Marco Travaglio al Fate Festival
S. Potito Sannitico (ce), 18 Luglio 2009
Articolo e foto di Sebastiano Sacco
La serata del 18 Luglio 2009, a San Potito Sannitico, è quasi
tutta concentrata sul Fate Festival. Gli abitanti di questo pittoresco paese
ai piedi dei monti del Matese guardano un po’ diffidenti il corteo di volti
insoliti nelle loro strade. Che si dirige verso un’unica direzione: una
piccola piazza tra case antiche e multicolori. E’ li che si terrà l’evento.
E’ li, dove anche il piccolo palco in rosso sembra attendere l’arrivo del
giornalista Marco Travaglio.
Quando Marco sale sul palco, un applauso caloroso lo accoglie. L’angusta
piazzetta quasi non è sufficiente a contenere i convenuti, ma ciascuno si
adopera al meglio per ascoltare le parole del giornalista più pungente di
questi anni. Quando a Marco viene ceduto il microfono, infatti, le regole
della serata - che si annunciava come un “confronto su quali aspetti della
cronaca recente possano essere interessanti artisticamente per un regista
che voglia raccontare i recenti anni italiani” - vengono stravolte. L’onda
delle parole di Travaglio finisce per rapire i presenti, desiderosi - è
evidente - di ricevere, anche in “versione live”, un assaggio di quel modo
di raccontare la politica e l’attualità, a volte amaro, a volte sarcastico,
ma sempre pungente, caratteristico del giornalista. Gli scandali che hanno
coinvolto e coinvolgono l’attuale presidente del Consiglio Berlusconi; le
modalità di reclutamento di vallette e Ministri; le incongruenze della
stampa, silenziosa in un Paese quanto mai bisognoso di informazione efficace
e libera; la necessità di pubblicare i suoi libri e la sua nuova testata
giornalistica: il dibattito è un fiume di parole che dipingono un quadro di
uno Stato in pieno paradosso, un quadro preoccupante nel proporre il quale,
comunque, l’intelligenza di Travaglio riesce anche a strappare - spesso –
delle risate.
Dopo i ringraziamenti del sindaco del piccolo paese casertano, Marco scende
dal palco. Una piccola folla lo circonda, e al sottoscritto resta il
sospetto che alle quattro domande appuntate su un foglio bisogna dare una
risposta. Mi avvicino a Marco, gli stringo la mano. Gli porgo le domande,
precisando che sarebbero state quelle che gli avrei proposto. Mi risponde
con un “Mi dispiace” un po’ esitante, guardando il foglio. Poi lo mette in
tasca. La folla continua a seguirlo, mentre va via verso l’auto che lo
riporterà nottetempo a Roma.