Gli Endless Dream in concerto per “Estate in città”
Maddaloni (CE), 10 settembre 2009
Articolo di Giuseppe Vuolo, foto di Pietro Pascarella
Maddaloni, Piazza della Libertà, pieno centro cittadino, sono le 20:30.
Gli Endless Dream (Enrico Bellotta, voce e chitarra acustica; Enrico
Pascarella, chitarra acustica ed elettrica; Giuseppe Bellotta, violino
elettrico e flauto irlandese) ora dovrebbero cominciare a suonare,
nell’ambito della rassegna “Estate in città”, promossa dall’Assessore al
Turismo e allo Spettacolo Alfonso Ventrone, ma sono un po’ giù: gli
spettatori sono solo tre (me compreso). Si sa, la puntualità non è il vanto
della tradizione meridionale… Aspettano un quarto d’ora, poi decidono di
fregarsene, la gente si fermerà da loro non appena inizierà la musica.
Gli Endless Dream, però, sapevano di avere tutti gli ingredienti per fare
una buona serata: innanzitutto, il genere che propongono, ballate
tradizionali celtiche e musica popolare nostrana, “canti tradizionali di
Terra di Lavoro e non solo”, come recitano i volantini pubblicitari. E poi,
le capacità tecniche, frutto di una solidissima base hard rock. Il pubblico
se ne accorge in fretta, tant’è che aumenta di minuto in minuto.
Dapprima è la musica irlandese ad incantare, evocativa come poche altre. Nel
ricreare decisamente l’atmosfera della verde Irlanda, gioca un ruolo
fondamentale il frenetico violino di Giuseppe Bellotta, che si lancia in un
paio di assolo davvero notevoli, nonché le doti vocali di Enrico Bellotta,
un trascinatore. Gli spettatori si sentono quasi spinti a danzare
vorticosamente, e non li scoraggiano (anzi, li incitano) le improvvise
accelerate date ad alcuni pezzi. Ed è qui che entra in gioco il secondo
ingrediente: la tecnica. I musicisti stanno a poco a poco aumentando il
ritmo. Li guardo negli occhi e ho la sensazione che qualcosa cambierà di lì
a poco. E infatti, il concerto devia dalla tradizione per tuffarsi sempre
più nel rock, con risultati apprezzabilissimi non solo per i tradizionali
canti anglosassoni movimentati dai fraseggi di chitarra elettrica, ma anche
per canzoni che non hanno esattamente radici irlandesi, per esempio il
Battisti di “Con il nastro rosa”, “Blowing in the wind” in chiave country,
la italianissima “Brigante se more – Vulesse addeventare nu brigante”,
addirittura il tema de “Il Padrino” usato come intro di “Sultans of swing”
(grande esecuzione, peraltro, sugli assolo). In effetti, dopo le armonie più
posate e tenui, ci voleva qualcosa di forte, quindi ben venga questo
passaggio da Nino Rota ai Dire Straits. Se prima il concerto, con abusata
metafora, “si è tuffato” nel rock, non appena i tre attaccano “La marcia
turca” mozartiana, ci sprofonda completamente. Qui Enrico Pascarella si
supera, e la performance vira decisamente nel mondo del progressive, cosa
che è confermata dai brani seguenti, un medley forsennato impregnato di prog,
veloce e ricco di citazioni musicali ai limiti della riconoscibilità per il
loro susseguirsi quasi caotico.
La serata volge al termine e il trio ritorna alle ballate celtiche,
nell’entusiasmo propone anche una pizzica. Due ore di musica, un concerto
breve ma intenso, riuscitissimo.