomposte in strutture minime che, inserite in una misura dal tempo pari con l'aggiunta di 1/16 finale, possono suggerire arricchimenti nel groove di un tempo e nel drumming durante l'esecuzione di solos. Tutti i musicisti indiani (e non solo i percussionisti) usano questa tecnica mentre suonano i propri strumenti, beneficiando di un ulteriore aiuto dato alla musicalità. La clinic è andata avanti con un saggio sull'utilizzo base delle spazzole nel “groove Swing” e Steve, nello spiegare questi rudimenti, ha coinvolto il pubblico nel seguire i suoi movimenti con gesti delle mani e delle braccia. Sempre al pubblico e stato chiesto di porre domande fra un argomento e l'altro alle quali Steve a risposto con simpatia e attenzione cercando di essere il più esaustivo possibile. Tra i tanti consigli e spiegazioni che ha dato a noi batteristi, Steve ha ribadito l'importanza di studiare e soprattutto ascoltare i grandi batteristi dei primordi della storia della batteria (dai quali si può solo imparare). Infatti non è mai inutile ricordare che questi giganti della storia della musica moderna (Gene Krupa, Buddy Rich etc.) vivevano in un epoca in cui il Jazz e lo Swing erano imperanti e che questa musica ha sancito la nascita del drumset come lo conosciamo oggi. Steve ci ha fatto notare come tutti i vari stili di suonare la batteria, che sono stati poi catalogati in generi specifici, sono nati da un unico groove primordiale: la pulsazione Swing (costituita da un poliritmo detto “3 su 2”). Sorprendente è stata l'ultima esecuzione nella quale Steve Smith accompagnato soltanto da un improbabile “Mr. Hi Hat” ha dato prova di essere anche un giocoliere della batteria, alternando lanci di bacchette fra un rullo velocissimo sul solo charleston e l'altro. La clinic si è conclusa con l'autografo di Steve sugli attestati di partecipazione consegnati dall'associazione agli spettatori e con le foto dei fans accanto ad un “gigante” della batteria che con grande umiltà ci ha insegnato a metterci sempre in discussione e a scoprire nuove fonti d'ispirazione, vecchie o nuove che siano.

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