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Gli A'Cumba al Dio Bacco

Maddaloni (ce), 9 Luglio 2009

Articolo di  Giuseppe Vuolo

Quando si ascolta la musica di Fabrizio De André, ci si rende subito conto che la pretesa distinzione tra le Arti con la a maiuscola e le cosiddette “arti minori” – tra le quali comunemente si annovera la canzone – sia solo un’odiosa discriminazione. Ogni suo verso, anche quello ascoltato più distrattamente, mostra uno spessore culturale da far invidia a pagine e pagine di letteratura e poesia, oltre che un’incontestabile attualità. Per questo ogni iniziativa per ricordare questo autore – che sia un fragoroso concerto o una serata tra amici – rappresenta sempre un po’ di più dell’ascoltare semplici “parole cantate”.
È con questo spirito che la tribute-band degli ‘A Cumba propone da qualche mese il repertorio di Faber in giro per la provincia di Caserta.
Stasera suonano nel minuscolo spazio aperto del Dio Bacco di Piazza De Sivo, di fronte all’imponente Chiesa del Corpus Domini, affascinante nella luce gialla dell’illuminazione del centro storico maddalonese.
Pochi spettatori, in verità, prevalentemente gli aficionados, ma la cosa non preoccupa, anzi c’è più confidenza, si scambiano battute, si accettano richieste (“Dedicatemi una canzone!”) e modifiche di scaletta (“Ok, allora Il pescatore la facciamo dopo, ora facciamo Prinçesa”). Cinque minuti per accordare gli strumenti e via; sono le 22:20 e si parte con "La città vecchia", ancora una volta riproposta nella versione originale, non censurata. Seguono "Bocca di rosa" e una "Khorakhané" (a forza di essere vento) che inizia delicatissima e tenue per arricchirsi, nel ritornello, di un accompagnamento blues, reso dalla chitarra acustica di Alessio Saladino.
Il gruppo propone, in versione strumentale, anche l’intermezzo (quello che, nella versione in studio, divide il pezzo dal successivo "Anime salve"). Il violino di Alessandro Del Monaco collega la fine de "La guerra di Piero" all’inizio de "Il ritorno di Giuseppe". Questo strumento si rivela centrale nella struttura degli ‘A Cumba, spesso infatti gli sono assegnati le frasi musicali che accompagnano il cantato e caratterizzano il pezzo. Ruolo delicato, soprattutto se capita di suonare davanti a dei puristi di De André, ma il risultato è soddisfacente. Lo si è notato proprio ne "Il ritorno di Giuseppe", dove ha sostituito il ritornello cantato, e nel brano successivo, una sentita "Prinçesa".
Dopo "Dolcenera", si entra negli anni Settanta del cantautore genovese: "Nella mia ora di libertà","Il bombarolo", "Un giudice", il De André più politicamente schierato, se si vuole anche il più esplicito.
La serata passa piacevolmente. Dopo una breve pausa si riattacca con "Il pescatore", vero cavallo di battaglia di un po’ tutte le tribute-band faberiane, "La canzone del Maggio" (nella versione dall’album “STORIA DI UN IMPIEGATO”), "Le acciughe fanno il pallone" con una interessante coda strumentale dove spicca la “sezione ritmica” del gruppo: Donato Proto alla chitarra classica e Gemmita La Peruta alle percussioni. Altri brani degni di nota sono stati "Volta la carta" (ancora una volta il violino è fondamentale), "Canzone per l’estat"e, una splendida "Se ti tagliassero a pezzetti"(onore al cantante Giampiero Correra), e poi alcuni pezzi solitamente ingiustamente trascurati nel repertorio di Faber come "Un blasfemo" e "La collina", entrambi ispirati dall’"Antologia di Spoon Rive"r di Edgar Lee Masters. Quest’ultima, in particolare, è stata cantata da Alessio Saladino.
L’esibizione è quasi finita, il Dio Bacco è arrivato a ridosso dell’una di notte, ma c’è ancora tempo per "La ballata dell’amore cieco". Sarà per l’andamento del brano (una ballata, appunto), o per il fatto che ad ascoltare il gruppo sono rimasti solo i fedelissimi, ma il pubblico partecipa più divertito che mai, a tratti urlando a squarciagola; altrettanto accade per "Coda di Lupo". Ci si accorge in questo momento che lo spettacolo si è ormai trasformato da un’esibizione in un locale ad una serata tra amici, proprio quella accennata all’inizio di quest’articolo. Totale: quasi una trentina di canzoni eseguite per più di due ore e mezza di musica. Alla fine, il cantante commenta esausto e felice: “Abbiamo suonato troppo”.    
Già, ma quando ci si lascia prendere dalla musica…

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