Giò Vescovi e gli "altri" al Don Quixote per "Come dentro un Blues"
Teano (CE), 24 aprile 2009
Articolo e foto di Salvatore Viggiano
In una serata pseudo primaverile, l'idea di un Blues nata per
ripercorrere schegge di memoria e vita quotidiana è ospite sul palco della
Taberna Don Quixote di Teano. Giò Vescovi approda nello storico locale,
affiancato da una formazione che non ha bisogno d'enfasi per essere
introdotta: serie di icone, con Joe Amoruso al piano, Mario Sagliocchi alla
chitarra, Umberto Calentini al contrabbasso e Fulvio Cusano alla batteria.
Il bluesman e la band ci attendono all'ingresso. Manca ancora un po' per
iniziare a scaldare gli strumenti e prende avvio una piacevole
conversazione.
Salvatore Viggiano: Giò Vescovi, quanto tempo fa l'ultima tappa al
Don Quixote?
Giò Vescovi: E' stato circa tre anni fa. All'epoca non si suonava
blues a 360 gradi, seppure tra le numerose cover fossero già presenti
embrioni delle idee nate in seguito.
S. V.: Immagino tre anni fa non sia salita sul palco questo spettacolo
di band, con ogni rispetto per quelle precedenti...
G. V.: No, l'organico strumentale era lo stesso, i musicisti no.
S. V.: Si legge dei tuoi tour in tutta Italia, dei viaggi che si
susseguono per suonare da una regione all'altra; c'è secondo te, per una qualche
ragione, una regione italiana in assoluto più blues delle altre?
G. V.: Mah, vedi, il blues nasce per strada. In ogni strada e viaggio si
incontra l'anima blues; le sue suggestioni provengono dagli anni '40 - '50, si
sono nutrite e si nutrono viaggiando, vivendo esperienze per strada, coltivando
l'ideale di libertà inteso in senso ampio. Quindi che ci si trovi in Toscana o
in Campania, ovunque l'atmosfera è blues.
S. V.: "Come dentro un blues" nasce nel 2004; ma più per un progetto
meditato e voluto anche solo per gioco oppure come sogno che ha assunto forma
istintiva nel tempo?
G. V.: Il mio lavoro ha mirato a descrivere le essenze pure e reali della
vita comune, con tutte le sue "scorie" e le sue sensazioni quotidiane; sono
fattori di ispirazione diretta, ma non posso parlare solo di istintività : c'è
alla base un lungo lavoro, specie inerente ai testi e alla competenza necessaria
per rientrare con le parole nelle tipiche dodici battute.
S. V.: E il tuo blues racconta meglio il giorno o la notte?
G. V.: (Quasi rapito dal concetto) Oh, la notte senza alcun dubbio... il
giorno e la luce disturbano troppo certe sensazioni dell'animo. Questo blues e
la sua condizione umana respirano con naturalezza di notte.
S. V.: Il tuo blues... di cosa è più innamorato? E quanto della tua
vita rivive nel disco e dal vivo?
G. V.: Ho creato in questo prodotto un tutto tondo sulla mia vita, senza
ripudiare nulla, soprattutto quello "sporco" che dà l'identità di fondo. Pezzi
come "L'autostrada" o "Prendo il treno" sono un ricordo diretto del mio vissuto
o delle storie ascoltate durante la mia vita. Quindi anche un ritorno alla mia
infanzia…
S. V.: Quindi è possibile il recupero della memoria?
G. V.: E' assolutamente indispensabile.
S. V.: In "quel famoso monologo" si legge: "Quando non sai cos'è,
allora è jazz". Quando invece "è blues"?
G. V.: Un vecchio aneddoto narra di un tale che una notte si sentiva
molto solo; quella notte il blues fece l'amore con una puttana e nacque il jazz.
E' tutto lì (sorridendo). Io sono solito considerare il blues come il buco nero
dell'universo: ci finisci dentro ma non toccherai mai la sua materia
primordiale. Leopardi in quel suo sonetto (L'infinito) è stato un precursore del
concetto di blues. Poi, vedi, trovo affinità tra la struttura dei primi canti
blues, considera i gospel e gli spiritual degli schiavi neri in America,
intonati nelle piantagioni, e i canti delle mondine piemontesi.
S. V.: Joe Amoruso, dal tempo degli spiritual dei neri d'America ne è
passata di storia. Oggi la ricezione del blues riesce a mantenersi autentica
come allora avveniva in quei canti?
Joe Amoruso: E' un tipo di ricezione che si è evoluto nei secoli. Oggi si
declina secondo le moderne forme di disagio, il blues moderno sorge dalle
esperienze del secolo. Quel colore tuttavia non scompare...
S. V.: E un musicista con un'anima blues, per coerenza, può uscirne
per approdare ad altri generi?
Mario Sagliocchi: Ma con il blues parliamo di attitudine di vita,
piuttosto che di genere. Quindi puoi tentare ogni altro genere, più o meno di
tendenza; se la matrice è blues, non va via, la tieni dentro e la porti con te.
Fulvio Cusano: Infatti è stimolante provare la contaminazione ad ampio
raggio, tra quel colore blues della tua anima e i "generi musicali". Credo sia
molto interessante per un musicista.
S. V.: Infine, chi mi risponde su quella frase del monologo di Baricco,
"Quando non sai cos'è, allora è jazz"?
Umberto Calentini: Quella frase è un bel po' blasfema! Esiste un mondo
ben definito che ispira il jazz. Non possiamo ridurre il jazz a quell'improvvisazione
retorica, è ridicolo.
Joe Amoruso: Spesso si ascoltano quelle belle evoluzioni virtuose. Sono
altrettanto spesso masturbazioni mentali e astrazioni. E' diverso esprimere un
senso in musica dal suonare per stilemi e tecniche tipiche dei puristi. Io ti
assicuro che se suoni e lasci "cantare" il tuo strumento, anche chi non è un
cultore si appassionerà ; se fai invece il purista, nemmeno il più grande
esperto ti seguirà con emozione.
Poi inizia il vero spettacolo, con Giò Vescovi che racconta i propri blues attraverso il canto e le armoniche a bocca. Ed è un grande spettacolo gestito da cinque fenomeni. Ma per poter rivivere questo, esistono i dischi e i live. Una recensione non basterà mai.
Comunicato
Dopo Puglia, Marche, Calabria, Sicilia, Toscana, Molise, Campania, Giò
Vescovi sbarca al Don Quixote Taberna, storico locale di Teano, per la
presentazione in esclusiva, del suo lavoro “Come Dentro Un Blues - A Blues
Italian Song”. Il Don Quixote è una “taberna spagnola” dove è possibile
gustare numerose specialità culinarie accompagnate da musica di qualità,
proponendo numerosi eventi di musica live tutti i venerdì. Il martedì c’è la
Jazz Session, con i migliori esponenti del jazz campano e non solo. Il
locale, dei fratelli Silva Bedmar, divenuto, negli ultimi anni e a pieno
titolo, uno dei "templi" della grande musica campana. Sono molti gli artisti
che hanno calcato questo "storico" palcoscenico, i grandi nomi del jazz
italiano e internazionale, innanzitutto, ma anche grandi figure del pop, del
rock e del soul, ma da qualche tempo il Don Quixote ha aperto le proprie
porte anche al Blues. E venerdi 24 aprile sarà proprio l’italian
blues di Giò Vescovi (free entry start time 22.30) ad essere ospitato sul
palco della “Taberna Spagnola”. Il progetto “Come Dentro Un Blues - A blues
italian song” interamente scritto da Giò Vescovi, nasce nel lontano 2004, e
nessuno saprà mai se per gioco o per un sogno che si stava per realizzare, e
cioè quello di narrare in italiano le storie dei nostri blues quotidiani,
mantenendosi fedeli alla struttura più canonica della “musica del diavolo”.
I testi raccontano spazi delle nostre quotidianità, senza nulla togliere o
aggiungere a quelle stramberie dei gossip a luci rosse con annesse
inverosimili pause di riflessioni. Egli ha voluto solo raccontare una
piccola parte di noi stessi, uno spicchio del nostro modus vivendi, un
qualcosa che possa definirsi “State of Mind”. Ne viene fuori una serata all’
insegna di una musica semplice, quella che fa star bene, quella che conta,
quella senza apostrofi di Spielberghiana memoria, quella senza mostri nella
mente, quella libera da ogni cattivo pensiero, quella che fa cantare un
piccolo blues, quella che ti fa scrivere sui muri, quella che pensi quando
“the blues are the roots, everything else is the fruits” (Willie Dixon).
La Band
Gio’ Vescovi Negli ultimi anni ha condiviso palchi con grossi artisti
del calibro come Paul Young, Sherrita Duran, Tony Coleman, Nick Becattini,
Los Pacaminos, Antonio Onorato, Ernesto Vitolo, Enzo Gragnaniello, Tony
Cercola, Pietra Montecorvino, Franco Fasano, Shemekia Copeland, Francesca De
Fazi, Lucky Gargiulo, John Lee Hooker jr, oltre ad essersi esibito allo
Sparanise Blues Festival, Melizzano in Blues (di cui ne cura la Direzione
Artistica), Blues Festival Città di Palermo, Macchia Blues, Aventino in
Blues, Pignola Blues Festival, Molinara Folk & Blues Festival, Policoro
Blues in Town, Green Hills Blues Festival, Baia Domizia Blues Festival,
infine ideatore e direttore artistico del Casertablues Festival, mentre
nell’ inverno 2009 crea la prima edizione del “Caserta Winter Folk & Blues
Ensamble”. Esce nell’ aprile 2008 il suo primo CD “Come Dentro Un Blues – A
blues italian song””, quindici brani scritti per raccontare storie di tutti
i giorni…..e di tutte le notti. A tutt’ oggi porta i suoi concerti su quasi
tutto il territorio nazionale, oltre che ad essere il responsabile del
coordinamento artistico per il centro-sud nelle selezioni del “Festival Pub
Italia”.
Joe Amoruso - keyboard Pino Daniele, Tony Esposito, Tullio De Piscopo,
Richie Havens, Mauro Pagani, Alberto Fortis, Vasco Rossi, Nino Buonocore,
Edoardo De Crescenzo, Mia Martini, Billy Cobham, Bob Berg, Mike Stern, Don
Cherry.
Umberto Calentini - doublebass Raffinatissimo musicista di notevole
spessore e completo a 360 gradi. Opera in campo nazionale con calibri come
Michele Papadia, Stochelo Rosenberg, Sandro Corsi, Antonio Stornaiolo,
Vinicio Capossela.
Mario Sagliocchi - guitar Napoletano, egli rappresenta il motore
della band. Molto legato alle rappresentanze musicali partenopee a tutt’
oggi collabora con i vertici musicali del rock/blues napoletano. Pulito ma
grintoso quando è necessario e raffinatamente sporco quando viene il momento
di calarsi nelle buie strade del chicago blues.
Fulvio Cusano - drum Detto ”il professore”, campano anche lui. Suona
di tutto ed è titolare in un liceo musicale della provincia di Caserta. Egli
appartiene, nella scena musicale di Terra di Lavoro, a quasi tutte le realtà
espressive artistiche tra le quali Pino Daniele, Joe Amoruso, Antonio
Onorato, e non ultime le collaborazioni con Francesca De Fazi e Lucky
Gargiulo (Alex Britti).
Don Quixote Taberna, - via XXVI ottobre 108, Teano
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