Recensione di: “Bello di Papà” di Vincenzo Salemm
S. Leucio (ce), 23 Luglio 2009
Articolo di Federica Roano
Nella splendida cornice del cortile del Belvedere di San Leucio è andata
ieri sera in scena la commedia “Bello di papà”, gratificata da una folta
presenza di pubblico.
La trama è imperniata su un personaggio ultraquarantenne, eterno fidanzato,
maniaco dell'arredamento e allergico alle responsabilità.
Nella sua vita, all’improvviso, piombano uno strambo psichiatra (Giovanni
Ribò) e un bambinone un po' cresciuto (Domenico Aria) in cerca di una figura
genitoriale maschile di riferimento.
Che cosa succede a questo punto? Lo scopriremo lungo le due ore di
spettacolo che vedono come protagonista, l'affermato dentista Antonio, un
eclettico e travolgente Vincenzo Salemme.
Le gag si susseguono ad un ritmo serrato. Contro la sua volontà il
protagonista, viene coinvolto –con la complicità della compagna Marina (Yuliya
Mayarchuk)- in uno stravagante progetto psicoterapeutico che lo costringerà
a confrontarsi con il suo più temuto incubo.
A questi ingredienti si uniscono le curiosità e le incursioni di una
bislacca famiglia d'origine composta dal cognato Attilio e dalla sorella,
nei panni di improbabili ballerini, e dalla madre, che si avventura in
lapalissiane citazioni.
Se ci mettiamo anche un assistente un pò confusionario e una malcapitata
paziente, il divertimento è assicurato.
La scenografia di Alessandro Chiti, che si dimostra accattivante e
funzionale ai cambi di scena, permette il facile inserimento e l’amalgama di
tutti i personaggi, in un coacervo caratterizzato da inappuntabili sintonia
e scelta dei tempi, di giochi di parole e battute sagaci, oltre alle tipiche
gestualità sapientemente sfruttate per mettere in evidenza le battute che si
susseguono incalzanti.
Facendosi forte della sua origine partenopea, impiegando mimiche e toni del
classico teatro napoletano, Vincenzo Salemme riesce a coinvolgere il
pubblico fino a renderlo partecipe della rappresentazione, in un susseguirsi
di risate e riflessioni di fronte ad un personaggio di “eterno bambino” come
se ne incontrano tanti nella vita di tutti i giorni.
L’epilogo, niente affatto scontato, porta il nostro protagonista a fare i
conti con il suo istinto paterno che non riuscirà più a soffocare,
nonostante le circostanze siano radicalmente cambiate e non richiedano più
un tale comportamento.
Per il pubblico il tempo scorre veloce e si arriva alla fine quasi senza
accorgersene, tornando a casa con un diverso spirito, consci di avere
trascorso una serata che alla fine ha reso tutti più leggeri.