Maria Carolina, Rigina ‘e Napule, mugliera ‘e Ferdinando ‘o Re Nasone
S. Leucio (ce), 16 Luglio 2009
Comunicato stampa
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Giovedì 16 Luglio nel Cortile dei Serici al Belvedere di San
Leucio alle 20,30 l’Associazione Favole Seriche presenta, in prima
nazionale, il lavoro di Salvatore Macri: “Maria Carolina, Rigina ‘e Napule,
mugliera ‘e Ferdinando ‘o Re Nasone”, costumi di Pina Raucci, consulenza
storica Nadia Verdile, ideazione e regia Paolo Todisco.
Lo spettacolo propone per la prima volta, con rispetto delle vicende
storiche, la figura della consorte di Ferdinando IV dal suo arrivo nel Regno
di Napoli nel 1768 fino al 1788, alle soglie della Rivoluzione francese che
vide la decapitazione di Maria Antonietta, sorella di Maria Carolina.
Considerata figura di donna all’avanguardia per molti aspetti della vita
sociale e civile dell’epoca, nello spettacolo di Paolo Todisco la vita della
Corte e le simpatie popolari intorno alla regina vengono raccontate in un
singolare “unicum” che ha messo insieme forze teatrali casertane di diversa
estrazione: i cortigiani intorno alla Regina in splendidi costumi, le
musiche e romanze di Paisiello e Jommelli eseguite con la chitarra battente
di Biagio Rossetti, a contrasto con le voci popolari in musica e poesia di
Maria Teresa Carlà e Pina Valentino.
Il risultato, con oltre cinquanta interpreti sempre in scena dall’inizio
alla fine dello spettacolo, sul grande palco del Cortile dei Serici è,
potremmo dire, multicolore e gioiosamente teatrale, con finale a sorpresa!
Nota dell’Autore di Salvatore Macri
Il personaggio storico di Maria Carolina è ampliamente accessibile al
pubblico che, attraverso corrispondenze, cronache storiche ed iconografie
facilmente reperibili può chiaramente apprendere la storia della Regina e
della sua influenza nei corsi storici; è stato inoltre ampliamente romanzato
sul personaggio, mettendone in evidenza la sua complessa e multiforme
personalità.
Perché, dunque, una nuova scrittura su Maria Carolina?
L’idea è stata quella di raccontarla come si sarebbe potuto fare in tempi di
inesistente multimedialità, lasciando perciò libertà completa alla creativa
fantasia popolare di un cantastorie che, innammorato del personaggio che
descrive, ne esalta i pregi che percepisce più vicini alla sua realtà,
svincolato da ciò che la verità storica imporrebbe, ma che trasformerebbe la
fiaba del narratore nella cronaca storicistica ufficiale.
Quindi si è posto l’accento sull’attenzione della Sovrana al destino
femminile ed al ruolo della donna in quel periodo, previlegiando questo suo
atteggiamento, che ha di fatto consentito – tra l’altro - l’emancipazione
sociale nella Real Colonia di San Leucio.
Il testo è volutamente gaio, improntato in alcuni punti con una leggera
nostalgia per i tempi dell’unica Regina della Colonia; come le figlie
uniche, anche Carolina è stata amata e vezzeggiata dal popolo leuciano,
nonostante i suoi piccoli capricci, fonte di diffuso, talvolta malizioso,
compiacimento dei sudditi.
La riduzione teatrale dello scritto ha dovuto sacrificare alcuni passaggi,
peraltro lasciandoli sottintesi, relativi al declino dei regnanti,
storicamente drammatico in talune occasioni; la scena finale vuole indicare
nel bastone del cerimoniere deposto su un trono ormai vuoto il passaggio del
testimone ad un’epoca nuova, imposta dalle mutate condizioni di vita che gli
stessi sovrani avevano favorito.
La storia ha consentito che Carolina e Ferdinando diventassero testimoni dei
nuovi tempi, dopo che gli eventi gli avevano fatto svolgere il ruolo di
regnanti.
E specie per Maria Carolina, un ruolo straordinario; se non sapesse di
un’amara ironia, si potrebbe dire “rivoluzionario”.
Nota della regia di Paolo Todisco
Marie Karoline, Luise Josepha, Johanna Antonia von Österreich,
principessa di Boemia, Ungheria e Toscana, figlia di Teresa d’Austria e
Francesco d’Asburgo, nata a Vienna, giunge a Napoli, sposa di Ferdinando IV
di Borbone nel 1768, l’anno del matrimonio per procura.
Questo dunque il dato storico fondamentale per collocare l’opera di
Salvatore Macri, attento studioso della storia e delle vicende del Regno
Borbonico.
Complesso il periodo storico, ricco di fermenti, dall’Illuminismo alla
Massoneria e a volte addirittura sconvolta la storia dalle ventate
libertarie che giungevano dagli stati confinanti a partire dalla Francia, ed
è proprio la voglia e la tendenza ad ammodernare il paese che consacrano
alla storia la personalità di Maria Carolina regina che, alla nascita del
primo figlio maschio entrata di diritto nel Consiglio di Stato avvia riforme
che fanno fare un balzo in avanti di almeno due secoli al Regno di Napoli,
non dimentichiamolo, il più esteso del tempo in Italia con quasi nove
milioni di sudditi.
Per raccontare dunque Maria Carolina, regina di Napoli, la strada che
Salvatore Macri ha scelto è una sorta di enchiridio storico che si trasforma
in una ballata popolare (il cantastorie) per proporre gioiosamente trance de
vie con i personaggi che nell’invenzione drammaturgica non devono essere
molto diversi da come la storia li ha descritti per modi e linguaggio.
Si tratta certo di personaggi i più vicini alla Regina nell’intimo della
vita di Corte, da Ferdinando IV, al Tanucci, alle dame di compagnia,
damigelle e cicisbei di Corte che animano ogni azione dell’Augusta padrona
di casa.
Dall’arrivo a Napoli, dunque, al “Codice delle Leggi” per San Leucio (leggi
per la famiglia, tutela del lavoro, educazione sociale dei figli ecc.), al
Real Sito dei setaioli, illuminata innovazione sociale e politica della
nostra Carolina, siglata da Ferdinando IV.
Ed è stata proprio la chiave narrativa delle scene con gli attori,
introdotte dalle cantate popolari e da ampie coreografie, che ci hanno
suggerito l’idea di “tuffare” l’intero spettacolo nelle amenità della Corte
con i ricchi panneggi (costumi di Pina Raucci) da una parte e dall’altra il
contrasto del canto grottesco, a volte, del popolo minuto che per speranza
di riscatto e fiducia in questa Regina venuta da lontano, la blandisce e ne
segue gli ordinamenti, seppure all’ombra del Borbone Sovrano di così antica
e nobile schiatta.
Ci siamo dunque fermati al 1789 sulle soglie dell’esplosione di quella
rivoluzione che avrebbe fatto cadere teste coronate e sconvolto l’intera
Europa, intendendo proporre omaggio ad una donna felice e fiera regina,
figlia e moglie di Re alla quale il nostro lavoro vuole rendere il
riconoscimento che oggi si deve dare per quel temperamento riformatore e
capace di segnare momenti, nella storia del suo popolo, dai quali non
sarebbe stato più possibile tornare indietro.